Definizione di acconto, anticipo e caparra. Qual è la differenza tra anticipo e caparra e quale la differenza tra caparra confirmatoria e penitenziale.
Un nostro lettore ci chiede quale è la differenza tra acconto e anticipo. In realtà, i due termini sono sinonimi e quindi non presentano alcuna distinzione. Cerchiamo di comprendere cos’è l’acconto, ossia l’anticipo, e qual è la distinzione tra tali termini e la caparra. Ma procediamo con ordine.
Indice
Cos’è l’acconto o anticipo
L’acconto consiste nell’anticipazione della prestazione finale, di solito costituita dal pagamento di una somma di denaro per la vendita di un bene o di un servizio.
L’acconto è quindi una parte del corrispettivo che poi va detratto da quello complessivamente dovuto. Non si tratta quindi di una caparra o di una cauzione.
Con l’acconto, il debitore si libera definitivamente di una parte della prestazione finale da lui dovuta. Il creditore è quindi tenuto a sottrarre dalla prestazione finale l’acconto eventualmente versato.
Tanto per fare un esempio, in caso di compravendita di un bene o un servizio al prezzo di 100 euro, l’acquirente che versa un acconto di 30 euro è tenuto nei confronti del creditore solo per il residuo di 70 euro.
Le implicazioni di carattere pratico sono svariate. Ad esempio, se il contratto non dovesse essere adempiuto per una causa sopravvenuta non imputabile a nessuna delle due parti, l’acconto andrà restituito integralmente.
Non si può trattenere l’acconto a titolo di risarcimento per l’eventuale inadempimento contrattuale. Affinché ciò sia possibile è necessario prima avviare una causa. Difatti deve essere il giudice – in assenza di preventiva quantificazione operata dalle parti – a determinare l’entità dei danni subìti. Una volta che ciò sia avvenuto, il creditore, che abbia trattenuto presso di sé l’anticipo, può compensare quest’ultimo con il risarcimento di cui sia titolare, trattandosi ormai di due crediti liquidi ed esigibili.
Se invece non interviene alcuna sentenza a quantificare i danni, l’anticipo deve essere restituito integralmente.
In assenza di una specifica indicazione delle parti, l’eventuale prestazione parziale versata in anticipo deve essere considerata a titolo di acconto e non di caparra o cauzione.
Differenza tra acconto e caparra
Il concetto di acconto di distingue altresì da quello caparra. Le differenze sono profonde sia in ambito civile che fiscale ed eventuali errori possono determinare conseguenze spiacevoli. Come abbiamo detto, per acconto o anticipo si intende il pagamento anticipato rispetto all’esecuzione del contratto di una somma parziale del corrispettivo stabilito per la cessione di beni e/o servizi; con il termine caparra, invece, si intende fornire un rimedio al rischio di inadempimento contrattuale, dando all’importo stabilito tra le parti una funzione di risarcimento. In pratica, se la somma versata alla stipula del contratto viene qualificata come «caparra» e non come «acconto», il creditore è automaticamente autorizzato, in caso di inadempimento del debitore, a trattenere tale importo a titolo risarcitorio, senza dover ricorrere al giudice affinché quantifichi il danno (come invece abbiamo visto succedere per l’acconto).
Differenza tra caparra confirmatoria e penitenziale
Esistono due forme di caparra: la caparra confirmatoria e la caparra penitenziale. La caparra confirmatoria (art. 1385 del cod. civ.) non rappresenta un anticipo sul prezzo ma serve a risarcire l’altra parte in caso di inadempimento contrattuale. È una somma di denaro (o, raramente, di una quantità di beni fungibili) che una parte si impegna a versare all’altra, al momento della firma del contratto, al fine di garantire l’impegno assunto. Una volta effettuato il versamento della caparra, possono verificarsi le seguenti situazioni:
- se il contratto viene rispettato e le prestazioni sono regolarmente eseguite, chi ha incassato la caparra deve restituirla o, in alternativa, può trattenerla a titolo di anticipo sul pagamento del prezzo finale, sottraendola dall’importo dovuto a saldo;
- se il soggetto che ha corrisposto la caparra non rispetta il contratto e quindi risulta inadempiente, la controparte può recedere dal contratto, trattenendo quanto ha riscosso a titolo di caparra come risarcimento del danno, senza bisogno di adire il giudice. In alternativa, è anche possibile rivolgersi al giudice affinché ordini alla controparte l’esecuzione coattiva della prestazione o, dopo aver sciolto il contratto, determini l’esatto ammontare del risarcimento (via quest’ultima preferibile quando la caparra è di valore inferiore ai danni subiti).
- se inadempiente è, invece, la parte che ha ricevuto la caparra, l’altra parte può recedere dal contratto e richiedere la restituzione della caparra oltre che di un importo dello stesso valore quale risarcimento per il danno subito (complessivamente, dunque, il doppio della caparra). Anche in questo caso, come in quello precedente, la parte può rinunciare alla caparra per chiedere al giudice l’esecuzione forzata del contratto o il risarcimento del maggior danno.
Diversa è invece la caparra penitenziale (art. 1386 del cod. civ.). In questo caso, la determinazione della caparra serve a quantificare in anticipo, e in via definitiva, l’entità del risarcimento dovuto in caso di recesso o inadempimento contrattuale. Non c’è quindi la possibilità di ricorrere al giudice per ottenere l’ulteriore risarcimento del danno come invece succede nella caparra confirmatoria.
Così se a recedere dal contratto è il soggetto che ha corrisposto la caparra, l’altra parte trattiene quanto ricevuto; se, invece, a recedere dal contratto è il soggetto che ha ricevuto la caparra, l’altra parte deve restituire il doppio di quello che ha ricevuto. Non c’è quindi ulteriore chance di ricorrere al giudice affinché ingiunga l’esecuzione forzata del contratto o l’ulteriore risarcimento.