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Documentazione condominiale: amministratore rinvia l’appuntamento

6 Ottobre 2021 | Autore:
Documentazione condominiale: amministratore rinvia l’appuntamento

Il diritto del condomino di prendere visione dei documenti non deve essere contrario ai principi di buona fede.

Per prendere visione dei documenti condominiali c’è ovviamente bisogno della collaborazione dell’amministratore, che ne è detentore e custode. 

Anche se tale diritto di accesso spetta ad ogni condòmino – ed esso non può mai essere negato o limitato – bisogna comunque tenere conto delle esigenze del capo condomino e degli eventuali impedimenti che quest’ultimo potrebbe avere, ostacolandogli di fatto l’adempimento di tale obbligo (si pensi a un problema di salute, a un impegno di carattere professionale, ecc.). 

Non quindi perché l’amministratore rinvia l’appuntamento per la visione della documentazione condominiale si può subito agire in giudizio. Bisogna tenere un comportamento tollerante o, per dirla con le parole della Cassazione, secondo «buona fede».

Proprio di tanto si è occupata una recente ordinanza della Suprema Corte [1] con cui è stato espresso il seguente principio di diritto: ogni condomino ha il diritto, in ogni momento, di domandare all’amministratore di prendere visione ed estrarre copia dei documenti condominiali, senza che debba fornire una giustificazione delle proprie richieste. Tale diritto, tuttavia, non deve costituire un ostacolo per l’attività dell’amministratore o essere esercitato con modalità contrarie alla buona fede.

Ecco alcuni chiarimenti in merito.

Diritto di accesso alla documentazione condominiale

Ogni condomino ha il diritto di prendere visione dei bilanci, delle fatture, delle pezze d’appoggio, degli estratti conto e di tutta la documentazione inerente alla gestione condominiale in mano all’amministratore. A tal fine, deve rivolgersi a quest’ultimo, chiedendo di poter esercitare il proprio diritto di accesso con una istanza preferibilmente scritta (sempre meglio utilizzare una raccomandata o la Pec di cui l’amministratore deve essere obbligatoriamente fornito). 

Tra le richieste che si possono formulare all’amministratore vi è anche quella dei nominativi dei condomini non in regola con i pagamenti (i cosiddetti morosi). L’amministratore non può trincerarsi dietro un’asserita privacy: la gestione della contabilità condominiale è infatti interesse di tutti i condomini che ne hanno delegato solo la gestione all’amministratore medesimo.  

La legge non fissa termini precisi entro cui adempiere tale richiesta: tutto è lasciato alla libera determinazione delle parti, pur sempre nel rispetto dei principi della buona fede reciproca. 

L’amministratore è tenuto a rispondere tempestivamente all’istanza, indicando una o più date in cui l’interessato può recarsi presso il proprio studio per visionare o estrarre copia dei documenti di suo interesse. 

L’amministratore non può pretendere un compenso per tale attività, salvo solo l’eventuale rimborso spese per le fotocopie effettuate (rimborso che quindi non sarà dovuto se il condomino vi provvede da solo o si limita a fotografare i fogli con il proprio smartphone).

Che fare se l’amministratore non risponde alla richiesta di visione della documentazione?

Cosa succede però se l’amministratore dovesse rimanere inerte all’istanza o se dovesse rinviare l’appuntamento a data da destinarsi?

Quanto agli estratti conto e alla lista della movimentazione bancaria, il condòmino che abbia fatto richiesta all’amministratore e che non sia stato soddisfatto può – con la copia della raccomandata rimasta inevasa – rivolgersi direttamente all’istituto di credito presso cui il condominio ha acceso il conto corrente e chiedere in quella sede di visionare la documentazione.

Per tutti gli altri documenti invece è possibile agire in tribunale, con un ricorso d’urgenza, per ottenere un ordine di esibizione e la condanna dell’amministratore all’adempimento di tale obbligo. 

Quanto tempo aspettare prima che l’amministratore adempia?

Come abbiamo detto in apertura, secondo la Cassazione, il diritto del condomino di prendere visione dei documenti non deve essere contrario ai principi di buona fede.

Nella vicenda in commento, due condomini impugnavano una delibera assembleare con la quale il condominio aveva approvato il rendiconto relativo alla precedente annualità. Tale impugnazione era motivata dalla presunta mancata presa visione dei documenti contabili del condominio da parte dei condomini per colpa dell’amministratore. Alla richiesta di visionare la documentazione da parte dei condomini, l’amministratore aveva risposto positivamente, fissando un appuntamento con gli stessi presso il proprio studio al fine di consentire l’attività ai comproprietari. Tale appuntamento, tuttavia, era stato rinviato a mezzo telegramma dall’amministratore, il quale aveva comunicato di avere avuto seri problemi di salute e aveva rinviato l’appuntamento a data da destinarsi. I condomini, a seguito della cancellazione dell’appuntamento citato, non si erano più attivati per fissare un nuovo incontro e, nello stesso tempo, avevano omesso di partecipare alla successiva assemblea preferendo piuttosto impugnare la delibera.

