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Che fare se il venditore indica una classe energetica più alta?

20 Ottobre 2021 | Autore:
Che fare se il venditore indica una classe energetica più alta?

Si può denunciare chi vende una casa se la classe energetica è diversa rispetto a quella indicata nel rogito notarile?

Immagina di aver acquistato un appartamento da una ditta di costruzioni e che questa, nell’atto di compravendita, abbia dichiarato una classe energetica più alta di quella effettiva. Una volta rilevato l’inganno grazie alla perizia di un tecnico, ti decidi di agire nei confronti del venditore. Potresti denunciarlo per truffa o comunque chiedere la restituzione del prezzo corrisposto? La questione è stata affrontata dalla Cassazione [1]. La Corte ha spiegato che fare se il venditore indica una classe energetica più alta. Cerchiamo di fare il punto della situazione. 

Classe energetica più bassa: è truffa?

Sotto un aspetto penale, chi vende un immobile con una classe energetica più bassa di quella dichiarata non risponde del reato di truffa. Secondo la Cassazione, infatti, la truffa presuppone un inganno che non può ridursi alla mera reticenza o a una dichiarazione inesatta. Sono necessari gli artifici e dei raggiri di cui va fornita la prova. Quindi, il semplice fatto di vendere un bene con qualità diverse rispetto a quelle promesse costituisce un semplice illecito civilistico, fonte tutt’al più di risarcimento del danno. Nessun reato, pertanto, può configurare tale condotta, con conseguente inammissibilità della querela. E questo perché la dichiarazione di una classe energetica più alta di quella effettiva potrebbe non dipendere da dolo (malafede) ma anche da colpa, ossia da un situazione che non dipende dalla volontà del venditore (come nel caso di errore o negligenza del tecnico che ha redatto la certificazione). 

Classe energetica più bassa: il risarcimento del danno

Vendere un bene con caratteristiche diverse da quelle promesse costituisce un inadempimento contrattuale. Da esso deriva l’obbligo del risarcimento per via del deprezzamento del valore del bene. 

Con la conseguenza che l’acquirente avrà tre alternative:

  • se l’inadempimento è grave, di entità tale cioè che, se conosciute in partenza le reali condizioni del bene, il contratto non sarebbe mai stato concluso, è possibile chiedere alternativamente:
    • la risoluzione del contratto (ossia lo scioglimento dell’accordo, il rimborso del prezzo dietro restituzione dell’immobile) oltre al risarcimento del danno per le conseguenze subite (si pensi ai costi notarili, al trasferimento di mobilia, ecc.);
    • il risarcimento del danno rapportato al deprezzamento del bene di cui però si vuol mantenere la proprietà e alle spese sostenute per il maggior consumo energetico (riscaldamento e raffreddamento dell’immobile acquistato);
  • se l’inadempimento non è grave, è possibile solo chiedere una riduzione del prezzo di acquisto (e quindi un parziale rimborso di ciò che si è già versato);
  • è infine possibile chiedere, laddove tecnicamente possibile, l’adeguamento dell’immobile alla classe energetica dichiarata a spese del venditore. 

Ai fini del risarcimento del danno, si può ritenere che la responsabilità diretta nei confronti dell’acquirente sia del venditore, il quale potrà eventualmente rivalersi nei confronti del certificatore se l’indicazione impropria della classe energetica è dovuta a un errore commesso da quest’ultimo.

Non è invece ipotizzabile una responsabilità del notaio non avendo questi la competenza professionale per verificare le attribuzioni energetiche dell’immobile ma dovendo solo controllare la sussistenza dell’Ape (attestazione di prestazione energetica) allegata all’atto di vendita.

Se infine, l’acquirente ha stipulato solo il compromesso (ossia il “contratto preliminare”) può decidere di sottrarsi all’obbligo di stipulare il contratto definitivo e quindi di rogitare.

Quando è possibile denunciare per truffa il venditore della casa?

La querela per truffa può scattare solo a patto che vi sia la prova dell’esistenza di un progetto fraudolento del venditore sfociato nell’atto di compravendita o anche di un dolo successivo al momento della stipula. Il venditore insomma si deve essere impegnato a falsificare i documenti, inducendo in errore l’acquirente in modo da non fargli comprendere la realtà dei fatti.


note

[1] Cass. sent. n. 31933/2021.

[2] Cass. sent. n. 76305/2006.

