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Guida in stato di ebbrezza e incidente stradale senza colpa

19 Ottobre 2021 | Autore:
Guida in stato di ebbrezza e incidente stradale senza colpa

Chi assume alcol o sostanze stupefacenti non è automaticamente responsabile del sinistro stradale e, quindi, non subisce il raddoppio della pena.

Chi guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di droga subisce una sanzione per il fatto stesso di essersi messo al volante in una condizione di alterazione psicofisica. Se, oltre a ciò, provoca un incidente stradale le sanzioni vengono raddoppiate. 

Che succede invece se, all’esito delle verifiche, dovesse risultare che il sinistro è stato determinato dalla colpa dell’altro conducente e che quindi lo stesso si sarebbe comunque verificato, a prescindere dall’ubriachezza o dall’uso delle sostanze stupefacenti?

A chiarire i rapporti tra la guida in stato di ebbrezza e l’incidente stradale senza colpa è stata la giurisprudenza [1]. La questione si pone negli stessi termini sia per chi è ubriaco che per chi ha assunto droghe. Cerchiamo di fare il punto della situazione.

Guida in stato di ebbrezza

La guida in stato di ebbrezza viene contestata quando il livello di alcol nel sangue è pari ad almeno 0,51 grammi per litro. Sotto questa soglia non si rischia nulla.

Le sanzioni sono rapportate alla quantità di alcol ingerita e si ripartiscono in tre differenti scaglioni. Il primo implica solo un illecito amministrativo e una banale multa stradale, senza processi penali né tantomeno strascichi sulla fedina. Il secondo scaglione determina invece la contestazione del reato di guida in stato di ebbrezza, cui conseguono le sanzioni penali. Il terzo scaglione, il più grave, ricorre quando il livello di alcol nel sangue raggiunge il limite di 1,5 gr/l: in questo caso, dalla contestazione del reato scaturiscono sanzioni penali molto severe. 

In particolare, l’articolo 186 del Codice della strada prevede:

  • la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 532 ad euro 2.127, qualora sia stato accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico tra 0,51 e 0,8 grammi per litro (g/l). All’accertamento della violazione consegue la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da tre a sei mesi; 
  • l’ammenda da euro 800 ad euro 3.200 e l’arresto fino a sei mesi, qualora sia stato accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico tra 0,81 e 1,5 grammi per litro (g/l). All’accertamento del reato consegue in ogni caso la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da sei mesi ad un anno; 
  • l’ammenda da euro 1.500 ad euro 6.000, l’arresto da sei mesi ad un anno, qualora sia stato accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro (g/l). All’accertamento del reato consegue in ogni caso la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da uno a due anni. Se il veicolo appartiene a persona estranea al reato, la durata della sospensione della patente di guida è raddoppiata. 

Guida sotto effetto di sostanze stupefacenti (droga)

L’articolo 187 del Codice della strada punisce con l’ammenda da 1.500 a 6.000 euro e l’arresto da sei mesi ad un anno chi si pone alla guida di un veicolo «in stato di alterazione psico-fisica dopo aver assunto sostanze stupefacenti o psicotrope». 

Per i neopatentati, le pene sono aumentate da un terzo alla metà e lo stesso aumento si applica quando il reato è commesso in orario notturno (tra le ore 22 e le ore 7). La patente di guida è revocata in caso di incidente, altrimenti è sospesa per un periodo da uno a due anni (raddoppiato se il veicolo appartiene a persona estranea al reato, come nel caso del figlio che guidi l’auto intestata ad uno dei suoi genitori).

A differenza della guida in stato di ebbrezza, in questo caso le sanzioni non sono graduate in base al quantitativo di droga assunta ma sono sempre identiche a prescindere da esso. Tuttavia, il reato scatta solo se vi è un’effettiva compromissione delle capacità d’intendere e volere, ossia un’alterazione psicofisica. Il solo fatto di aver assunto droga non è pertanto sufficiente alla contestazione del reato (diversamente da quanto avviene nel caso di guida in stato di ebbrezza in cui tale vaglio non viene effettuato e la sanzione scatta per il semplice superamento delle soglie). 

