Il de cuius era titolare di una casa di abitazione in comproprietà con la moglie. I due coniugi hanno due figli. La moglie può lasciare, tramite testamento, al figlio che vive con lei, il diritto di abitazione sulla casa?
La madre non può lasciare, tramite testamento, il diritto di abitazione al figlio che vive con lei, in quanto l’articolo 540 del Codice civile espressamente riconosce tale diritto di abitazione in capo al coniuge, anche quando concorra con altri chiamati e anche a danno della quota riservata ai figli. Per questo motivo, tale diritto è considerato “reale di godimento”, in quanto si afferma non su un bene proprio, ma su un bene altrui.
In pratica, la madre gode dell’immobile di proprietà altrui, in quanto la legge assicura al coniuge superstite una casa dove conservare la vita familiare pregressa.
Conseguentemente, alla morte del coniuge superstite, titolare del diritto reale di godimento, l’immobile tornerà nel possesso del proprietario originario, o di chi ha ereditato la nuda proprietà dell’immobile.
Diversamente, si creerebbe un paradosso giuridico tale per cui il proprietario del bene immobile non avrebbe più la disponibilità del suo bene, il quale sarebbe di volta in volta ereditato dagli eredi del titolare del diritto di abitazione.
In conclusione, la durata del diritto di abitazione non può eccedere la vita del titolare del diritto di godimento; inoltre, tale diritto non può essere ceduto, o dato in locazione ad altri. È un diritto personalissimo.
Qualsiasi disposizione testamentaria che disponga il lascito del diritto di abitazione di una casa familiare sarà considerata nulla dalla legge e, quindi, da qualsiasi giudice coinvolto nella vicenda dai relativi interessati.
Articolo tratto dalla consulenza resa dall’avv. Salvatore Cirilla