Autore immagine: depositphotos.com

Cassazione penale sez. II, 22/06/2021, (ud. 22/06/2021, dep. 24/08/2021), n.31933

RITENUTO IN FATTO

1.Con l’impugnata sentenza la Corte d’Appello di Milano confermava la decisione del Tribunale di Pavia in data 7/2/2019 che aveva assolto T.R. e D.E. dal delitto di truffa aggravata loro ascritto in rubrica per insussistenza del fatto.

1.1 Si ascrive al T., in veste di progettista e direttore dei lavori, e al D. quale amministratore unico della srl Roccia, proprietaria ed esecutrice dei lavori di realizzazione del complesso immobiliare sito in (OMISSIS), di aver concursualmente posto in essere artifizi e raggiri, consistiti nell’infedele attestazione di una classe energetica (A) difforme da quella effettiva nonché della piena conformità delle opere al progetto, con conseguente induzione in errore degli acquirenti delle unità immobiliari in relazione alla stipula del contratto e al prezzo d’acquisto.

Il primo giudice, dopo aver ripercorso gli esiti dell’istruttoria dibattimentale, riteneva non raggiunta la prova che le difformità enucleate nel capo d’incolpazione fossero frutto di artifizi e raggiri in danno degli acquirenti e revocava in dubbio la stessa sussistenza di un danno da deprezzamento degli immobili, evidenziando che gli elementi acquisiti potevano assumere rilievo esclusivamente in sede civile. La Corte d’Appello, investita dell’impugnazione della parte civile, condivideva siffatta valutazione, affermando che la questione posta dall’appellante circa il rilievo della classe energetica nella determinazione all’acquisto degli immobili attiene al profilo prettamente civilistico della vicenda, che in sede penale deve essere scrutinata alla luce degli elementi costitutivi della fattispecie ex art. 640 c.p. contestata. Ribadiva, quindi, che il dibattimento non ha consentito il raggiungimento della prova oltre ogni ragionevole dubbio che la classe energetica, certificata in maniera difforme da quella effettiva, fosse frutto di un accordo tra il T. e il certificatore energetico e non di un mero errore.

Aggiungeva che la natura decettiva della compravendita effettuata dalla p.c. non può nemmeno essere inferita dalla circostanza che il certificato ACE sia stato rilasciato in base a dati teorici, dal momento che la classificazione energetica fu operata quando gli immobili erano in costruzione e in assenza di verifiche sul campo del tecnico certificatore. I giudici d’appello sottolineavano, dunque, che l’allegazione all’atto di compravendita della certificazione ACE con classificazione A, sulla base di valutazioni che concernevano l’intero complesso immobiliare (che inizialmente prevedeva la realizzazione di quattro palazzine), è inidonea a provare, quantomeno sotto il profilo del dolo, l’integrazione della fattispecie. Ad analoghe conclusioni pervenivano in relazione alla conclusione del contratto di servizio energia, anch’esso stipulato prima dell’ultimazione della palazzina in base al fabbisogno energetico stimato sul presupposto che l’intero complesso fosse ultimato sicché si è in presenza di una diagnosi energetica rivelatasi solo ex post errata. Con riguardo alla dichiarazione di conformità delle opere, risultate parzialmente difformi, la sentenza impugnata ha osservato che dalla deposizione del teste F. non consta che dette difformità abbiano comportato un minor costo delle opere o una diversa resa sicché anche detto profilo della contestazione assume rilevanza meramente civilistica.

2. Ha proposto ricorso per Cassazione il difensore e procuratore speciale di M.L.R., Avv. Fabio Zanati, deducendo con unico motivo la manifesta illogicità della motivazione e il travisamento della prova per omissione. La ricorrente contesta il rilievo meramente civilistico accreditato dalla Corte d’Appello alla questione relativa all’incidenza nel negozio contrattuale della prospettata ricomprensione dell’immobile compravenduto nella classe energetica A, in contrasto con la giurisprudenza di legittimità che ha evidenziato come il dolo costitutivo del delitto di truffa non sia ontologicamente diverso da quello che vizia il consenso negoziale. In detta prospettiva appare del tutto rilevante la verifica circa il determinismo sulla fase di conclusione della compravendita della non veritiera classificazione energetica e sull’induzione in errore della parte civile. Secondo la difesa le emergenze acquisite e disattese dalla Corte di merito provano la condotta illecita degli imputati mentre le iniziative delle pp.00. confermano che le stesse avrebbero assunto una determinazione contraria all’acquisto sicché risulta irrilevante la dimostrazione di una collusione fra certificatore e venditore dal momento che l’attestato di certificazione energetica è un documento che gode di fede pubblica ed e’, pertanto, idoneo ad ingenerare nell’acquirente la legittima aspettativa di quanto nello stesso dichiarato.

