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Assenza per malattia: si può fare vita normale?

3 Ottobre 2021 | Autore:
Assenza per malattia: si può fare vita normale?

Legittimo il licenziamento per giusta causa di chi resta a casa per una patologia e, poi, svolge delle attività quotidiane che possono ritardare la guarigione.

Se sei appena rimasto a casa in malattia per un problema alla schiena e il tuo datore di lavoro ti vede caricare in auto i sacchetti del supermercato con dentro una spesa fatta come se non ci fosse un domani, è molto probabile che ti veda arrivare da qui a poco una lettera di licenziamento. Anzi, più che «molto probabile» è «piuttosto sicuro» che ti venga spedita. Il motivo è semplice: il titolare dell’azienda si sentirà preso in giro da te, cosa di per sé poco piacevole per chiunque. In più, ammesso che creda al fatto che tu hai veramente un problema alla schiena così grave da non poter andare al lavoro, capirà che in questo modo stai ritardando il periodo di guarigione. Il che compromette, oltre alla tua salute, i doveri di correttezza e buona fede che sono alla base di ogni contratto. Quindi, durante l’assenza per malattia si può fare una vita normale?

Come accennato, e come confermato da una recente ordinanza della Cassazione, si rischia il licenziamento per giusta causa. Per carità, nessuno nega il sacrosanto diritto del lavoratore di restare a casa se non sta bene. Il nostro ordinamento contempla il trattamento di malattia per i dipendenti che hanno bisogno di stare a riposo per trattare una patologia, per riprendersi da un malanno, per curare un mal di stagione. Nel caso in cui non abbia bisogno di un ricovero in una struttura sanitaria, dovrà stare a casa evitando di fare degli sforzi o di mettere a repentaglio la durata del periodo di malattia. Il concetto del «tanto mando un altro certificato» non è sempre valido. Non quando si può evitare. Ecco, allora, cosa si rischia per fare vita normale durante la malattia.

I doveri del dipendente in malattia

Nel momento in cui avverti di essere malato, è un tuo dovere avvisare il tuo datore di lavoro (o un tuo superiore) del fatto che sarai assente, in modo che si possa organizzare l’attività nel periodo in cui resterai a casa o sarai in una struttura sanitaria, a seconda del motivo della malattia.

Fatto questo, se le condizioni lo permettono, devi recarti dal tuo medico di base affinché rilasci il certificato telematico di malattia. Lui lo invierà online all’Inps e ti darà il codice identificativo che dovrai comunicare all’azienda.

C’è da precisare una cosa molto importante: sei tu a rispondere di quello che c’è scritto sul certificato medico e dell’indirizzo che c’è riportato sul documento, cioè del luogo in cui dichiari che sarai reperibile. Se non è corretto e ti capita una visita fiscale nel luogo sbagliato, puoi essere economicamente penalizzato dall’Inps (che paga la malattia dal quarto giorno) e dal datore di lavoro, che potrebbe avviare un procedimento disciplinare nei tuoi confronti.

Abbiamo citato la visita fiscale. Dovrai farti trovare all’indirizzo che hai segnalato sul certificato almeno durante l’orario in cui potrebbe arrivare il medico per il controllo, cioè dalle 10 alle 12 e dalle 13 alle 19.

Perché si può essere licenziati durante la malattia?

Ci sono, sostanzialmente, due motivi per cui si può essere licenziati a causa della malattia. Uno è perché viene superato il periodo di comporto stabilito dai contratti nazionali di categoria. In pratica, quando durante l’anno sono più i giorni che resti a casa perché non stai bene rispetto a quelli in cui ti presenti in ufficio.

Il secondo motivo è quello che ci occupa e che ricorda la recente ordinanza della Cassazione [1]: fare una vita normale durante la malattia compromettendo la durata della guarigione.

È l’esempio che si faceva all’inizio, cioè del lavoratore che resta a casa con tanto di certificato di malattia per un atroce mal di schiena, magari una discopatia, e poi viene sorpreso a caricare in macchina la spesa di un’intera settimana. Oppure di chi dovrebbe tenere una gamba a riposo dopo un intervento chirurgico o un incidente e se ne va tranquillamente a farsi una passeggiata anche se il medico gli ha ordinato di non caricare l’arto. Sono comportamenti, ricorda la Suprema Corte, che rischiano di allungare il periodo di malattia e, quindi, di ritardare il rientro del dipendente al lavoro. Pertanto, in casi come questi, e davanti ad una violazione dei doveri di correttezza e buona fede posti alla base di qualsiasi contratto, si ritiene legittimo il licenziamento del lavoratore per giusta causa.

Nel caso esaminato dalla Cassazione, un dipendente rimasto a casa per una lombosciatalgia acuta contestava il fatto di essere stato licenziato perché sorpreso a sollevare due sacchetti di terriccio durante il periodo di malattia. A dire del lavoratore non pesavano molto. Ma ciò non è bastato a convincere i giudici di legittimità.

La Suprema Corte ha ribadito che svolgere un’altra attività quando si è assenti per malattia può giustificare la decisione del datore di interrompere il rapporto di lavoro, poiché la condotta del dipendente può essere sufficiente a far presumere che si tratti di una falsa malattia o che non sia così grave da giustificare la prognosi stabilita sul certificato.

Vengono meno in questo modo, conclude la Cassazione, il necessario rapporto di fiducia e i doveri di diligenza e fedeltà, oltre che di buona fede e di correttezza, che il lavoratore deve sempre dimostrare. Anche se l’attività svolta (in questo caso, lo spostamento di sacchetti di terriccio) fanno parte della vita quotidiana del dipendente. Quando sta bene, però.


note

[1] Cass. ord. n. 26709/2021 del 01.10.2021.


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