Sono titolare di porto d’armi per difesa personale dal 2003 rinnovato tutti gli anni e regolarmente rilasciato. Quest’anno, mi è stato negato il rinnovo. Il diniego è legittimo in assenza di elementi nuovi e intervenuti che possano modificare legittimamente la valutazione originaria?
Il diniego del rinnovo del porto d’armi, come tutti i provvedimenti amministrativi, deve essere motivato, cioè deve indicare, a pena di illegittimità, le ragioni di fatto e di diritto che hanno spinto l’amministrazione a rigettare la richiesta del cittadino.
L’obbligo di motivazione è stato oggetto di numerose pronunce del giudice amministrativo. Proprio in materia di diniego del rinnovo del porto d’armi, una recente sentenza del TAR Lombardia (sentenza n. 206 del 29/01/2019) ha statuito che «l’elevata discrezionalità di cui è titolare la Pubblica Amministrazione, in materia di rilascio di licenza di porto d’armi per difesa personale, deve essere esercitata secondo principi di trasparenza e di legittimo affidamento del privato nei suoi confronti, senza pertanto che ciò possa trasmodare in irrazionalità manifesta; in particolare, nel caso di diniego di rinnovo del porto d’armi, l’Amministrazione non può esimersi dall’indicare nella motivazione il mutamento delle circostanze, di fatto e soggettive, che l’avevano già indotta a rilasciare, negli anni antecedenti, il suddetto titolo, dovendosi dare conto dei fatti ostativi sopravvenuti, e del mutato interesse pubblico al rilascio della licenza, a salvaguardia del legittimo affidamento del cittadino; inoltre in sede di diniego di rinnovo del porto d’armi, pur non essendo l’Amministrazione tenuta ad accertare eventuali abusi da parte dell’interessato, la stessa deve tuttavia verificare, sulla base di elementi obiettivi, la scarsa affidabilità nel loro uso da parte del richiedente, o un’insufficiente capacità di dominio dei suoi impulsi ed emozioni».
La licenza di porto d’armi è provvedimento connotato da discrezionalità, sia tecnica che amministrativa, in cui è onere del richiedente dimostrare il bisogno del titolo. Tuttavia, «In sede di rinnovo, qualora nulla cambi nelle circostanze di fatto poste a loro fondamento e non sopravvengano motivi ostativi all’uso dell’arma, l’Amministrazione è tenuta a motivare in modo puntuale le ragioni del diniego, evidenziando per quali motivi tali ragioni, in precedenza ritenute sufficienti a giustificare il titolo, non lo sono più, oppure quale diversa ponderazione sia stata effettuata tra l’interesse privato alla difesa e l’interesse pubblico al contenimento del numero delle armi in circolazione sul territorio» (TAR Toscana, sentenza n.1007/2018).
Secondo il Consiglio di Stato, la licenza di porto può essere negata o revocata anche in assenza di pregiudizi e controindicazioni connessi al corretto uso delle armi, potendo l’autorità amministrativa valorizzare, nella loro oggettività, sia fatti di reato, sia vicende e situazioni personali che non assumono rilevanza penale (e non attinenti alla materia delle armi), da cui si possa, comunque, desumere la non completa affidabilità del soggetto interessato all’uso delle stesse (ex plurimis, Cons. Stato Sez. III, 18 Aprile 2016, n. 1538). Tali circostanze devono però essere indicate nella motivazione di diniego, altrimenti quest’ultimo è illegittimo.
Dunque, è pur vero che l’art. 42 del T.U.L.P.S. consente «all’autorità di effettuare un giudizio prognostico e altamente discrezionale, ovviamente in via preventiva, sull’opportunità di rilasciare o rinnovare il porto d’armi» e che l’amministrazione può ben decidere di adottare una politica più restrittiva; tuttavia, «l’ampia discrezionalità”, riconosciuta all’Amministrazione, comporta “un onere motivazionale rinforzato, soprattutto quando l’interessato abbia goduto per anni del porto d’armi, senza abusarne e senza che sussistano indizi che la sua condotta sia mutata in peggio» (Consiglio di Stato, 12 ottobre 2010, n. 8220).
Alla luce di quanto precede, se nel caso del lettore non si fa menzione di nuovi fatti sopravvenuti che, rispetto ai precedenti rinnovi, possano aver motivato il diniego, quest’ultimo è illegittimo.
In ogni caso, a fronte della ricezione del preavviso di diniego, il lettore ha diritto di presentare osservazioni alla Prefettura, facendo presenti le esigenze (caccia, sport ecc.) e la condotta “affidabile”, non mutata negli anni. Successivamente, se, nonostante le osservazioni, la Prefettura emetterà un provvedimento di diniego, esso sarà impugnabile al TAR.
Articolo tratto da una consulenza dell’avv. Maria Monteleone