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Come si diventa osteopata?

21 Ottobre 2021 | Autore:
Come si diventa osteopata?

È necessaria la laurea per esercitare o bastano i diplomi? Cos’è cambiato dopo il riconoscimento di questa professione sanitaria?

Chi soffre frequentemente di mal di schiena, di dolori articolari o muscolari o di cefalee si rivolge sempre più spesso all’osteopatia: un «sistema consolidato di assistenza alla salute che si basa sul contatto manuale per la valutazione, la diagnosi ed il trattamento della persona», come viene definita dall’Iso, Istituto superiore di osteopatia. Non si pone come alternativa alla medicina generale ma come terapia manuale complementare che va alla fonte del dolore, cioè alla causa del disturbo. Ma come si diventa osteopata? Ci vuole un titolo di studio particolare? Serva una laurea? Bisogna studiare medicina?

La risposta è «nì». Sì agli studi particolari (e ci mancherebbe altro), no alla laurea, come ha recentemente confermato il Tar della Sicilia. Almeno non per adesso. È importante, comunque, sottolineare che grazie alla legge Lorenzin [1] è stata individuata la professione dell’osteopata (insieme a quella del chiropratico) e che il Consiglio dei ministri ha ufficialmente riconosciuto il 24 giugno 2021 questa figura come professionista sanitario. Il che dovrà aprire la porta verso un corso universitario di osteopatia.

Vediamo che cosa vuol dire in termini pratici e come si diventa osteopata, anche dopo il pronunciamento del Tar siciliano a proposito della necessità o meno di avere una laurea per poter esercitare.

Chi è l’osteopata?

Il primo aspetto da precisare è che l’osteopata non è un medico ma un professionista sanitario, ufficialmente riconosciuto come tale – l’abbiamo appena anticipato – dal Governo. Lavora sui problemi strutturali e meccanici dei muscoli e dello scheletro, del sistema nervoso e viscerale che possono comportare delle alterazioni funzionali degli organi e del sistema cranio-sacrale. O viceversa.

L’efficacia del lavoro dell’osteopata è stata riscontrata contro disturbi come:

  • affezioni congestizie come otiti e sinusiti;
  • alterazioni dell’equilibrio;
  • artrosi;
  • cefalee;
  • cervicalgie;
  • discopatie;
  • disturbi ginecologici e digestivi;
  • dolori articolari e muscolari da traumi;
  • lombalgie;
  • nevralgie;
  • sciatalgie;
  • stanchezza cronica.

Come diventare osteopata?

L’abbiamo detto all’inizio: la figura dell’osteopata è stata ufficialmente riconosciuta come professionista sanitario. In base al decreto che ha segnato questa importante svolta per chi fa questo mestiere, ci sarà un cambiamento, ancora atteso, nel percorso di studi per diventare osteopata: è previsto il passaggio dagli istituti privati di formazione ad un corso di laurea triennale in Osteopatia.

Per il momento, dunque, per diventare osteopata è necessario frequentare:

  • un corso a tempo pieno della durata di cinque anni;
  • un corso a tempo parziale della durata di cinque o di sei anni.

Al termine dei corsi, gli istituti di formazione rilasciano il relativo diploma in osteopatia.

L’osteopata senza laurea può esercitare?

Come si evince da quanto detto sopra, ad oggi si attende ancora l’avvio di un percorso universitario per conseguire una laurea in Osteopatia. Ed è anche per quello che il Tar della Sicilia [2] ha appena confermato nella sentenza che trovi in fondo a questo articolo la possibilità di esercitare la professione sanitaria di osteopata senza una laurea.

Il Tribunale amministrativo si è pronunciato in tal senso sul caso di un osteopata denunciato – come diversi altri colleghi – per esercizio abusivo della professione. Il Tar ha ribadito che «l’osteopatia, in quanto consistente in una disciplina terapeutica incentrata sulla manipolazione dell’apparato muscoloscheletrico al fine di trattare patologie o disfunzioni ad esso pertinenti, non può essere assimilata alla professione medica che si estrinseca nell’individuare e diagnosticare le malattie, nel prescriverne la cura e nel somministrare i rimedi» [3]. Di conseguenza – continua la sentenza –, «per lo svolgimento della pratica osteopatica non è necessario, ad oggi, differentemente da quanto previsto per la pratica medica, un titolo abilitativo», come già sentenziato dai Tar del Veneto e della Lombardia [4].

A scanso di equivoci, il ministero della Salute ha chiarito che «l’attività di osteopata non è ad oggi regolamentata in Italia, essa non afferisce ad alcuna autonoma categoria delle professioni sanitarie e non esiste nel nostro Paese un albo o registro per l’iscrizione degli eventuali soggetti autorizzati ad esercitarla» [5] (parere 30 maggio 2002).

Infine, il Tar siciliano osserva che «dal quadro complessivo normativo attuale, l’istituzione della figura professionale sanitaria dell’osteopata potrà ritenersi completata solo a conclusione del primo ciclo dell’istituendo corso di laurea triennale in osteopatia, momento a partire dal quale l’osteopata per poter esercitare la professione, dovrà possedere sia la laurea triennale specifica, che l’iscrizione all’istituendo albo professionale (salve restando le determinazioni dell’Amministrazione in ordine all’equipollenza dei titoli pregressi)».

