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Nuovi documenti in appello

1 Ottobre 2021 | Autore:
Nuovi documenti in appello

Divieto di nuove prove in secondo grado: è possibile il deposito di documentazione non prodotta in primo grado solo se ritenuta indispensabile. 

Anche se, in linea generale, sono vietate in appello tanto le richieste di prove non prodotte in primo grado quanto la produzione di documenti, il giudice può fare un’eccezione. A dirlo è una recente ordinanza della Cassazione [1] che ha dato il via libera ai nuovi documenti in appello quando ritenuti dal giudice indispensabili.

Non è la prima volta che la Cassazione fornisce tale interpretazione, interpretazione che peraltro corrisponde al dato normativo [2]: nel rito del lavoro – in deroga al generale divieto di nuove prove in appello – «è possibile l’ammissione di nuovi documenti in appello, su istanza di parte o anche d’ufficio, solo nel caso in cui abbiano una speciale efficacia dimostrativa e siano ritenuti dal giudice indispensabili ai fini della decisione della causa della causa». Ma sempre a condizione che ciò non comporti l’introduzione di nuove allegazioni di fatto rispetto al giudizio di primo grado.

Per «indispensabilità» delle nuove prove ci si riferisce ad una loro «influenza causale più incisiva» rispetto alle prove in genere ammissibili in quanto «rilevanti», ovvero a prove che sono idonee a fornire un contributo decisivo all’accertamento della verità materiale per essere dotate di un grado di decisività e certezza tale che da sole considerate, e quindi a prescindere dal loro collegamento con altri elementi e da altre indagini, conducano ad un esito “necessario” della controversia [2].

Nel caso deciso dalla Corte, un lavoratore dipendente impiegato come autista di bus e minibus aveva fatto causa alla società datrice di lavoro per ottenere differenze retributive per lavoro straordinario. Dopo la condanna in primo grado, la società resistente ha presentato appello producendo per la prima volta alcuni documenti (buste paga e cronotachigrafi). I giudici di secondo grado però avevano dichiarato l’inammissibilità di tale nuova documentazione, poiché non citata nel ricorso introduttivo né oggetto di richiesta di ordine di esibizione.

In Cassazione, però, la decisione adottata in appello viene sovvertita. Secondo i giudici di terzo grado, infatti, sulla base dell’orientamento interpretativo formatosi sul punto, nel rito del lavoro «è possibile l’ammissione di nuovi documenti, su istanza di parte o anche d’ufficio, solo nel caso abbiano una speciale efficacia dimostrativa e siano dal giudice ritenuti indispensabili» ai fini della decisione della causa, ove questa indispensabilità deve essere interpretata come una «influenza causale più decisiva» rispetto alle prove generalmente ammissibili perché rilevanti; ovvero, deve trattarsi di prove che siano idonee a fornire un contributo decisivo all’accertamento della verità materiale per essere dotate di un grado di decisività e certezza tale che da sole considerate, e quindi a prescindere dal loro collegamento con altri elementi e da altre indagini, conducano ad un esito necessario della controversia.

Non solo, l’introduzione di nuove prove non deve comportare – ai fini di ammissibilità delle stesse – l’introduzione di nuove allegazioni di fatto rispetto al giudizio di primo grado.  


note

[1] Cass. ord. n. 26257/2021 del 28.09.2021. 

[2] Cass. ord. n. 1333/2012.

Corte di Cassazione Sezione L Civile Ordinanza 28 settembre 2021 n. 26257

Data udienza 25 novembre 2020

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BALESTRIERI Federico – Presidente

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22625/2017 proposto da:

(OMISSIS), domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) S.R.L.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 492/2017 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 30/06/2017 R.G.N. 723/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 25/11/2020 dal Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE.

RILEVATO

Che:

1. La Corte di appello di Torino, con la sentenza n. 492 del 2017, ha confermato la pronuncia del Tribunale della stessa sede, emessa in data 12.2.2016, con la quale la (OMISSIS) srl era stata condannata al pagamento, in favore di (OMISSIS), della somma di Euro 6.751,63 a titolo di differenze retributive, di cui Euro 458,63 a titolo di TFR.

