Scatola nera sull’auto: si può contestare?


Quando e come le registrazioni della black box e del Gps collegato provano l’incidente stradale avvenuto? Si può ricorrere ad altri mezzi di prova?
Sono sempre più numerosi gli automobilisti italiani che decidono di installare sui loro autoveicoli la scatola nera, il dispositivo elettronico che registra tutte le informazioni di bordo, compreso il comportamento del conducente durante la guida. In cambio si ottiene un sostanzioso sconto dell’assicurazione sulla polizza Rc auto. Alle imprese assicuratrici la scatola nera conviene, perché aiuta a individuare e a ripartire le responsabilità dei sinistri e diminuisce il rischio dei falsi incidenti, quelli denunciati solo per ottenere in modo fraudolento il risarcimento danni, che pesano molto sui bilanci delle compagnie (e, di riflesso, sugli assicurati costretti a pagare un premio maggiore, soprattutto in alcune zone italiane dove queste truffe sono più diffuse). Ma la scatola nera sull’auto si può contestare?
Il Codice delle assicurazioni private [1] attribuisce alle risultanze della scatola nera il valore di «piena prova», nei procedimenti civili instaurati per ottenere il risarcimento danni dalle assicurazioni o direttamente dai responsabili del sinistro provocato. «Piena prova» significa che il giudice è vincolato a quei dati estrapolati dall’apparecchio e non può prescinderne ai fini della sua decisione, ad esempio credendo alle testimonianze che dicono cose diverse. Questo limita molto la possibilità di contestare la scatola nera.
Tutto ciò vale a meno che la parte che ne ha interesse (quella contro cui sono prodotti i dati dell’apparecchio) dimostri il mancato funzionamento o la manomissione del dispositivo. Non è per niente facile fornire questa prova contraria, soprattutto quando la black box è montata sul veicolo di controparte e dunque non si trova nella disponibilità di chi vorrebbe controllarla e analizzarla. Lo stesso problema si pone riguardo al sistema di rilevazione satellitare (Gps) collegato alla scatola che indica la posizione e i movimenti del veicolo sul territorio: il segnale potrebbe disconnettersi e i dati acquisiti potrebbero risultare lacunosi, e dunque invalidi. Vediamo come e quando si può contestare la scatola nera.
Indice
Scatola nera: cos’è e cosa fa?
La scatola nera (chiamata anche black box) è un dispositivo elettronico, dotato di un localizzatore satellitare Gps, che registra tutti i movimenti del veicolo, compresi quelli passivi, come gli urti ricevuti (i cosiddetti “crash“) anche quando è fermo e parcheggiato. Il sistema traccia in modo preciso gli spostamenti e acquisisce la posizione del mezzo, istante per istante. Essendo collegato con i dispositivi di bordo, riesce anche a calcolare la velocità, le accelerazioni e le frenate.
In occasione di un impatto (con un altro veicolo, un pedone o un ostacolo fisso come un muro o un guardrail), la scatola nera memorizza automaticamente i dati dell’incidente, tra i quali il luogo, la velocità e l’intensità dell’urto o dello scontro (se vuoi saperne di più leggi qui “Cosa registra la scatola nera della macchina“).
Scatola nera: vantaggi e svantaggi
L’installazione della scatola nera a bordo del proprio veicolo permette di ottenere una polizza assicurativa Rc auto a un prezzo più vantaggioso: la legge [2] impone alle compagnie una riduzione del premio da pagare in favore di chi installa questi dispositivi tecnici che «registrano l’attività del veicolo».
Lo sconto è subordinato al «divieto all’assicurato di disinstallare, manomettere o comunque rendere non funzionante il dispositivo installato»: in caso di violazione, il beneficio si perde per la durata residua del contratto e per il periodo precedente bisogna restituire alla compagnia i soldi che si erano risparmiati. C’è anche la possibilità di essere denunciati penalmente per la manomissione riscontrata.
