C’è furto in abitazione anche se il ladro ha rubato all’interno di un autocaravan? Quali sono i luoghi di privata dimora?
La legge punisce ogni sottrazione illecita di beni altrui. Si tratta del comune reato di furto, sanzionato più o meno severamente a seconda delle modalità con cui ha agito il ladro. Nello specifico, la legge punisce con particolare rigore il furto in abitazione, cioè quello commesso nei luoghi di privata dimora. Questo tipo di delitto può dirsi integrato anche se il fatto è avvenuto nell’abitacolo di una macchina oppure in un autocaravan? Che reato è rubare nel camper?
Sul punto, la giurisprudenza è stata a lungo divisa: c’era chi sosteneva che il camper non potesse essere equiparato a un luogo di dimora in quanto mezzo di trasporto e chi, al contrario, esaltava la funzione “abitativa” di tale veicolo. Sul punto, ha fatto chiarezza una recente sentenza della Corte di Cassazione. Che reato è rubare in un camper? Scopriamolo insieme.
Quando c’è furto?
Il furto è il reato più semplice del mondo: è sufficiente appropriarsi di una cosa altrui per integrarlo. L’importante è che ci siano la volontà e la consapevolezza di impossessarsi di un bene non proprio.
È furto anche rubare nell’interesse altrui: è il caso del marito che ruba una collana per regalarla alla moglie.
È furto anche se si ruba a chi non è proprietario. Ad esempio, sottrarre un telefonino a una persona che sta custodendo l’oggetto per conto del suo proprietario è comunque furto.
Furto in abitazione: cos’è?
Il furto in abitazione non è altro che il furto commesso violando il domicilio altrui.
Per la precisione, secondo la legge, commette questo reato chi, al fine di rubare, si introduce in un edificio o in altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora, oppure nelle pertinenze di essa [1].
È chiaro dunque che l’intero reato di furto in abitazione ruota intorno alla nozione di privata dimora. Se non ci sono dubbi che per essa si debba intendere la casa in cui si vive abitualmente, maggiori dubbi sorgono in relazione ad altri ambienti, come ad esempio la stanza d’albergo, l’abitacolo dell’auto e il camper. Vediamo cosa dice la giurisprudenza.
Quando c’è furto in abitazione?
Secondo la Corte di Cassazione [2], il reato di furto in abitazione scatta in tutti quei casi in cui il furto interessi un luogo, anche se in una struttura lavorativa o produttiva, che sia inaccessibile al pubblico e in cui si svolgano in maniera costante atti di vita privata.
Commette dunque furto in abitazione chi entra, senza permesso e col fine di rubare, nell’ufficio di lavoro di un’altra persona, nel suo studio professionale oppure nel suo negozio. Secondo la Cassazione, è furto in abitazione anche quello commesso in un ristorante [3].
Come spiegato nell’articolo “Rubare in un box è furto in abitazione?“, è furto in abitazione anche quello commesso nel garage o nel box di pertinenza dell’abitazione (con le eccezioni che vedremo).
Secondo la Corte di Cassazione [4], integra il delitto di furto in abitazione anche la condotta di colui che commette il fatto all’interno di un campo di tennis inserito in un complesso alberghiero, considerato che esso costituisce pertinenza dell’albergo.
Secondo una recente sentenza della Cassazione [5], invece, non c’è furto in abitazione se il delitto è avvenuto in un garage che si trova a molta distanza dall’immobile principale.
Rubare nel camper: è furto in abitazione?
Rubare in un camper è furto in abitazione? Secondo una recente sentenza della Corte di Cassazione [6], il camper costituisce luogo di privata dimora quando ne sia in concreto accertata la destinazione all’espletamento di attività tipiche della vita privata, diverse dal mero utilizzo come mezzo di locomozione.
In pratica, occorre verificare di volta in volta se il camper è utilizzato dal suo proprietario prevalentemente come mezzo di spostamento da un luogo all’altro oppure come “abitazione” su ruote.
Insomma: c’è bisogno di accertare l’uso concreto di tale mezzo da parte della persona offesa al fine di qualificare il fatto come furto semplice oppure come furto in abitazione, quest’ultimo punito in modo più severo.
Secondo altre sentenze della Cassazione [7], anche il camper costituisce luogo di privata dimora per la naturale destinazione all’uso abitativo quale “casa mobile”, nella quale si espletano attività della vita privata.
Il camper, però, non può essere considerato automaticamente luogo di privata dimora solo in virtù della sua strutturale idoneità a svolgere una funzione abitativa, occorrendo accertare che, in concreto, in esso, si siano svolte attività tipiche della vita privata.
Dunque, chi ruba in un camper utilizzato per abitarvi durante lo spostamento da un posto all’altro (si pensi ai turisti che si muovono durante le vacanze), allora il fatto costituirà furto in abitazione.
Al contrario, rubare in un camper che è sempre fermo senza essere utilizzato, oppure che viene impiegato dal proprietario solo per spostarsi da un luogo a un altro senza abitarvi (si pensi a chi usa il camper per raggiungere la casa al mare oppure un albergo), allora si avrà il reato di furto (eventualmente aggravato dalla violenza sulle cose, se per accedervi si forza la portiera o si rompe il finestrino).
note
[1] Art. 624-bis cod. pen.
