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Cosa rischia l’avvocato che non invia il modello 5?

20 Ottobre 2021 | Autore:
Cosa rischia l’avvocato che non invia il modello 5?

Mod.5: sanzioni amministrative e disciplinari per l’avvocato che non invia o ritarda l’invio del Mod. 5 o che non versa i contributi. 

La compilazione del modello 5, ossia la dichiarazione ai fini del calcolo dei contributi previdenziali, è un obbligo che compete ad ogni avvocato iscritto all’albo. Cosa rischia l’avvocato che non invia il modello 5? La risposta è contenuta in alcune pronunce della giurisprudenza. Tra sanzioni amministrative e sanzioni disciplinari, il legale che non invia il Modello Cinque alla Cassa può subire diverse conseguenze. Ma procediamo con ordine.

Cos’è il Modello 5?

Il Modello Cinque (Mod. 5) è una comunicazione che ogni avvocato iscritto all’albo è tenuto a fare alla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense, a partire dall’anno successivo alla stessa iscrizione e fino all’anno successivo alla cancellazione. Serve per indicare il reddito professionale (Irpef) e il volume d’affari (Iva) percepito durante l’anno precedente e, sulla base di questo, pagare il contributo soggettivo di base che è obbligatorio, un contributo modulare che è volontario ed un contributo integrativo. L’entità di tali contributi varia appunto in base ai dati forniti dal professionista nel Mod. 5.

Il Modello 5 va inviato entro il 30 settembre di ogni anno.

Anche i praticanti abilitati al patrocinio ed iscritti alla Cassa devono inviare il Modello Cinque. 

Come vengono calcolati i contributi dovuti alla Cassa dall’avvocato?

Il contributo soggettivo di base obbligatorio è pari al 14% del reddito professionale dichiarato ai fini Irpef fino a 97.850,00 euro e al 3% sulla parte del reddito eccedente tale tetto. 

In ogni caso, il contributo minimo da versare è pari a 2.815,00 euro. Tale percentuale ha subìto nel tempo la seguente variazione: 14,5% dal 2017, 15% dal 2021.

Agevolazioni sono previste per i praticanti, per gli iscritti all’albo con non più di 34 anni e per gli avvocati con un reddito dichiarato non superiore a 10.300 euro.

Avvocato non invia il Modello 5 alla Cassa: sanzioni amministrative

L’avvocato che non invia il Modello 5 subisce una condanna al pagamento di sanzioni amministrative nei confronti della Cassa Forense [1]. 

Le sanzioni sono parametrate in base al tipo di illecito:

  • per l’omesso invio del Mod. 5 la sanzione è pari a 448 euro;
  • per un ritardo di non più di 30 giorni nell’invio del Mod. 5 è prevista una sanzione di 88 euro;
  • per un ritardo di più di 30 giorni, ma entro il 31 dicembre dell’anno in cui deve essere presentata la dichiarazione, la sanzione è di 179 euro;
  • per il ritardato nell’invio mod. 5 oltre il 31 dicembre dell’anno in cui deve essere presentata la dichiarazione, la sanzione è di 270 euro.

Nel caso di nuovo iscritto all’albo, se il ritardo si riferisce al primo e al secondo anno dall’iscrizione non è prevista alcuna sanzione, così come non è prevista nel caso di ritardato invio da parte del praticante. 

La sanzione infine è di 88 euro in caso di ritardato invio del mod. 5 per chi ha un reddito pari a zero.

Le sanzioni sono previste solo per l’omesso o ritardato invio del Mod.5. Non sono invece previste sanzioni per il mancato invio del Mod. 5/ bis, ossia il modello dovuto da studi associati e società tra professionisti (Stp) comprendenti almeno un soggetto obbligato all’invio del Mod. 5 individuale. 

Sanzioni amministrative per l’avvocato che non versa i contributi

Diverso è il caso dell’avvocato che, pur avendo correttamente inviato il Modello Cinque, non versa poi i contributi previdenziali alla Cassa. In tali ipotesi, le sanzioni sono pari a:

  • in caso di omissione totale del versamento: 24% sul dovuto;
  • in caso di omissione parziale del versamento: 1% sul dovuto;
  • in caso di ritardato versamento di non oltre 8 giorni: sono dovuti solo gli interessi;
  • in caso di ritardato versamento da 9 a 30 giorni: 4% sul dovuto;
  • in caso di ritardato versamento da 31 a 150 giorni: 6% sul dovuto;
  • in caso di ritardato versamento di oltre 150 giorni: 10% sul dovuto.