2. I giudici di seconde cure – a fronte di una domanda di riconoscimento di rapporto di lavoro a tempo indeterminato con la suddetta societa’, verso cui aveva svolto mansioni di autista di bus e di minibus quale lavoratore subordinato per i periodi 1.7.2011/1.12.2011; 2.12.2011/2.12.2012; 2.12.2012/4.3.2013, lavorando sette giorni a settimana, senza fruire di ferie, permessi e festivita’ e senza essere stato retribuito, anche con riguardo al lavoro straordinario e al TFR – in assenza di ulteriori allegazioni sulla articolazione del rapporto, hanno ritenuto corretta la conclusione del primo giudice che aveva fatto riferimento alle risultanze dell’estratto contributivo e individuato come periodi lavorativi solo quelli in esso indicati; inoltre, hanno considerato inammissibili i documenti (buste paga – dischi cronotachigrafi) prodotti in appello o perche’ irrilevanti oppure perche’ non citati nel ricorso introduttivo e per i quali non era stata avanzata richiesta di ordine di esibizione ex articolo 210 c.p.c.; hanno, infine, opinato congruo l’importo liquidato perche’ conforme alle risultanze istruttorie e alle prove offerte.

3. Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) affidato a tre motivi.

4. (OMISSIS) srl non ha svolto attivita’ difensiva.

5. Il PG non ha rassegnato conclusioni scritte.

CONSIDERATO

Che:

1. I motivi possono essere cosi’ sintetizzati.

2. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’articolo 345 c.p.c., comma 2, articolo 437 c.p.c., ed all’articolo 116 c.p.c., comma 1, articolo 115 c.p.c., comma 1. Deduce che erroneamente la Corte territoriale non aveva ammesso le nuove prove documentali prodotte, nonostante fossero indispensabili per la decisione della causa e senza considerare che il mancato possesso, da parte di esso lavoratore, era stato determinato dal comportamento ostruzionistico della societa’, cosi’ incorrendo non solo nella violazione del disposto di cui all’articolo 345 c.p.c., in tema di ammissibilita’ delle nuove prove, ma anche nella omessa valutazione di elementi comprovanti le molteplici incongruenze tra le ore di lavoro dichiarate in busta paga e quanto risultava provato per tabulas dai dischi cronotachigrafi.

3. Con il secondo motivo si censura la violazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione al mancato esame della dinamica dei fatti oggetto di prova e contestuale violazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per vizio di motivazione. Si sostiene che la Corte di merito, commettendo un vizio di motivazione con il ritenere tardivi i documenti prodotti in appello, aveva aderito alla valutazione sul quantum debeatur effettuata dal primo giudice, con cio’ uniformandosi ad una ingiusta determinazione degli importi liquidati a titolo di retribuzione.

4. Con il terzo motivo il ricorrente si duole della violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex articolo 360 c.p.c., n. 3, in relazione all’articolo 91 c.p.c., per essere stato condannato al pagamento delle spese di giudizio di secondo grado, non considerando la Corte che il criterio della soccombenza doveva essere riferito all’esito finale della lite e che avrebbe dovuto essere valutato, nel presente giudizio di lavoro, l’esonero del lavoratore dai rischi del processo attuato mediante l’esonero dal pagamento dell’imposta di bollo nonche’ la circostanza che egli versava in una condizione economica di estrema precarieta’ in quanto risultava essere disoccupato.

5. Il primo motivo e’ infondato.

6. In sede di legittimita’ e’ stato affermato che, nel rito del lavoro, in deroga al generale divieto di nuove prova in appello, e’ possibile l’ammissione di nuovi documenti, su richiesta di parte o anche di ufficio, solo nel caso in cui essi abbiano una speciale efficacia dimostrativa e siano ritenuti dal giudice indispensabili ai fini della decisione della causa, facendosi riferimento per “indispensabilita'” delle nuove prove ad una loro “influenza causale piu’ incisiva” rispetto alle prove in genere ammissibili in quanto “rilevanti”, ovvero a prove che sono idonee a fornire un contributo decisivo all’accertamento della verita’ materiale per essere dotate di un grado di decisivita’ e certezza tale che da sole considerate, e quindi a prescindere dal loro collegamento con altri elementi e da altre indagini, conducano ad un esito “necessario” della controversia (cfr. Cass. n. 1333 del 2012).