Non bastano quindi le analisi del sangue da cui risulti l’uso di droga, ma è necessario che i suoi effetti sulla capacità del conducente siano attuali. Questo evita la possibilità di sanzionare chi abbia ancora nel sangue tracce di droga assunta molto tempo prima della guida, droga che non abbia compromesso la guida. 

Incidente stradale per guida in stato di ebbrezza o sotto effetto di droghe

Se il conducente in stato di alterazione psico-fisica dopo aver assunto alcol o sostanze stupefacenti o psicotrope provoca un incidente stradale, le pene sono raddoppiate.

Nel concetto di incidente viene fatto ricomprendere anche il semplice caso di chi sbanda e va a finire contro un muro, un albero, un lampione o semplicemente finisce in uno sterrato. Quindi, si può parlare di sinistro stradale e di aggravamento della pena anche nel caso in cui non siano coinvolti altri automobilisti. A maggior ragione vi rientra anche il caso di investimento di un pedone, di un ciclista o di altro utente della strada.

Incidente stradale senza colpa e guida in stato di ebbrezza o sotto alterazione di droghe

La legge stabilisce il raddoppio delle sanzioni solo per colui che provoca un incidente. Che succede dunque tutte le volte in cui risulta che il sinistro stradale è stato determinato dall’altrui colpa? In questi casi, secondo la giurisprudenza [1], non c’è l’aggravamento della pena. 

L’assunzione di sostanze stupefacenti o di alcol non determina per ciò solo la responsabilità dell’incidente. Provocare un sinistro è diverso dal mero coinvolgimento nello stesso. Per subire il raddoppio della pena è necessario essere responsabili dell’incidente

Quindi, il giudice deve escludere l’aggravante della provocazione del sinistro quando si accerta che la responsabilità è riconducibile all’errata condotta di guida di altro conducente. Tanto l’articolo 186 (guida in stato di ebbrezza) che l’articolo 187 del Codice della strada (guida sotto effetto di droghe) utilizzano il verbo «provoca» presupponendo così «un nesso di causalità materiale e psicologica tra la condotta di guida dell’agente e la verificazione del sinistro». Ciò significa che «per integrare la circostanza aggravante in questione non è sufficiente il mero coinvolgimento in un incidente stradale, ma è necessario che il conducente abbia concorso a cagionare, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, il sinistro stradale». In caso contrario, «si giungerebbe ad ascrivere all’imputato una circostanza aggravante a titolo di mera responsabilità oggettiva, senza che essa sia coperta da dolo o da colpa, con ciò andando a collidere non solo con la lettera della disposizione sopra richiamata», ma anche con i principi costituzionali in tema di responsabilità individuale e con le regole del Codice penale in materia di imputazione delle circostanze aggravanti.


note

[1] Trib. Torino, sent. n. 534/2021.

Tribunale di Torino – Sezione penale – Sentenza 19 marzo 2021 n. 534

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI TORINO

SEZIONE DEI GIUDICI PER LE INDAGINI PRELIMINARI

Il Tribunale di Torino, Sezione G.i.p.- G.u.p.- nella persona del giudice Luca Fidelio,

all’esito dell’udienza in camera di consiglio del 19.3.2021,

ha pronunciato e pubblicato, mediante lettura del dispositivo e della motivazione contestuale, la seguente

SENTENZA

Ai sensi degli artt. 525, 533 e ss. c.p.p.

nella causa penale contro

(…), nato a T., il (…), con domicilio eletto presso il difensore di fiducia avv. Ca.D’A. del Foro di Torino;

LIBERO – PRESENTE –

IMPUTATO

Del reato di cui all’art. 187 co. 1 co. 1 bis D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 e succ. modif. perché si poneva alla guida del veicolo tg. (…) in stato di alterazione psicofisica dopo aver assunto sostanze stupefacenti o psicotrope. Con l’aggravante di aver provocato in tali circostanze un incidente stradale. Commesso in Venaus il (…)

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Si è proceduto con rito abbreviato instaurato a seguito di opposizione a decreto penale di condanna nei confronti di (…) per il reato di guida in stato di alterazione psico-fisica dovuta all’uso di sostanze stupefacenti, meglio descritto in epigrafe.