Che succede in caso di caso di sanzione amministrativa?

In caso di violazioni per mancato o tardivo invio del Mod. 5 oppure per omesso o parziale versamento dei contributi la Cassa deve notificare una contestazione nel termine di 90 giorni dalla violazione e poi notificare l’ordinanza ingiunzione. Quindi, si passa alla riscossione coattiva della sanzione tramite la notifica della cartella esattoriale avente ad oggetto le sanzioni dovute all’ente previdenziale.

Il termine di prescrizione

Le sanzioni amministrative per il mancato o tardivo invio del Mod. 5 o per l’omesso o parziale versamento dei contributi si prescrivono in 5 anni da quando si è perfezionato l’illecito ossia dalla scadenza del termine in cui la comunicazione o il versamento dovevano essere eseguiti [2]. In particolare, la Cassazione fa iniziare il decorso della prescrizione dal giorno successivo alla scadenza dei trenta giorni dalla data prevista per la dichiarazione annuale dei redditi nel caso dell’omesso invio del mod. 5.

Sanzioni disciplinari per l’avvocato che non invia il Modello 5

Come chiarito dalle Sezioni Unite della Cassazione [3], l’avvocato che non invia il Modello Cinque alla Cassa Nazionale Forense rischia, oltre alle sanzioni amministrative appena viste, anche la sospensione a tempo indeterminato dall’albo. E ciò anche se non iscritto all‘Albo professionale ed alla medesima Cassa forense.

Spetterà al competente Consiglio dell’Ordine, su segnalazione della Cassa Forense, valutare il comportamento sul piano disciplinare o della sospensione dell’iscritto dall’esercizio della professione, sanzione da adottarsi nelle forme del procedimento disciplinare.


note

[1] Cass. ord. n. 23373/2021.

[2] Cass. sent. n. 27509/2019. 

[3] Cass. S.U. sent. n. 9184/2012.

Autore immagine: depositphotos.com

Cassazione civile sez. un., 07/06/2012, (ud. 07/02/2012, dep. 07/06/2012), n.9184

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Pescara,con deliberazione dell’8 luglio 2010,a conclusione del procedimento avviato ai sensi della L. n. 576 del 1980, art. 17, comma 5, su segnalazione del Servizio Tributi della Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense, sospese a tempo indeterminato dall’esercizio della professione l’avvocato C.B., iscritto nel locale albo, per aver il medesimo omesso di ottemperare alla richiesta di invio al suddetto ente previdenziale del c.d. “Modello 5/2002”, relativo al volume di affari prodotto e dichiarato al fisco nell’anno 2001.

Avverso il suddetto provvedimento il suddetto professionista propose tempestivo ricorso al Consiglio Nazionale Forense,deducendo l’estinzione della subita “misura cautelare accessoria” per prescrizione,quale conseguenza di quella,già ritenuta dal C.O.A., dell’illecito disciplinare di cui all’art. 15 del Codice Deontologico Forense e,nel merito, di non essere tenuto all’invio del citato “modello. 5”, in mancanza della propria iscrizione alla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense,a tanto non essendo sufficiente quella i all’albo professionale, al riguardo richiamando l’interpretazione dell’art. 17, comma 1 della legge sopra citata fornita da due sentenze (le nn. 233/06 e 24784/09) della Sezione Lavoro di questa Corte.

Il ricorso, cui aveva resistito il C.O.A. di Pescara,venirne respinto dal C.N.F. con decisione n. 307 del 24.2.2011,depositata e pubblicata il 1.6.2011,ritenendo: a) che la permanenza della condotta omissiva contestata avesse comportato la non decorrenza del termine prescrizionale; b) l’ineludibilità dell’obbligo di comunicazione,nella specie rimasto inevaso,sussistente a carico di “ogni avvocato italiano”; c) l’inconferenza della richiamata giurisprudenza,in quanto relativa a casi di avvocati esercenti in Italia, ma iscritti in albi professionali e casse previdenziali di paesi esteri appartenenti all’Unione Europea.

Avverso tale decisione l’avv. C. ha proposto tempestivo ricorso a queste Sezioni Unite, affidato ad un unico motivo.

L’intimato Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Pescara non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

p.1. Con l’unico motivo di ricorso si censura, per “violazione della L. n. 576 del 1980, art. 17, comma 1, in relazione al R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 56, comma 3”, la reiezione del motivo d’impugnazione con il quale il ricorrente aveva dedotto di non essere tenuto ad inviare alla Cassa di Previdenza Forense la comunicazione prevista dall’art. 17 della legge citata (c.d. “modello 5”), per non essere egli iscritto alla medesima.

