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Sanatoria edilizia respinta: che fare?

13 Ottobre 2021 | Autore:
Sanatoria edilizia respinta: che fare?

Le condizioni per ricorrere contro il provvedimento amministrativo che nega la regolarizzazione dell’abuso edilizio richiesta dal privato al Comune.

In passato, avevi commesso qualche piccolo abuso edilizio su un fabbricato di tua proprietà. Hai tentato di regolarizzarlo, presentando al Comune l’apposita richiesta, ma la sanatoria edilizia è stata respinta. Che fare ora?

I provvedimenti del Comune sono atti amministrativi e contro di essi è possibile ricorrere per tutti i motivi di illegittimità ravvisabili. Ma, prima ancora di ciò, devi sapere che il privato cittadino ha il diritto di interloquire con l’Amministrazione anche nella fase procedimentale, cioè nell’iter istruttorio che porta all’adozione del provvedimento finale. Se le osservazioni di colui che ha richiesto il permesso di costruire in sanatoria sono state trascurate dal Comune, emerge un ulteriore profilo di illegittimità, che può essere fatto valere in giudizio.

In particolare, il Comune, prima di adottare il provvedimento definitivo con il quale respinge la sanatoria edilizia, deve comunicare al richiedente un preavviso di rigetto, in modo da permettere al privato di presentare – entro un breve termine – le proprie osservazioni documentate: se le ragioni esposte sono fondate, l’Amministrazione dovrà “ripensarci” ed accogliere la domanda di sanatoria.

La sanatoria edilizia può essere respinta anche con un “non provvedimento”, cioè con il silenzio serbato dal Comune sull’istanza presentata dal privato, oltre i termini di scadenza per decidere: anche in questo caso, è possibile ricorrere al giudice.

Permesso di costruire in sanatoria: requisiti

Il Testo Unico sull’Edilizia [1] dispone che, in caso di interventi realizzati senza permesso di costruire, o in difformità di esso, oppure in assenza di Scia edilizia, il responsabile dell’abuso (o l’attuale proprietario dell’immobile, se persona diversa), può ottenere il permesso in sanatoria, purché «l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda».

Quindi, l’opera abusiva, per essere sanabile, non deve contrastare con le previsioni del piano regolatore attualmente vigente e neppure con quelle in vigore all’epoca in cui l’abuso fu compiuto: è la regola della doppia conformità ai regolamenti urbanistici ed edilizi. Per questo motivo la procedura di permesso di costruire in sanatoria richiede sempre l’accertamento di conformità, che viene compiuto dai tecnici del Comune sulla base della documentazione presentata e tenendo conto dei risultati emersi dai sopralluoghi compiuti per verificare la reale entità e consistenza delle opere realizzate.

Permesso in sanatoria: procedura

Per ottenere il permesso in sanatoria è necessario:

  • presentare una domanda di sanatoria all’ufficio comunale competente. Non ci sono limiti di tempo, quindi è possibile sanare anche abusi antichi; ma la domanda non può più essere proposta se il Comune ha già emanato l’ingiunzione o l’ordinanza, di demolizione o se ha irrogato le sanzioni amministrative nei confronti del responsabile dell’abuso o del proprietario dell’immobile;
  • versare al Comune il contributo di costruzione, che è quantificato, a titolo di oblazione, in misura doppia rispetto a quello previsto in caso di regolare rilascio del permesso di costruire (se l’opera abusiva è stata realizzata in parziale difformità rispetto al permesso di costruire ottenuto, l’oblazione si calcola solo con riferimento alla parte irregolare).

Preavviso di rigetto: cosa fare?

Sulla richiesta di permesso in sanatoria presentata, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale deve pronunciarsi «con adeguata motivazione», entro il termine di 60 giorni, decorsi i quali la richiesta si intende respinta e il permesso in sanatoria si considera negato (è il silenzio-rigetto, contro il quale è comunque possibile ricorrere al giudice amministrativo).

In molti casi, però, il Comune interloquisce con il privato prima di emanare il provvedimento negativo definitivo. In particolare, con il preavviso di rigetto l’Amministrazione comunica a colui che ha chiesto il permesso in sanatoria quali sono «i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza». Secondo la legge sulla trasparenza amministrativa [2], questa comunicazione deve precedere «la formale adozione di un provvedimento negativo», in modo che il richiedente sia messo in condizioni di partecipare alla decisione da adottare e che lo riguarda: infatti, egli ha diritto di presentare le proprie osservazioni scritte entro 10 giorni dal ricevimento del preavviso di rigetto.

Durante questo breve periodo, sono sospesi i termini per l’adozione dei provvedimenti, che ricominciano a decorrere 10 giorni dopo la presentazione delle osservazioni (o, in mancanza dalla scadenza del termine per presentarle). L’Amministrazione deve tenere conto delle osservazioni presentate: infatti, la medesima norma sul procedimento amministrativo [2] dispone che «del loro eventuale mancato accoglimento il responsabile del procedimento o l’autorità competente sono tenuti a dare ragione nella motivazione del provvedimento finale di diniego». Esiste, dunque, un preciso obbligo di motivazione a carico dell’Amministrazione, che è tenuta a confrontarsi con le ragioni addotte dal privato e ad esporre perché ritiene di doverle respingere.

Permesso in sanatoria negato: quali rimedi?

Contro il diniego di sanatoria – ed anche avverso l’eventuale ordine di demolizione delle opere che il Comune potrebbe aver conseguentemente emanato – è possibile presentare ricorso al Tar (Tribunale amministrativo regionale) competente per territorio. Il ricorso va proposto, a pena di decadenza, entro il termine di 60 giorni, che decorrono dalla data di comunicazione del provvedimento o, in caso di silenzio-rigetto, dalla scadenza degli originari 60 giorni concessi al Comune per provvedere sulla domanda di sanatoria.

In questa sede giudiziaria, il privato può esporre e far valere tutti i motivi di illegittimità del provvedimento adottato: la violazione di legge, l’incompetenza, l’eccesso di potere. È anche possibile dedurre l’illegittimità del preavviso di diniego, se è carente di motivazione: una recente sentenza del Tar Lombardia [3] ha annullato il provvedimento di un Comune che aveva negato la sanatoria in quanto era mancata la possibilità di una «partecipazione piena e collaborativa» del privato al procedimento amministrativo, poiché l’Ente aveva omesso di considerare alcune ragioni che il richiedente la sanatoria aveva rappresentato nelle proprie osservazioni.

Diniego di sanatoria: approfondimenti

Per approfondire ulteriormente l’argomento leggi anche l’articolo “Diniego sanatoria edilizia: che fare?“.


note

[1] Art. 36 D.P.R. n. 380/2001.

[2] Art. 10 bis L. n. 241/1990.

[3] Tar Lombardia, sent. n. 2089/21 del 29.09.2021.


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