Tanto in primo, quanto in secondo grado, così come in Cassazione, i condòmini hanno visto rigettare le proprie istanze. Nel caso in questione, infatti, l’amministratore aveva offerto la possibilità ai condomini di prendere visione della contabilità condominiale, fissando appuntamento presso il suo studio.

A causa di una giusta causa dettata da problemi di salute, poi, tale appuntamento era stato rinviato, ma i condomini non avevano mai provveduto a richiedere un nuovo incontro. Tale inerzia è stata valutata dalla Cassazione come una violazione del principio generale di buona fede, che deve orientare l’attività non solo dell’amministratore ma anche dei condomini che vogliono prendere visione della documentazione condominiale.

Secondo la Corte, nonostante il diritto di ogni condomino di prendere visione ed estrarre copia dei documenti contabili in qualsiasi tempo e senza obbligo di giustificare la richiesta, tale diritto non è incondizionato, in quanto non deve «risultare di ostacolo all’attività di amministrazione, né rivelarsi contraria ai principi di correttezza» [2].

La sentenza in commento, quindi, sanciva la violazione dei doveri di buona fede da parte di condomini, i quali avrebbero potuto domandare un altro appuntamento all’amministratore prima della assemblea di approvazione del rendiconto o, quanto meno, partecipare alla stessa e muovere le loro rimostranze.

 


note

[1] Cass. ord. n. 16341/20 del 30.07.2021.

[2] Cass. II, 21 settembre 2011, n. 19210; Cass. 29 novembre 2001, n. 15159; Cass. II, 26 agosto 1998, n. 8460

Autore immagine: depositphotos.com

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 11 giugno – 30 luglio 2020, n. 16341

Presidente Lombardo – Relatore Scarpa

Fatti di causa e ragioni della decisione

D.R.S. propone ricorso per cassazione articolato in due motivi avverso la sentenza del Tribunale di Velletri n. 1965/2018 del 17 settembre 2018. Resiste con controricorso D.R.F..

Il Tribunale di Velletri ha confermato la decisione di primo grado resa dal Giudice di pace di Velletri, la quale aveva accolto la domanda proposta da D.R.F. nei confronti del convenuto D.R.S., diretta al pagamento della somma di Euro 2.676,75, pari alla metà di quanto corrisposto, dall’anno 2009 all’anno 2013, per la manutenzione ed i costi delle parti comuni relative al fabbricato in comproprietà di (omissis). Il Giudice di pace, nella specie, accolse la domanda nella misura di Euro 2.566, 40, oltre interessi legali.

Il Tribunale, sull’appello di D.R.S., ha osservato che le spese anticipate da D.R.F., pur avendo natura “ordinaria”, in quanto da sostenersi periodicamente, rivelavano carattere “urgente”, agli effetti dell’art. 1134 c.c., giacchè essenziali soprattutto a preservare la sicurezza dell’immobile in comunione ed anche ad a prevenire rischi per i proprietari e per i terzi che transitassero al suo interno. Si trattava, dunque, di interventi che non potevano essere rimandati senza arrecare maggior danno o provocare maggiori costi. Quanto alla prova degli importi pretesi, il Tribunale ha fatto richiamo all’analitica ricostruzione compiuta dall’attore ed alla documentazione contabile prodotta, restando generiche le contestazioni mosse dall’appellante D.R.S.. Anche il compenso erogato all’amministratore esterno (Euro 450,00) è stato ritenuto importo congruo e dovuto in base alla documentazione epistolare prodotta

Il primo motivo di ricorso di D.R.S. deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1134 c.c., quanto alla qualificazione di “urgenti” attribuita dal Tribunale alle spese anticipate da D.R.F., dovendosi considerare “urgente”, ad avviso del ricorrente, la spesa che debba essere sostenuta nell’impossibilità di avvertire tempestivamente l’amministratore o gli altri condomini, giacchè, ove si tratti di esborsi altrimenti necessari ma non indifferibili, occorre fare ricorso all’assemblea o all’autorità giudiziaria ai sensi degli artt. 1137 e 1105 c.c..

Il secondo motivo di ricorso deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., quanto in particolare alla prova della ripetibilità del compenso erogato all’amministratore esterno, avendo il Tribunale fatto riferimento alla congruità dell’importo preteso, sebbene nella documentazione prodotta non vi fosse alcuna indicazione sulla retribuzione pattuita.

Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato manifestamente fondato nel suo primo motivo, rimanendo assorbito il secondo motivo, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

Il controricorrente ha presentato memoria ex art. 380-bis c.p.c., comma 2, trasmessa a mezzo PEC, ai sensi del punto 2.4. del Protocollo di intesa tra Corte di Cassazione, Procura Generale presso la Corte di Cassazione e Consiglio Nazionale Forense del 9 aprile 2020.

E’ da disattendere l’eccezione pregiudiziale del controricorrente, in quanto le censure proposte rivelano i caratteri della tassatività e della specificità, nonchè della riferibilità alla ratio decidendi della sentenza impugnata, come imposti dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, in quanto indicano le norme asseritamente violate e contengono specifiche argomentazioni, intese motivatamente a dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto, contenute nella pronuncia gravata, debbono ritenersi in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità.