All’udienza del 19.3.2021, verificata la regolarità delle notifiche, il giudice ha ammesso il rito speciale richiesto e le parti hanno concluso nei termini indicati in epigrafe, con il giudice che ha pronunciato la presente sentenza mediante lettura del dispositivo e delle motivazioni contestuali.

2. Dall’esame degli atti processuali (costituiti dall’annotazione dei C.C. di Susa, dal verbale di accertamenti e rilievi, dalle dichiarazioni dei soggetti coinvolti nel sinistro, dagli esami delle urine e del sangue), i fatti possono essere ricostruiti nei termini che seguono.

In data 6.9.2020 militari della Stazione Carabinieri di Susa verificavano la collisione tra due veicoli (per la precisione il motociclo (…) targato (…) di proprietà dell’odierno imputato e il furgone (…) targato (…)), appurando che l’odierno imputato, in seguito compiutamente identificato, presentava lesioni e si trovava al volante della moto coinvolta nel sinistro.

Dal momento che (…) presentava traumi e necessitava di cure urgenti, veniva accompagnato presso l’Ospedale di Rivoli, ove era sottoposto a prelievi del sangue e delle urine.

Nello specifico, gli esami ematici dell’odierno imputato rivelavano la presenza di tetraidrocannabinolo nel sangue per un valore superiore ai limiti consentiti (precisamente, nel primo rapporto, 3.6 ng/ml a fronte di un tasso soglia pari a 1 ng/ml e, nel secondo rapporto, 196 ng/ml a fronte di un tasso soglia pari a 15 ng/ml).

Nell’immediatezza dei fatti gli operanti procedevano, inoltre, ad effettuare i rilievi e a sentire le persone coinvolte onde ricostruire la dinamica del sinistro.

A tale riguardo va posto in rilievo che nell’annotazione in atti si legge come – sulla base dello stato dei luoghi e delle dichiarazioni assunte – il sinistro fosse interamente da addebitarsi ad ignoto conducente di una moto (…), il quale tagliava la strada al motociclo condotto dall’odierno imputato, che a sua volta urtava il veicolo (…) (si vedano sul punto le dichiarazioni di (…) secondo cui: “una moto modello (…) tagliava la strada ad un’altra moto … per via di questa manovra la (…) usciva di corsia e impattava sul mio furgone”).

3. Alla stregua di tali elementi il P.M. ha chiesto la condanna dell’interessato, ritenendo pienamente dimostrato il reato in contestazione; dal canto suo il difensore ha chiesto assolversi l’imputato difettando prova certa dello stato di alterazione alla guida; in subordine ha chiesto contenersi la pena nei minimi edittali, con sostituzione della pena con lavori di pubblica utilità presso il Comune di residenza, previa esclusione dell’aggravante dell’aver provocato un incidente stradale.

4. Ritiene il Tribunale pienamente integrato il reato di guida in stato di alterazione dovuta all’uso di sostanze stupefacenti.

Gli operanti hanno, infatti, direttamente accertato che l’imputato si trovava alla guida del motoveicolo meglio descritto in imputazione, coinvolto in un incidente stradale con danni alle cose e alle persone.

Con particolare riferimento alla dimostrazione dello stato di alterazione, messa in dubbio dalla difesa, è sufficiente richiamare i risultati degli esami del sangue svolti presso il nosocomio in conseguenza delle condizioni dell’interessato (ferito e bisognoso di cure), da cui risulta un valore di cannabinoidi ben superiore al tasso soglia, con la conseguenza che, essendo le sostanze stupefacenti in circolo, è da ritenersi provato lo stato di intossicazione.