Parimenti illogica, secondo la ricorrente, è la pretesa impossibilità di ricondurre al T. l’erroneità del certificato di classificazione energetica in quanto rilasciato sulla base di dati teorici, forniti dall’imputato, senza alcun sopralluogo tecnico del certificatore mentre le opere non erano ancora ultimate, sebbene dall’istruttoria dibattimentale risulti che i dati forniti al certificatore dal T. non erano rispondenti al vero in quanto presupponevano l’esatto completamento delle opere in conformità al progetto originario. In conclusione, secondo la difesa la responsabilità del venditore e del direttore dei lavori sussiste nel caso specifico per il sol fatto di aver consentito e concorso alla divulgazione di dati non veritieri. Quanto al contratto di servizio energia stipulato sulla base di un certificato energetico erroneo, non appare condivisibile l’assunto che lo stesso sia lecito solo in quanto stipulato prima dell’ultimazione delle opere e, quindi, sulla base di un fabbisogno energetico sovrastimato dal momento che la normativa di riferimento richiede la corretta individuazione della classe energetica e una preventiva diagnosi energetica. Inoltre, la transazione intervenuta tra il Condominio (OMISSIS) e la Gestione Multiservice (Consorzio Tesi) attesta l’importante rideterminazione al ribasso degli importi per i consumi e per la riqualificazione della centrale termica rispetto a quelli prospettati contrattualmente.

2.1 II difensore della ricorrente parte civile ha depositato memoria e conclusioni scritte, chiedendo l’affermazione di responsabilità degli imputati agli effetti civili e la condanna al risarcimento dei danni. I difensori degli imputati D. e T. hanno depositato memorie con le quali instano per la declaratoria d’inammissibilità del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza delle censure proposte. Le conformi sentenze di merito, le cui motivazioni si saldano in un unitario apparato giustificativo in ragione dell’omogeneità dei criteri valutativi e degli esiti attinti, hanno analiticamente scrutinato le condotte strumentali, di carattere asseritamente artificioso, finalizzate all’induzione in errore degli acquirenti delle unità immobiliari del Condominio di Via (OMISSIS), escludendo la ravvisabilità degli estremi costitutivi dell’ipotizzato reato.

Il primo giudice ha chiarito, con affermazioni che la difesa della p.c. non contesta, che la centrale termica, originariamente realizzata da G.m. sulla base di un progetto che ne prevedeva la funzione di servizio a favore di quattro palazzine, non completate per la crisi del mercato immobiliare, era di elevato livello tecnologico, idonea a porre l’immobile nella classe energetica A e coincidente con il progetto. La mancata realizzazione dell’intero complesso immobiliare su cui la centrale elettrica era calibrata ne ha comportato la sottoutilizzazione con conseguenti costi di gestione in perdita.

La certificazione energetica ACE fu rilasciata da professionista abilitato sulla base di dati forniti dalla società Varesi Controlli con riguardo all’impianto di cogenerazione e dalla soc. Ambiente e Architettura, riferibile al T., per la parte edile, mentre la palazzina era ancora in costruzione e sulla base di dati standard riferiti ai parametri predisposti dalla Regione Lombardia. In sede di rogito vennero riportati sia l’attestazione ACE sia il contratto energia stipulato con la soc. Tesi, soggetto terzo responsabile della realizzazione e gestione dell’impianto di cogenerazione.

3.1 La tesi d’accusa postula, attesa la contestazione in forma concursuale dell’illecito, la fraudolenta e temporalmente protratta sinergia illecita della società proprietaria e costruttrice degli immobili (e per essa dell’amministratore unico D.) e del direttore dei lavori T., perseguita certificando l’immobile come di classe energetica A, concludendo un contratto servizio energia non sostenuto da un’adeguata diagnosi energetica e attestando la regolarità delle opere nonostante parziali difformità al fine di indurre in errore gli acquirenti delle unità immobiliari e lucrare prezzi maggiorati. Nella specie, come correttamente rilevato dai giudici di merito, le emergenze scrutinate non danno conto della natura intrinsecamente e finalisticamente artificiosa delle condotte richiamate né del necessario nesso eziologico rispetto all’induzione in errore a fini di profitto con altrui danno.