Il Tribunale di Velletri ha deciso la causa sull’assunta qualificazione dell’azione come domanda di rimborso per spese anticipate da un condomino alla stregua dell’art. 1134 c.c. L’affermazione contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui sono urgenti, ai sensi dell’art. 1134 c.c., e peraltro con riferimento ad un condominio cosiddetto minimo, le spese che non possono essere rimandate senza arrecare maggior danno o provocare maggiori costi, non è, tuttavia, conforme alla giurisprudenza di questa Corte.

Nelle stesse inesattezze argomentative incorre la memoria presentata, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 2, dal controricorrente D.R.F., insistendosi in essa per l’indifferibilità e l’urgenza delle spese inerenti alla corrente elettrica del fabbricato, alla pulizia o alla sostituzione dei vetri rotti, nonchè ritenendosi “francamente incomprensibile” l’idea di agire in volontaria amministrazione per la nomina di un amministratore, ed infine invocandosi il “giusto processo” al fine di determinare “chi ha torto e chi ha ragione”.

Anche nel caso di condominio minimo, cioè di condominio composto da due soli partecipanti, la spesa autonomamente sostenuta da uno di essi è rimborsabile soltanto quando abbia i requisiti dell’urgenza, ai sensi dell’art. 1134 c.c. (testo previgente alla modifica operata con la L. n. 220 del 2012, nella specie applicabile ratione temporis, quanto meno per le spese antecedenti al 18 giugno 2013). Ai fini dell’operatività dell’art. 1134 c.c., va, allora, considerata ‘urgentè non solo la spesa che sia giustificata dall’esigenza di manutenzione, quanto la spesa la cui erogazione non possa essere differita, senza danno o pericolo, fino a quando l’amministratore o l’assemblea dei condomini possano utilmente provvedere al riguardo. Spetta al singolo condomino che agisca per il rimborso dare dimostrazione che le spese anticipate fossero indispensabili per evitare un possibile nocumento a sè, a terzi od alla cosa comune, e dovessero essere eseguite senza ritardo e senza possibilità di avvertire tempestivamente l’amministratore o gli altri condomini, sulla base di accertamento di fatto spettante al giudice del merito (Cass. Sez. 6 -2, 08/06/2017, n. 14326; Cass. Sez. 2, 23/09/2016, n. 18759; Cass. Sez. 2, 19/12/2011, n. 27519; Cass. Sez. 2, 26/03/2001, n. 4364; Cass. Sez. 2, 04/08/1997, n. 7181; Cass. Sez. 2, 12/09/1980, n. 5256).

Nulla è invece dovuto in caso di mera trascuranza degli altri comproprietari, non trovando applicazione nel condominio di edifici la norma in materia di comunione di cui all’art. 1110 c.c.. Ciò vale anche per i condomini composti da due soli partecipanti, la cui assemblea si costituisce validamente con la presenza di tutti e due i condomini e all’unanimità decide validamente. Se non si raggiunge l’unanimità e non si decide, poichè la maggioranza non può formarsi in concreto, diventa necessario ricorrere all’autorità giudiziaria, come previsto dagli artt. 1139 e 1105 c.c. (Cass. Sez. 2, 16/04/2018, n. 9280; Cass. Sez. 2, 12/10/2011, n. 21015; Cass. Sez. U, 31/01/2006, n. 2046).

L’art. 1105 c.c., comma 4, dettato in materia di comunione, ma applicabile anche al condominio degli edifici per il rinvio posto dall’art. 1139 c.c., consente, infatti, al condomino di evitare il pregiudizio che possa derivare alla cosa comune in presenza di una paralisi gestionale, sicchè, se non si prendono i provvedimenti necessari per l’amministrazione della medesima cosa comune o non si forma una maggioranza, ovvero se la deliberazione adottata non viene eseguita, ciascun partecipante può ricorrere alla autorità giudiziaria nell’interesse della res, invocando l’intervento sostitutivo del giudice, anche nel senso di autorizzare riparazioni straordinarie, per ovviare all’incuria dei singoli comproprietari.

Il Tribunale di Velletri ha perciò erroneamente ritenuto “urgenti” le spese anticipate da D.R.F., ai sensi dell’art. 1134 c.c., soltanto perchè giustificate dall’esigenza di manutenzione dell’immobile comune, senza verificare che fosse stata offerta dall’attore prova altresì che l’erogazione di tali spese risultasse non differibile fino a quando l’amministratore o l’assemblea dei condomini potessero utilmente provvedere al riguardo.

Il primo motivo di ricorso va perciò accolto, rimanendo assorbito il secondo motivo in ordine alla valutazione delle risultanze probatorie, cui il giudice di rinvio procederà sulla base del principio di diritto enunciato.

La sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio al Tribunale di Velletri, in diversa composizione, che procederà a nuovo esame della causa uniformandosi ai richiamati principi e tenendo conto dei rilievi svolti, e provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, al Tribunale di Velletri, in diversa composizione.


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