Al riguardo si ritiene che la concentrazione di sostanze droganti in circolo, ben superiore alla soglia di tollerabilità, sia dato suscettibile di dimostrare, in termini processualmente certi, lo stato di alterazione alla guida, non essendo ragionevole formulare alcuna ipotesi alternativa.

E’ ben vero che la permanenza di tracce nel sangue della sostanza stupefacente del tipo cannabinoidi è di apprezzabile durata ma nel caso in esame può affermarsi con ragionevole sicurezza una assunzione recente di sostanze stupefacenti ed un conseguente stato di alterazione alla guida, tenuto conto della rilevante e per nulla trascurabile percentuale di principio attivo di sostanze illecite rinvenuto nel sangue e nelle urine (ben superiore al tasso soglia e indice di un consumo ravvicinato).

D’altra parte, nell’affrontare casi analoghi a quello che ci occupa, la più recente giurisprudenza di legittimità ha ritenuto integrata la fattispecie di guida in stato di alterazione dovuta all’assunzione di sostanze stupefacenti, laddove: “In presenza di un quadro sintomatologico di alterazione mentale e fisica, la cui derivazione dall’assunzione di una delle sostanze previste dalla legge venga conclamata dagli esami di laboratorio, non occorre l’ulteriore conferma derivante dalla visita di medico specialista, proprio perché un quadro di tal fatta dimostra ineguivocamente che il conducente si era posto alla guida in stato di alterazione (attuale), causato dall’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope. Deve escludersi, proprio tenuto conto della funzione che la legge attribuisce al riscontro costituito dalle analisi di cui detto (accertare che nell’organismo siano presenti i principi attivi di sostanze stupefacenti o psicotrope), che i risultati debbano giungere fino a quantificare esattamente la percentuale riscontrata nel sangue. La circostanza, infatti, che il soggetto si sia posto alla guida sotto l’attuale effetto disturbante delle sostanze in parola si trae dai sintomi registrati al momento del controllo, di comune percezione” (così Cass. Pen. Sez. IV n. 25691/2016).

Nella specie va invece esclusa l’aggravante dell’aver provocato un incidente stradale, dal momento che, sulla base degli accertamenti svolti dai militari nell’immediatezza del sinistro ed in particolare delle dichiarazioni delle persone coinvolte nell’incidente – su cui non vi è motivo di discostarsi -, l’imputato non contribuì a provocare l’incidente stradale in oggetto, essendo l’urto interamente riconducibile all’errata condotta di guida di ignoto conducente di un altro motoveicolo modello (…), che tagliava la strada alla moto condotta dall’odierno imputato determinando l’urto tra quest’ultimo veicolo e un furgone (…).

Con particolare riferimento alla configurabilità dell’aggravante in parola, è utile ricordare che l’art. 187 c. 1 bis C.d.s. stabilisce un inasprimento di pena ove “il conducente in stato di alterazione psico- fisica dopo aver assunto sostanze stupefacenti o psicotrope provoca un incidente stradale”, con ciò richiedendosi espressamente, mediante l’utilizzo del verbo provoca, un nesso di causalità materiale e psicologica tra la condotta di guida dell’agente e la verificazione del sinistro.

In altri termini, per integrare la circostanza aggravante de qua, non è sufficiente il mero coinvolgimento in un incidente stradale, ma è necessario che il conducente abbia concorso a cagionare, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, il sinistro stradale.

In caso contrario si opererebbe un’inammissibile interpretazione analogica in malam partem dell’aggravante in questione, così come affermato dalla Suprema Corte di Cassazione, secondo cui: “… alla circostanza aggravante di aver provocato un incidente stradale non può equipararsi il mero coinvolgimento nel sinistro” (così Cass. Pen. Sez. IV n. 7969/13).