7. E’ necessario, inoltre, che la produzione di nuovi documenti, sempre che siano indispensabili come sopra detto, non comporti l’introduzione nel giudizio di secondo grado di nuove allegazioni di fatto, restandone altrimenti snaturato il giudizio di prime cure, che finirebbe con lo svolgersi sulla base di elementi parziali (Cass. n. 3506 del 2012; Cass. n. 13491 del 2014 in motivazione).

8. Nella fattispecie la Corte territoriale si e’ attenuta a tali principi e, con un accertamento in fatto, congruamente motivato ed espressione del potere di valutazione delle prove da parte del giudice di merito, e quindi insindacabile in questa sede, ha precisato l’irrilevanza delle buste paga in quanto relative ad un periodo (dicembre 2011 – aprile 2013) per il quale era stato gia’ riconosciuto il rapporto di lavoro subordinato per le parti; ha, poi, rilevato, con riguardo alle prodotte copie dei dischi cronotachigrafi, che si trattava di documentazione mai citata nel ricorso introduttivo di primo grado e che, in ogni caso, avrebbe potuto essere richiesta con un ordine di esibizione ex articolo 210 c.p.c., mai pero’ avanzata.

9. La decisione, pertanto, di inammissibilita’ delle prove documentali prodotte solo in appello e’ giuridicamente corretta e resiste alle censure formulate dal ricorrente.

10. Il secondo motivo non e’ meritevole di pregio.

11. Le doglianze, proposte ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 5 e relative al mancato esame della dinamica dei fatti oggetto di prova, incontrano il limite della cd. “doppia conforme” disciplinata dall’articolo 348 ter c.p.c., u.c., risolvendosi esse in una inammissibile richiesta di rivisitazione delle questioni di fatto oggetto del merito della vicenda.

12. Analogamente e’ inammissibile il denunciato vizio di motivazione perche’ esso sussiste solo quando la pronuncia riveli un’obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento (Cass. n. 25866 del 2010; Cass. n. 12664 del 2012): nel caso in esame, invece, la sentenza impugnata ha esaminato le circostanze rilevanti ai fini della decisione, svolgendo un iter argomentativo esaustivo, coerente con le emergenze istruttorie acquisite e immune da contraddizioni e vizi logici.

13. Il terzo motivo e’, infine, infondato.

14. Il giudice di appello deve tenere presente l’esito complessivo della lite solo allorche’ riformi in tutto o in parte la sentenza impugnata (tra le altre Cass. n. 18837 del 2010).

15. Nell’ipotesi in cui, invece, il gravame venga rigettato con la conferma della sentenza di prime cure, non puo’ essere seguito il criterio di adeguamento al risultato finale dell’intero processo indipendentemente dall’esito alterno delle sue varie fasi, ma va seguito il solo criterio di adeguare la pronuncia sulle spese del giudizio di appello al risultato dello stesso giudizio.

16. Sotto questo profilo, pertanto, non e’ ravvisabile alcuna violazione dell’articolo 91 c.p.c., da parte dei giudici di seconde cure, vertendosi nel grado in una ipotesi di soccombenza totale; ne’ puo’ essere sindacata la mancata pronuncia sulla compensazione per le precarie condizioni economiche del ricorrente, essendo appunto la compensazione esercizio di una facolta’ discrezionale e insindacabile del giudice del merito (Cass. n. 5390 del 2000; Cass. n. 1896 del 2002).

17. Non puo’ assumere, infine, rilevanza neanche l’esenzione dall’imposta di bollo delle controversie in materia di lavoro che attiene al rapporto tributario e, essendo normativa di carattere eccezionale finalizzata ad agevolare l’accesso alla tutela giurisdizionale, non e’ suscettibile di interpretazione analogica o estensiva, cosicche’ i benefici previsti non possono essere estesi alle determinazioni sulle spese processuali (cfr. Cass. n. 7294 del 2013) e, in particolare, sulla eventuale compensazione delle stesse.

18. Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve, pertanto, essere rigettato.

19. Nulla va disposto in ordine alle spese del presente giudizio non avendo l’intimata svolto attivita’ difensiva.

20. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese del presente giudizio di legittimita’. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.


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