Al riguardo si sostiene che la ritenuta generalità dell’obbligo in questione,che secondo il C.O.A. di Pescara ed il Consiglio Nazionale Forense prescinderebbe dalla suddetta iscrizione e sarebbe imposto a tutti gli iscritti agli albi professionali forensi, indipendentemente dalla percezione di proventi o dalla eventuale iscrizione ad altre istituzioni di previdenza, si porrebbe in contrasto con la giurisprudenza di legittimità, già citata in narrativa,enunciante un principio di portata generale, secondo cui la norma in questione deve essere interpretata nel senso che il presupposto dell’obbligo della comunicazione de qua sia costituito dal duplice requisito della iscrizione alla Cassa di Previdenza Forense, oltre a quella nell’albo professionale.

p.2. Le censure sono infondate.

Ai sensi della L. 20 settembre 1980, n. 576, art. 17, comma 1, relativa alla riforma del sistema previdenziale forense, nel testo originario anteriore alla L. 24 febbraio 1997, n. 27 (che ha abolito la categoria dei procuratori legali), “tutti gli iscritti agli albi degli avvocati e dei procuratori nonchè i praticanti procuratori iscritti alla Cassa devono comunicare alla Cassa, con lettera raccomandatala inviare entro trenta giorni dalla data prescritta per la presentazione della dichiarazione annuale dei redditi, l’ammontare del reddito professionale di cui all’art. 10 dichiarato ai fini dell’IRPEF, nonchè il volume d’affari dichiarato ai fini dell’I.V.A. nel medesimo anno”.

Nei successivi commi quarto e quinto del medesimo articolo sono previste le conseguenze a carico di tali professionisti, per le ipotesi di inosservanza,o ritardo eccedente i novanta giorni, del suddetto adempimento, o di infedeltà della dichiarazione. Il relativo procedimento prevede la segnalazione,da parte della Cassa Forense, al competente C.O.A. ai fini della valutazione,da parte di quest’ultimo,del comportamento sul piano disciplinare o della sospensione dell’iscritto dall’esercizio della professione, sanzione quest’ultima da adottarsi, come è avvenuto nella specie,nella forme del procedimento disciplinare. Già il tenore letterale della riportata disposizione,in particolare l’uso della congiunzione distintiva “nonchè”, che separa l’indicazione delle prime due categorie professionali5quelle degli avvocati e dei procuratori (a loro volta accomunate dalla congiunzione copulativa “e”), dalla terza,quella dei praticanti procuratori,è connotato da un chiaro elemento semantico di riferibilità soltanto a questi ultimi delle successive parole “iscritti alla cassa”. Tale interpretazione trova riscontro,sotto il profilo sistematico, nella disciplina contenuta nell’art. 22 della legge medesima, che dopo aver previsto, al comma 1, l’obbligatorietà dell’iscrizione alla Cassa per tutti gli avvocati e procuratori che esercitino la libera professione con carattere di continuità e, nei successivi, le modalità di tale iscrizione (che di regola avviene a domanda dell’interessato, da presentarsi nell’anno successivo a quello del raggiungimento del minimo reddito o del volume di affari, di natura professionale, periodicamente fissati dal comitato dei delegati per l’accertamento dell’esercizio continuativo della professione e, solo in difetto di tale domanda ed in presenza dei requisiti reddituali o di volume d’affari, di ufficio a cura della giunta esecutiva, con conseguente recupero dei contributi arretrati,interessi e sanzione di cui all’art. 18, commi 3 e 4, oltre all’irrogazione di una penalità pari alla metà dei contributi), al sesto comma prevede che “l’iscrizione alla Cassa è facoltativa per i praticanti abilitati al patrocinio”.

La natura facoltativa di tale iscrizione fornisce, dunque, la chiara spiegazione della diversità dei presupposti soggettivi che, all’art. 17, comma 1 citato il legislatore ha previstoci fini dell’imposizione dell’obbligo di inviare la comunicazione de qua: mentre quest’ultima è obbligatoria per tutti gli avvocati (come lo era per la soppressa categoria dei procuratori) iscritti negli albi professionali nazionali, con le sole eccezioni di quelli iscritti anche in altri albi professionali ed alle relative casse previdenziali, che abbiano esercitato l’opzione a favore di una delle stesse, ove prevista (v.