In particolare, per poter addebitare l’aggravante in discorso all’agente, occorre la dimostrazione congiunta di due elementi:

a) in primo luogo, che il sinistro sia oggettivamente riconducibile alla condotta di guida dell’imputato, dovendo emergere, perlomeno, un contributo causale apprezzabile nella verificazione della collisione;

b) in secondo luogo, che il sinistro sia soggettivamente collegato all’agente, dovendosi poter muovere un rimprovero – diverso e ulteriore rispetto allo stato di alterazione dovuto all’uso di stupefacenti – in relazione alla specifica verificazione del sinistro, nel senso che occorre che esso sia ascrivibile a dolo o, quantomeno, a colpa del reo.

Diversamente opinando, si giungerebbe ad ascrivere all’imputato una circostanza aggravante a titolo di mera responsabilità oggettiva, senza che essa sia coperta da dolo o da colpa, con ciò andando a collidere non solo con la lettera della disposizione sopra richiamata (che impone che l’incidente sia provocato dal conducente in stato di alterazione), ma anche con i principi costituzionali in tema di responsabilità individuale (art. 27 c. 1 Cost.) e con i precetti codicistici in materia di imputazione delle circostanze aggravanti (art. 59 c. 2 c.p.)

Ora, nel caso in esame è emersa la prova positiva della totale estraneità dell’imputato rispetto alla causazione del sinistro, essendo la collisione interamente ascrivibile alla condotta di guida di altro soggetto e non all’opera dell’imputato, che fu costretto a deviare dalla marcia e a perdere il controllo della moto.

A conferma di ciò si consideri che neppure i militari intervenuti hanno individuato profili di responsabilità in capo all’imputato.

Sulla scorta di tali argomenti nella specie non ricorre la circostanza aggravante di cui all’art. 187 c. 1 bis del Codice della Strada, che deve quindi essere esclusa.

5. All’imputato devono essere riconosciute le circostanze attenuanti generiche, in considerazione del buon comportamento processuale, della sostanziale ammissione dell’addebito, della giovane età e della sua incensuratezza.

Passando all’esame del trattamento sanzionatorio, valutati gli indici di cui all’art. 133 c.p., considerata la gravità del fatto e la capacità a delinquere del colpevole, si stima equa una pena base di mesi 6 di arresto ed Euro 1.500,00 di ammenda, ancorata ai minimi edittali di fattispecie.

La pena così determinata deve, in primo luogo, essere ridotta di un terzo per effetto delle circostanze attenuanti generiche, così da giungersi ad una pena di mesi 4 di arresto ed Euro 1.000,00 di ammenda; tale pena deve poi essere ulteriormente ridotta della metà per effetto del rito abbreviato, giungendosi alla pena finale di mesi 2 di arresto e 500,00 Euro di multa.

L’imputato deve, inoltre, essere condannato al pagamento delle spese processuali.

La difesa dell’imputato ha peraltro richiesto espressamente la sostituzione della pena sopra irrogata con il lavoro di pubblica utilità ai sensi del comma 8 bis dell’art. 187 Codice della Strada.

Nel caso di specie non sussistono ragioni ostative all’accoglimento della richiesta della difesa, poiché, da un lato, non risulta che l’imputato si sia in precedenza avvalso di tale istituto e, dall’altro, il Comune di Rivalta (luogo in cui egli risiede) è convenzionato con il Tribunale di Torino per lo svolgimento di lavori socialmente utili.

In proposito è bene ricordare come la prestazione di attività non retribuita in favore della collettività non possa superare le sei ore settimanali e le otto ore giornaliere, dovendosi inoltre tenere conto che un giorno di lavoro di pubblica utilità equivale a due ore di lavoro, anche non continuative (si veda art. 54 D.Lgs. n. 274 del 2000 richiamato dall’art. 187, c. 8 bis D.Lgs. n. 285 del 1992).

Le modalità e i tempi dell’esecuzione della prestazione potranno comunque essere diversamente concordati dall’imputato con il Comune di Rivalta anche in corso di esecuzione, alla stregua dei criteri di cui agli artt. 54 e 59 D.Lgs. n. 274 del 2000, senza che risultino pregiudicate le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute dell’imputato.