4. Osserva il Collegio che la giurisprudenza di questa Corte con orientamento costante ritiene che il reato di truffa è reato istantaneo e di danno, che si perfeziona nel momento in cui alla realizzazione della condotta tipica da parte dell’autore abbia fatto seguito la “deminutio patrimonii” del soggetto passivo, (Sez. U, n. 18 del 21/06/2000, Rv. 216429; Sez. 2,n. 20025 del 13/4/2011,Rv. 250358; n. 11102 del 14/02/2017, Rv. 269688) mentre, in tema di truffa contrattuale, l’elemento che imprime al fatto dell’inadempienza il carattere di reato è costituito dal dolo iniziale, che, influendo sulla volontà negoziale di uno dei due contraenti – determinandolo alla stipulazione del contratto in virtù di artifici e raggiri e, quindi, falsandone il processo volitivo -, rivela nel contratto la sua intima natura di finalità ingannatoria (ex multis, Sez. 2, n. 39698 del 13/09/2019, Rv. 277708).

Nella specie, la prospettiva d’accusa valorizza in termini strumentali condotte che sotto il profilo temporale appaiono significativamente distanti dalla stipula dei contratti di compravendita, in assenza di elementi che depongano per l’esistenza e la condivisione da parte degli imputati di un progetto fraudolento sfociato negli atti negoziali incriminati ovvero attestino almeno un dolo superveniens nel momento della stipula con la piena consapevolezza da parte del venditore della mancata rispondenza delle caratteristiche costruttive documentate in pregiudizio degli acquirenti.

La sentenza di questa Corte, Sez. 2, n. 16644 del 10/3/2017, è impropriamente richiamata dalla difesa, trattandosi di precedente delle cui connotazioni fattuali non si rinviene cenno nella decisione e nella quale l’affermazione che l’affidamento dell’imputato sulle certificazioni dei tecnici in ordine alla classe energetica non si presta ad escludere il dolo non può che essere rapportata al caso concretamente scrutinato, senza essere elevato a principio di diritto.

Nel caso a giudizio l’ipotesi accusatoria, alla quale i giudici di merito hanno doverosamente rapportato la verifica delle emergenze probatorie acquisite, è connotata da una dilatazione temporale e da una pluralità di condotte strumentali che non appaiono cementate in una direzione chiaramente decettiva, alla luce del quadro fattuale ben ricostruito dai giudici territoriali. Infatti, il reato di cui all’art. 640 c.p. può considerarsi realizzato solo quando i singoli elementi indicati dalla norma, ovvero l’uso di artifici o raggiri, l’errore del soggetto passivo, il conseguimento di un ingiusto profitto con altrui danno siano collegati, tanto sotto il profilo oggettivo quanto nella rappresentazione e volontà dell’agente, da un nesso di causa ad effetto e tale collegamento deve formare oggetto di un’indagine particolarmente accurata nel caso della truffa cd contrattuale. Siffatta disamina, nel caso di specie, attinge esiti liberatori, la cui giustificazione non presta il fianco a censura sotto il profilo della corretta e congruenza motivazionale.

5. Alla stregua delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria precisata in dispositivo, non ravvisandosi ragioni d’esonero.

Deve aggiungersi che entrambi gli imputati hanno chiesto la condanna della ricorrente alla rifusione delle spese in loro favore e detta istanza deve trovare accoglimento. Questa Corte ha, infatti, in più occasioni precisato che l’inammissibilità del ricorso avverso la sentenza di assoluzione in grado d’appello, proposto dalla persona offesa costituita parte civile, comporta la condanna di quest’ultima a rifondere all’imputato, che ne abbia fatto richiesta, le spese sostenute nel giudizio di legittimità; detta statuizione, ancorché non prevista espressamente dal codice di rito penale, deve essere adottata in base al principio generale di causalità e di soccombenza, di cui sono espressione non solo l’art. 541 c.p.p., comma 2 e art. 592 c.p.p., comma 4, ma, più in generale, l’art. 91 c.p.c., che viene in causa trattandosi di un giudizio di impugnazione che, pur se ispirato da finalità anche di ordine penale, è stato comunque promosso a iniziativa di una parte privata rimasta soccombente nei confronti di un’altra (Sez. 1, n. 11175 del 22/01/2021, Rv.280901; Sez. 6, n. 54641 del 27/9/2018, Rv.274635; Sez. 5, n. 16614 del 12/1/2017, Rv. 269675).

PQM

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.

Condanna, altresì, la ricorrente al pagamento in favore di T.R. e D.E. delle spese di assistenza e di difesa che liquida in Euro tremila ciascuno.

Così deciso in Roma, il 22 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 agosto 2021


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