[2] Cass., sent. n. 31345 del 22 giugno 2017.
[3] Cass., sent. n. 24763/2015.
[4] Cass., sent. n. 4569/2011.
[5] Cass., sent. n. 27326/2021.
[6] Cass., sent. n. 36164 del 5 ottobre 2021.
[7] Cass., sent. n. 38236 del 14 settembre 2016.
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Corte di Cassazione, sentenza n. 36164 – udienza 22/09/2021 – dep. 05/10/2021
SENTENZA
sul ricorso proposto da: HUSOVIC GERMANO nato a PARMA il 07/07/1997 avverso la sentenza del 17/02/2021 della CORTE APPELLO di BOLOGNAvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE PAVICH; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore FELICETTA MARINELLI che ha concluso chiedendo Il Proc. Gen. conclude per l’inammissibilita’ udito il difensore
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
- Germano Husovic ricorre avverso la sentenza con la quale, in data 17 febbraio 2021, la Corte d’appello di Bologna ha confermato la condanna emessa a suo carico dal Tribunale di Reggio Emilia il 27 ottobre 2020, all’esito di giudizio abbreviato, in relazione ai delitti di furto in abitazione di vari oggetti e valori (tra cui una carta di credito) in danno di Hampel Samir, nonché di indebito utilizzo della carta di credito rubata, con la recidiva reiterata specifica e infraquinquennale: fatti contestati come commessi il 30 luglio 2019 ed aggravati dal nesso teleologico. Tre i motivi del ricorso, articolati promiscuamente per violazione di legge e vizio di motivazione.
1.1. Con il primo il ricorrente denuncia la ravvisata aggravante del nesso teleologico, contestando che l’azione furtiva fosse stata eseguita in vista dell’ulteriore e specifico scopo di utilizzare la carta di credito, il cui rinvenimento non era prevedibile, specie se si considera che l’autore non poteva ipotizzare di rinvenire i codici che ne consentissero l’utilizzo.
1.2. Con il secondo motivo il deducente lamenta la qualificazione del camper ove avvenne il furto come “privata dimora” e censura, conseguentemente, l’inquadramento giuridico della condotta ex art. 624-bis: ragionando in via ipotetica, a tale stregua dovrebbe qualificarsi come privata dimora anche un’autovettura, ciò che notoriamente non é possibile.
1.3. Con il terzo motivo il ricorrente censura il rilevo attribuito alla recidiva e il giudizio di equivalenza, anziché di prevalenza, delle attenuanti generiche.
2. Il ricorso é inammissibile.
2.1. Quanto al primo motivo, é agevole constatare che la circostanza aggravante comune del nesso teleologico, che ha natura soggettiva, trova fondamento nella consapevole accettazione della commissione di un altro reato, sì che la stessa é pienamente compatibile col dolo indiretto nelle sue due forme del dolo alternativo e di quello eventuale (vds. da ultimo Sez. 5, Sentenza n. 57488 del 06/11/2017, Pesarini, Rv. 271873: fattispecie in tema di furto di un portafoglio e indebito utilizzo di carta di pagamento in esso rinvenuta); in tal senso é di tutta evidenza che il rinvenimento, a seguito dell’azione furtiva, di mezzi di pagamento come carte di debito o di credito suscettibili di utilizzo rientra nella generica rappresentazione degli sviluppi possibili dell’azione criminosa, accettati (quand’anche non direttamente voluti) dal soggetto attivo.
2.2. Quanto al secondo motivo, é pacifico in giurisprudenza che ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 624-bis cod. pen., il camper costituisce luogo di privata dimora quando ne sia in concreto accertata la destinazione all’espletamento di attività tipiche della vita privata, diverse dal mero utilizzo come mezzo di locomozione (da ultimo Sez. 5, Sentenza n. 2670 del 24/09/2018, dep. 2019, Serghie, Rv. 275486); sul punto la sentenza impugnata chiarisce espressamente che l’Hampel era in vacanza assieme alla famiglia con il predetto mezzo, a nulla rilevando il fatto che gli occupanti fossero momentaneamente usciti, di tal che é evidente l’utilizzo del camper, nel caso di specie, come privata dimora.
2.3. Quanto infine al terzo motivo, la mancata esclusione della recidiva é stata adeguatamente, ancorché sinteticamente, argomentata, in termini pienamente compatibili con quanto al riguardo affermato dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Sez. 6, Sentenza n. 56972 del 20/06/2018, Franco, Rv. 274782); conseguentemente il bilanciamento delle attenuanti in regime di prevalenza trova insormontabile ostacolo nell’art. 69, ultimo comma, cod. pen., oltreché nei limiti del giudizio di legittimità in tema di comparazione fra circostanze di segno diverso (cfr. Sez. U, Sentenza n. 10713 del 25/02/2010, Contaldo, Rv. 245931).
3. Alla declaratoria d’inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali; ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», il ricorrente va condannato al pagamento di una somma che si stima equo determinare in C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 22 settembre 2021.