L’imputato è tenuto a presentarsi presso il citato ente e comunque ad iniziare la citata attività lavorativa entro quattro mesi dalla data del passaggio in giudicato della presente sentenza, pena la revoca del beneficio. Peraltro, l’imputato può presentarsi ed iniziare l’attività anche subito dopo la pronuncia della presente sentenza, evincendosi dal testo del citato comma 8 bis che la sanzione sostitutiva può essere eseguita dal condannato anche prima del passaggio in giudicato della sentenza che la irroga.

Peraltro il calendario concordato tra ente ed imputato e la data di inizio dello svolgimento del lavoro, come ogni eventuale variazione del calendario ed ogni eventuale violazione, devono essere immediatamente comunicati, a cura dell’imputato e dell’ente, all’UEPE di Torino e alla cancelleria di questo giudice, per il conseguente inserimento nel fascicolo processuale.

Anche la conclusione positiva dello svolgimento del lavoro di p.u. dovrà poi essere comunicata dall’imputato, dall’ente e dall’UEPE di Torino alla cancelleria di questo giudice, con richiesta di fissazione dell’udienza prevista dal comma 8 bis per la declaratoria di estinzione del reato.

Alla condanna conseguono ex lege le sanzioni amministrative accessorie della sospensione della patente di guida per la durata, pari al minimo edittale, di anni 1, dedotto il periodo di sospensione pre-sofferto, e della confisca del motociclo (…) targato (…), di proprietà dell’imputato.

P.Q.M.

Visti gli artt. 442, 533 e 535 c.p.p.

Dichiara (…) responsabile del reato a lui ascritto ed, esclusa l’aggravante di cui all’art. 187 c. 1 bis Codice della Strada e riconosciute le circostanze attenuanti generiche, lo condanna alla pena di mesi 2 di arresto ed Euro 500,00 di ammenda oltre al pagamento delle spese processuali (pena base mesi 6 di arresto e 1.500,00 Euro di ammenda, ridotta in virtù delle circostanze ex art. 62 bis c.p. alla pena di 4 di arresto e 1.000,00 Euro di ammenda, ulteriormente ridotta come sopra per effetto del rito prescelto).

Visto l’art. 187, c. 1 D.Lgs. n. 285 del 1992

Applica nei confronti dell’imputato le sanzioni amministrative accessorie della sospensione della patente di guida per la durata di anni 1, dedotto il periodo di sospensione pre-sofferto, e della confisca del motociclo (…) Monster targato (…), di proprietà dell’imputato.

Visto l’art. 187 comma 8 bis D.Lgs. n. 285 del 1992,

sostituisce la pena come sopra determinata con quella della prestazione di attività non retribuita in favore della collettività, da svolgere presso il Comune di Rivalta, per la durata di mesi 2 di arresto ed Euro 500,00 di ammenda, corrispondenti a rispettivamente a 120 e 4 ore pari a complessive ore 124, ogni giorno, dal lunedì al venerdì, per una durata di almeno 2 ore ogni volta o comunque secondo il calendario che sarà indicato dall’ente, sentito il condannato, compatibilmente alle esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute di quest’ultimo e comunicato a cura dell’imputato e del Comune sopra indicato all’UEPE di Torino e alla cancelleria di questo giudice per il conseguente inserimento nel fascicolo processuale.

Invita l’imputato a presentarsi presso l’ente indicato nel termine massimo di mesi quattro dalla data del passaggio in giudicato della presente sentenza e comunque ad iniziare la citata attività lavorativa in un periodo compreso tra il lunedì successivo alla pronuncia della presente sentenza e non oltre mesi quattro dal passaggio in giudicato della presente sentenza.

Incarica l’UEPE di Torino di verificare l’effettivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità e manda alla cancelleria per la relativa comunicazione

Motivazione letta in udienza.

Così deciso in Torino il 19 marzo 2021. Depositata in Cancelleria il 19 marzo 2021.


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