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Insultare un poliziotto è sempre reato?

4 Ottobre 2021 | Autore:
Insultare un poliziotto è sempre reato?

Quali sono le circostanze che fanno scattare il reato di oltraggio a pubblico ufficiale? E quando non si è punibili?

La buona educazione e le buone maniere sono delle regole sempre vincenti: sapersi controllare anche quando verrebbe l’istinto di dire a qualcuno di tutto tranne «ti voglio bene» è la base più solida della convivenza civile. Capita, però, ogni tanto di perdere le staffe e, in determinate circostanze, di lasciarsi andare a qualche parola di troppo. Anche quando davanti ci si trova un pubblico ufficiale o un rappresentante delle forze dell’ordine: una multa con cui non si è d’accordo, un controllo di troppo, un atteggiamento da parte sua difficile da mandare giù. Che cosa si rischia in questi casi? Insultare un poliziotto è sempre reato?

La regola generale dice che quando si offende un rappresentante delle forze dell’ordine in pubblico e davanti a più persone si commette il reato di oltraggio a pubblico ufficiale. Ma, come ogni regola, anche questa ha la sua eccezione, come ha appena ricordato il tribunale di Vicenza [1]: se il poliziotto o il carabiniere si trova fuori servizio, il reato non sussiste. Va da sé che questo non giustifica o non autorizza il gesto maleducato. Ma vediamo quando non è reato insultare un poliziotto.

Insulto a poliziotto: cos’è l’oltraggio a pubblico ufficiale?

L’oltraggio a pubblico ufficiale è un reato previsto dal Codice penale [2] di cui può essere accusato chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di più persone, «offende l’onore ed il prestigio di un pubblico ufficiale mentre compie un atto d’ufficio ed a causa o nell’esercizio delle sue funzioni». Chi incorre in questo delitto rischia la reclusione da sei mesi a tre anni.

Questo passaggio del Codice ci dice che affinché l’insulto ad un poliziotto o a un carabiniere venga considerato reato ci devono essere contemporaneamente due condizioni:

  • che l’offesa venga fatta in pubblico o in un luogo aperto al pubblico;
  • che il pubblico ufficiale vittima dell’offesa stia compiendo un atto d’ufficio, cioè sia in servizio.

C’è, però, un’altra circostanza in cui la pena può essere più elevata. Succede quando l’offesa consiste nell’attribuire un fatto determinato al pubblico ufficiale. Ad esempio, sostenere che ha abusato della sua posizione, che si intasca i soldi delle multe, ecc. A meno che si dimostri che il fatto attribuito è vero e per questo il pubblico ufficiale sia stato condannato. In quest’ultimo caso, l’autore dell’offesa non viene punito.

Oltretutto, non è necessario che l’offesa venga fatta in presenza del pubblico ufficiale: per capirci, dare del deficiente in pubblico a un poliziotto che in quel momento si trova in un altro luogo è, comunque, reato.

Insulto a un poliziotto: quando non è reato?

Quanto appena detto ci fa capire che insultare un poliziotto non sempre è reato. Non lo è, ad esempio, quando l’agente è fuori servizio, anche se l’offesa viene fatta in un luogo pubblico ed in presenza di più persone. Si pensi al poliziotto che la sera, finito il proprio turno, si trova a mangiare in un ristorante e intavola una discussione con un altro cliente. Se vola qualche «parola grossa» all’indirizzo dell’agente, non si potrà parlare di oltraggio a pubblico ufficiale, poiché non è impegnato nel compimento di un atto di ufficio.

Così ha stabilito recentemente il tribunale di Vicenza, esaminando il caso di una signora che, in una sagra paesana, aveva avuto una discussione con un vice brigadiere dei Carabinieri fuori servizio. Il diverbio è diventato subito molto acceso, con tanto di ingiurie all’indirizzo del carabiniere, il quale, ad un certo punto, ha mostrato alla donna il suo tesserino. Visto che l’atmosfera rimaneva incandescente, sono intervenute le forze dell’ordine e la signora è stata portata a giudizio per oltraggio a pubblico ufficiale.

I giudici, però, hanno assolto l’imputata perché, come spiegato in precedenza, mancava un elemento necessario a far scattare il reato: il fatto che il vice brigadiere oggetto delle offese si trovava libero dal servizio, cioè non era sul posto in veste ufficiale ma come semplice cittadino.

Nella sentenza, si legge che le parole rivolte dalla signora al carabiniere «presentano certamente un’intrinseca attitudine oltraggiosa, astrattamente idonea a recare nocumento a quella particolare forma di rispetto e di decoro che deve circondare coloro che esercitano una pubblica funzione». Inoltre, sono state pronunciate in un luogo pubblico alla presenza di altre persone.

Ma – ricorda il tribunale vicentino – per incorrere nel reato di oltraggio a pubblico ufficiale viene richiesto che la persona offesa si trovi nell’esercizio delle sue funzioni, ovvero «sia impegnato nel compimento di un atto del proprio ufficio». Diventa, quindi, inutile che il carabiniere (o il poliziotto o qualsiasi altro ruolo abbia) mostri il proprio tesserino alla persona che lo sta insultando: si è fuori servizio, niente reato.

Insultare un poliziotto non è reato nemmeno quando, pur essendo in servizio con tanto di divisa, l’offesa viene pronunciata in un luogo privato oppure «a quattr’occhi», cioè quando non ci sono altre persone in grado di ascoltare le parole ingiuriose. È il caso di chi, ad esempio, trova un agente in un ascensore e coglie l’occasione per dirgli quanto di peggio possa uscire dalla bocca di un essere umano.


note

[1] Trib Vicenza sent. n. 173/2021.

[2] Art. 341 bis cp.


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