D.M. 22 maggio 1997, art. 1, nn. 1 e 4, contenente il regolamento per l’applicazione della L. n. 576 del 1980, artt. 17 e 18), l’obbligatorietà della comunicazione per i praticanti avvocati (già praticanti procuratori) sussiste soltanto nel caso in cui gli stessi si siano avvalsi della facoltà, loro accordata dall’art. 22, comma 6, di iscriversi alla Cassa di previdenza.

p.3. Deve ritenersi pertanto non condivisibile il principio affermato,con carattere di generalità e non per i soli casi, del tutto particolari, specificamente esaminati (relativi ad avvocati, cittadini di paesi dell’Unione Europea, già iscritti negli albi dei paesi di provenienza ad alle relative casse previdenziali e, successivamente iscritti in albi professionali italiani..optanti per il mantenimento dell’iscrizione originaria) dalla Sezione Lavoro di questa Corte, secondo cui “l’inequivocabile dato letterale della disposizione” comporterebbe che il “presupposto dell’obbligo di comunicazione….sia costituito non già dalla sola iscrizione all’Albo degli avvocati ma si richiede anche il concorrente requisito dell’iscrizione alla Cassa di previdenza che si riferisce non solo ai praticanti procuratori, ma anche agli iscritti nell’albo degli avvocati (e in passato anche procuratori), pur individuando” la ratio di tale obbligo agganciato all’iscrizione alla Cassa…nell’utilità per la Cassa di conoscere i flussi di reddito professionale degli iscritti all’albo degli avvocati, destinatari o comunque potenziali destinatari di prestazioni previdenziali della Cassa stesso ed in ogni caso soggetti all’obbligo del contributo soggettivo”, (v. sent.

n. 233/06).

Tale interpretazione,oltre a non rispondere all’effettivo dato letterale della disposizione, per le ragioni in precedenza esposteci palesa apodittica, nella parte in cui esclude che il requisito della già sussistente iscrizione alla Cassa sia riferibile ai soli praticanti, non cogliendo le ragioni di tale distinzione, e, nel considerare la ratio della disposizione, pur correttamente individuata nell’esigenza di conoscere i flussi di reddito dei professionisti in questione,non tiene conto tuttavia che tale conoscenza non è solo funzionale alla determinazione dei contributi dovuti da chi già risulti iscritto, ma anche all’accertamento dei requisiti reddituali o di volume di affari, in presenza dei quali,per gli avvocati non ancora iscritti, sorge l’obbligo dell’iscrizione,cui provvede in via sostitutiva e di ufficio,nei casi di mancata domanda dell’interessato, ai sensi della L. n. 576 del 1980, art. 22, comma 2, la giunta esecutiva dell’ente. Tale potere quest’ultima non sarebbe in grado di esercitare, se non disponesse di uno strumento di conoscenza dei dati patrimoniali sopra indicati, proveniente dagli stessi soggetti potenzialmente tenuti agli obblighi di iscrizione e contribuzione de quibus, quale è la dichiarazione di cui all’art. 17 citato.

p.4. Così individuata la duplicità di funzioni cui assolve l’adempimento formale prescritto dall’art. 17 L. cit., e dunque la ratio legis della generalità dell’obbligo in questione, non hanno ragione di sussistere i dubbi di legittimità costituzionale,espressi nella citata sentenza della sezione lavoro (per “palese irragionevolezza” dell’imposizione di comunicare dati personali) con riferimento alla tesi interpretativa avversata,che in questa sede invece viene recepita, atteso che la scelta legislativa, di imporre anche ai non iscritti alla Cassa la comunicazione in questione (adempimento la cui generalità risulta poi ribadita nell’art. 1, comma 1 del già citato D.M. 22 maggio 1997), risulta motivata dalle meritevoli esigenze sociali di garantire l’effettività dell’obbligo di iscrizione,ai fini dell’assistenza e previdenza obbligatoria della categoria professionale, nello stesso interesse dei relativi appartenenti.

p.4. Il ricorso va conclusivamente re spinto,avendo correttamente il Consiglio Nazionale Forense affermato la generalità dell’obbligo di comunicazione in questione, indipendentemente dalla già avvenuta iscrizione,o meno,degli avvocati iscritti negli albi professionali nazionali, alla Cassa di Previdenza ed Assistenza Forense.

p.5. Non vi è luogo,infine,a regolamento delle spese,in assenza di controparti resistenti.

P.Q.M.

La Corte, a sezioni unite, rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 13 marzo 2012.

Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2012


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