Uso esclusivo in condominio: è legittimo?


Sezioni Unite della Cassazione: non è possibile assegnare un parcheggio o un’altra area condominiale – come il ballatoio o il giardino – in uso esclusivo a un solo condomino.
Quando si parla di uso esclusivo in condominio ci si riferisce al diritto, riconosciuto a uno o più condomini, di utilizzare un’area comune come se fosse propria, escludendo quindi dal relativo godimento tutti gli altri condòmini.
Seppur a fronte di numerose situazioni in cui, all’interno dei condomini italiani, si concretizzano forme di «uso esclusivo», di recente le Sezioni Unite della Cassazione [1] hanno fatto irruzione sull’argomento come un fulmine a ciel sereno, stabilendo un principio che potrebbe pregiudicare prassi ormai consolidate in diversi edifici.
In particolare, è stato stabilito che non è legittimo l’uso esclusivo in condominio di beni che dovrebbero invece appartenere a tutti i condomini, in proporzione ai rispettivi millesimi. Questo per due ragioni. La prima è che la proprietà non può mai essere ceduta se non con il consenso dello stesso titolare: il che, in ambito condominiale, richiede inevitabilmente l’unanimità. Solo quest’ultima infatti consente al proprietario del bene di disporre della propria quota in favore di altri. In secondo luogo – dice la Cassazione – non sono ammessi diritti reali diversi da quelli contemplati dalla legge (ossia «atipici») e il nostro Codice civile non prevede, in alcuna disposizione, la possibilità di costituire un diritto d’uso esclusivo.
Di qui la conseguenza ineluttabile della nullità di qualsiasi patto di trasferimento dell’unità immobiliare a cui si aggiunga anche il diritto d’uso esclusivo su una parte comune del condominio.
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Quando c’è un uso esclusivo in condomino?
Ma, più nel concreto, quando si verifica l’uso esclusivo sulle aree condominiali? Un tipico esempio è costituito dai casi in cui un parcheggio del cortile viene attribuito ad un solo condomino, come succede spesso quando si acquista l’appartamento direttamente dall’originario costruttore (il caso classico è quello dell’appartamento in condominio dotato di un posto auto in “uso esclusivo” nel cortile dell’edificio).
Sono frequenti anche altri casi di “uso esclusivo”, relativamente, ad esempio, al ballatoio della scala condominiale dove affacciano due appartamenti di proprietà di un solo condòmino; oppure al giardino antistante l’appartamento del piano terreno che viene attribuito al relativo proprietario, il quale di solito lo recinta, lo cura e ne falcia l’erba (anche se in proposito, la Cassazione ha detto che tutto il condominio deve partecipare alle spese di potatura degli alberi quando questi contribuiscono al decoro dell’edificio). Si pensi ancora all’area prospiciente un’unità immobiliare, sempre al piano terra, destinata ad attività commerciale (per posizionare i tavoli di un bar o ristorante o per montare un gazebo per la reception dei clienti o per mettere in mostra prodotti in vendita). Per non parlare dell’uso esclusivo dell’ascensore a vantaggio degli appartamenti ai piani alti (o di altri impianti al servizio solamente di una parte dei condomini), a meno che in queste ipotesi non si configuri un condominio parziale.
L’unanimità per l’attribuzione di un bene condominiale
Ai sensi dell’articolo 1102 del Codice civile, tutti i condomini possono utilizzare le aree comuni a patto che non ne modifichino la destinazione e non impediscano anche agli altri condòmini di farne pari uso. Questa seconda condizione racchiude in sé il divieto di previsione di diritti d’uso esclusivo, salvo che vi sia il consenso di tutti gli interessati. Come detto, solo un regolamento condominiale o una delibera assembleare approvato all’unanimità potrebbero derogare alla suddetta norma.
Pertanto, se l’uso esclusivo non è stabilito nel regolamento contrattuale (ossia approvato all’unanimità) redatto quando il condominio è stato formato (caso nel quale si impone a tutti i successivi acquirenti delle unità immobiliari del fabbricato) e lo si vuole introdurre in un momento successivo alla sua costituzione, serve il consenso di tutti i partecipanti al condominio: è il presupposto per formare atti validi qualificabili come costitutivi di diritti reali sugli enti comuni dell’edificio o come locazioni sopra i nove anni.
Divieto di uso esclusivo in condominio: cosa hanno detto le Sezioni Unite della Cassazione
In termini piuttosto tecnici, la Cassazione ha detto che «il principio di tipicità legale necessaria dei diritti reali si traduce nella regola secondo cui i privati non possono creare figure di diritti reali al di fuori di quelle previste dalla legge, né possono modificarne il regime. Ciò comporta che i poteri che scaturiscono dal singolo diritto reale in favore del suo titolare sono quelli determinati dalla legge e non possono essere validamente modificati dagli interessati. Con l’effetto che la clausola negoziale attributiva del cosiddetto «diritto di uso esclusivo condominiale» deve ritenersi vietata perché funzionale alla creazione di un atipico di diritto reale limitato, idoneo a incidere sulla struttura della situazione giuridica di comproprietà condominiale ex articolo 1102 del Codice civile. Si tratterà, pertanto, di interpretare la predetta clausola nel tentativo di recuperarla all’efficacia (esclusivamente) tra le parti».
Pertanto, l’accordo contrattuale avente a oggetto la creazione del cosiddetto diritto reale di uso esclusivo su una porzione di cortile condominiale, costituente come tale parte comune dell’edificio, mirando alla creazione di una figura atipica di diritto reale limitato – tale da incidere, privandolo di concreto contenuto, sul nucleo essenziale del diritto dei condomini di uso paritario della cosa comune, sancito dall’articolo 1102 del Codice civile – è vietata dalla legge. E ciò perché, come detto, il Codice è improntato sul principio del “numero chiuso” dei diritti reali e della tipicità degli stessi.