Dunque, la scatola nera conviene ai guidatori prudenti ed onesti: sono gli assicurati “virtuosi”, ai quali le compagnie guardano con favore, perché statisticamente provocano meno incidenti e con conseguenze meno gravi. La black box è utile anche a chi, in caso di contenzioso sulla responsabilità da attribuire per un sinistro, vuole dimostrare che c’è stato un improvviso guasto meccanico ed è stato esso a provocare l’incidente, anziché una condotta di guida imprudente o distratta. La scatola nera, invece, non conviene ai disonesti, perché prova i falsi incidenti, e dunque le frodi all’assicurazione, in modo pressoché incontrovertibile ed inoppugnabile.
Scatola nera: fa prova dell’incidente?
La scatola nera fa prova nei processi civili in cui viene utilizzata per dimostrare un incidente stradale e le sue modalità di verificazione: il Codice delle assicurazioni [1] dispone che «le risultanze del dispositivo formano piena prova, nei procedimenti civili, dei fatti a cui esse si riferiscono, salvo che la parte contro la quale sono state prodotte dimostri il mancato funzionamento o la manomissione del predetto dispositivo».
Dunque, il valore di prova legale delle risultanze della scatola nera è limitato ai soli processi civili, come quelli svolti per stabilire la spettanza del risarcimento dei danni e per quantificarne l’ammontare: qui il giudice dovrà accettare i dati estrapolati dalla black box e fondare su di essi la propria decisione, a meno che la controparte eccepisca, e dimostri, il malfunzionamento o la manomissione dell’apparato.
Nei processi penali, invece, la scatola nera non ha questo valore di prova piena e legale, ma i dati sono utilizzabili come prova documentale, in quanto rappresentano, a norma di legge, [3] «fatti, persone o cose» che vengono riprodotti nelle loro posizioni e azioni con un mezzo tecnico che si è formato prima e fuori dal processo (come le fotografie e i video estrapolati dalle telecamere di sorveglianza). In tali casi lo scopo è, evidentemente, quello di dimostrare l’esistenza di una frode assicurativa, cioè di una truffa all’assicurazione auto alla quale è stato denunciato un falso incidente per ottenere indebitamente l’indennizzo.
Scatola nera: il testimone dell’incidente può dire cose diverse?
La giurisprudenza più recente diffida dei testimoni quando le loro dichiarazioni sull’incidente contrastano con le risultanze della scatola nera: ad esempio, una nuova sentenza del giudice di Pace di Palermo [4] ha negato il risarcimento in un caso in cui il dispositivo non aveva rilevato nessun “crash”, a differenza di quanto asserito dal testimone. Inoltre, i dati del dispositivo satellitare collegato alla scatola escludevano la presenza dell’autovettura incidentata sul luogo del sinistro dichiarato.
In tal caso – osserva il giudice – «chi vuole essere risarcito dall’assicurazione deve dimostrare il malfunzionamento del dispositivo». La sentenza riconosce che «l’applicazione pratica ha posto delle criticità con riferimento all’affidabilità e all’attendibilità dei dati raccolti», anche perché non sono ancora state emanati i decreti ministeriali attuativi che dovranno stabilire le caratteristiche tecniche di questi apparecchi.
Scatola nera: come si può contestare?
In attesa delle prossime disposizioni legislative, è opportuno, nel caso in cui si vogliano contestare i dati della scatola nera, chiedere al giudice civile l’espletamento di una Ctu (consulenza tecnica d’ufficio) sul dispositivo e sul localizzatore satellitare ad esso collegato. Soltanto se da questo accertamento tecnico emergerà che il sinistro si è verificato con modalità difformi da quelle registrate nella black box, le sue risultanze potranno essere disattese.
Nel caso deciso dal giudice di pace di Palermo questo risultato non è stato possibile, poiché la Ctu ha accertato che «l’apparato era perfettamente funzionante» e chi contestava tale circostanza non è riuscito a provare i malfunzionamenti dichiarati.
note
[1] Art. 145 bis D.Lgs. n. 209/2005.
[2] Art. 132 ter D.Lgs. n. 209/2005.
[4] Giudice di Pace di Palermo, sent. n. 2611/2021.