Mancata cura del cane: cosa rischia il padrone?


Scatta il reato di abbandono o di maltrattamento quando non si assiste il proprio animale domestico ferito o malato?
Spesso, ci si chiede perché si adotta un cane per poi abbandonarlo a sé stesso, trascurandolo come se fosse diventato un peso anziché un amico. Nella testa di chi si comporta in questo modo probabilmente si annida l’idea di poter fare dell’animale quello che vuole quando vuole. Al di là della compassione e dell’affetto che dovrebbe provare per lui (nessuno l’ha obbligato a prenderlo e a tenerlo con sé), dovrebbe invece porsi una questione di tipo legale. E la domanda è una sola: per la mancata cura del cane, cosa rischia il padrone?
Il nostro ordinamento non prevede soltanto il reato di maltrattamento di animali [1] ma anche quello di abbandono di animali [2]. Insomma, per finire nei guai con la giustizia non è necessario prendere l’animale a bastonate o metterlo in un recinto in cui non riesce a fare più di tre passi: basta non accudirlo quando ha bisogno, quando è ferito, quando ha preso una malattia.
Di tanto si è occupata recentemente la Cassazione, esaminando il caso di un uomo il cui cane era in condizioni precarie, senza alcuna assistenza. Ecco cosa ha stabilito la Suprema Corte per casi come questi e cosa rischia chi non si prende cura del proprio cane.
Indice
Abbandono di animali: quando è reato?
Quando si parla di abbandono di animali si pensa, probabilmente, alla tipica scena del cane legato al guardrail di un’autostrada dal padrone che vuole andare in ferie senza troppi disturbi e non sa dove piazzare l’animale nel periodo delle vacanze. In realtà, per essere accusati del reato di abbandono di animali non c’è bisogno di arrivare a tanto: basta non prendersi cura dell’animale quando ha bisogno, non assisterlo quando ha una malattia, non portarlo dal veterinario, lasciarlo con le sue sofferenze finché muore.
Dice il Codice penale: «Chiunque abbandona animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività è punito con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda da 1.000 a 10.000 euro. Alla stessa pena soggiace chiunque detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze».
Quest’ultimo punto è quello che in questa sede ci interessa, cioè quello che riguarda la detenzione dell’animale «in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze». Va da sé che un cane che ha una zampa ferita, che ha un problema alla pelle o un altro tipo di malattia (è molto comune il tumore quando arriva ad una certa età) prova una sofferenza che non riesce a spiegare se non per dei lamenti e dei comportamenti che chi non è abituato a seguirlo non capisce. Chi, invece, lo segue quotidianamente non esiterebbe a portarlo in una clinica veterinaria per farlo esaminare.
Ecco, il non avere quest’ultimo impulso di far vedere ad un veterinario un cane sofferente è reato. La recente sentenza della Cassazione [3] lo ha ribadito dopo avere esaminato il caso di un cane che soffriva di dermatite, con una ferita alla zampa mai medicata ed in precarie condizioni igieniche. Per la Suprema Corte, elementi più che sufficienti per determinare che la povera bestia viveva «in uno stato incompatibile con la sua natura e produttiva di gravi sofferenze». Esattamente quello che il Codice penale punisce per «abbandono di animali».
Cane trascurato: quali sanzioni per il padrone?
Come abbiamo visto, chi non si prende cura del proprio cane rischia una sanzione da 1.000 a 10.000 euro e l’arresto fino ad un anno. Ma non basta. La Cassazione ha stabilito che in casi del genere deve scattare anche il sequestro dell’animale.
A nulla serve che il padrone tenti di giustificarsi dietro il buon comportamento del cane verso gli umani ed i certificati di buona salute dell’animale: per la Suprema Corte, di fronte all’evidente incuria e negligenza nel prestare le dovute cure prescritte dallo specialista non c’è che da applicare il dispositivo previsto dal Codice penale, cioè il reato di abbandono di animale.
note
[1] Art. 544-ter cod. pen.
[2] Art. 727 cod. pen.
[3] Cass. sent. n. 37133/2021.