In estrema sintesi: finché non verrà istituito il relativo corso universitario, l’osteopata può lavorare senza laurea ma solo con il diploma conseguito dopo avere frequentato gli attuali corsi professionali di osteopatia.


note

[1] Legge n. 3/2018.

[2] Tar Sicilia sent. n. 2684/2021.

[3] Cass. sent. n. 5838/1995.

[4] Tar Veneto sent. n. 298/2005 e Tar Lombardia sent. n. 588/2011.

[5] Min. Salute parere del 30.05.2002.

Autore immagine: canva.com/

TAR Sicilia, sez. IV, sent., 30 agosto 2021, n. 2684

Presidente Cabrini – Estensore Caminiti

Fatto e diritto

L’odierno ricorrente, svolge l’attività di -omissis- in una struttura situata nel -omissis-. Con il provvedimento impugnato, l’-omissis- (d’ora innanzi anche “-omissis-“) diffidava il medesimo dal continuare a svolgere la predetta attività. Avverso tale provvedimento veniva proposto il ricorso in esame. Si costituivano in giudizio l’-omissis- e il Ministero per opporsi all’accoglimento del gravame. La Sezione, con ordinanza n. -omissis-, riconosciuta la competenza del T.a.r. Catania, accoglieva l’istanza di sospensione cautelare degli effetti del provvedimento impugnato. Detta ordinanza non è stata appellata. In prossimità dell’udienza di discussione del merito le parti hanno depositato memorie, insistendo nelle rispettive conclusioni. Tenutasi la pubblica udienza in data 27 maggio 2021, la causa veniva trattenuta in decisione. Osserva pregiudizialmente il Collegio che la competenza di questo T.a.r. (già dichiarata in sede cautelare, con ordinanza non impugnata) si radica in ragione dell’efficacia limitata dei provvedimenti impugnati, in relazione alla sede ove si svolge l’attività del ricorrente (Catania). Nel merito, ritiene il Collegio che il ricorso sia fondato in quanto meritevole di accoglimento il primo mezzo di gravame, avente carattere assorbente rispetto ai successivi, con il quale si censura, in particolare, la violazione degli artt. 35, comma 1, e 41 della Costituzione (nonché la violazione ed erronea applicazione dell’art. 7 della legge 11 gennaio 2018, n. 3; la violazione ed erronea applicazione della legge 14 gennaio 2013, n. 4, l’eccesso di potere per travisamento dei fatti, illogicità manifesta e manifesta ingiustizia). Mette conto, infatti, evidenziare che l’osteopatia, in quanto consistente in una disciplina terapeutica incentrata sulla manipolazione dell’apparato muscoloscheletrico al fine di trattare patologie o disfunzioni ad esso pertinenti, non può essere assimilata alla professione medica che si estrinseca nell’individuare e diagnosticare le malattie, nel prescriverne la cura e nel somministrare i rimedi (cfr. Cassazione penale, sez. II, 09 febbraio 1995, n. 5838). Ne consegue che per lo svolgimento della pratica osteopatica non è necessario, ad oggi, differentemente da quanto previsto per la pratica medica, un titolo abilitativo (si veda T.A.R. Veneto n. 298 del 17 maggio 2005, ma anche T.A.R. Lombardia – Milano n. 588 del 1 marzo 2011). In tale senso si è, peraltro, anche espresso il Ministero della Salute nel parere del 30 maggio 2002: “l’attività di -omissis- non è ad oggi regolamentata in Italia, che essa non afferisce ad alcuna autonoma categoria delle professioni sanitarie e che non esiste nel nostro Paese un albo o registro per l’iscrizione degli eventuali soggetti autorizzati ad esercitarla”. Si ricava da questo parere che anche il Ministero della Salute mostra di ritenere che la pratica dell’osteopatia non è riconducibile alla professione medica e che, in ragione della mancata istituzione di un albo degli abilitati, non sussiste alcun titolo abilitativo ad essa afferente che costituisca presupposto necessario per il suo esercizio. Corrisponde al vero che con la legge 11 gennaio 2018 n. 3, la professione dell’osteopatia è stata ricondotta nell’ambito delle professioni sanitarie. Tuttavia, il Collegio rileva che trattasi di una disposizione legislativa che si limita a delegare l’individuazione della disciplina di dettaglio, nonché l’istituzione del nuovo corso universitario di formazione e di corsi integrativi, da un lato alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano e, dall’altro, al Ministro dell’istruzione, dell’Università e della ricerca, di concerto con il Ministro della salute, con il parere del Consiglio universitario nazionale e del Consiglio superiore di sanità. Ad avviso del decidente non si tratta di una disposizione legislativa immediatamente precettiva, bensì meramente programmatica. Mette conto evidenziare, al riguardo, che a tutt’oggi a tale previsione non è stata data attuazione (v. in tal senso anche Corte Cost. sentenza n. 209/2020). D’altra parte, in data 5 novembre 2020 la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano – riunitasi per stabilire l’ambito di attività e le funzioni caratterizzanti le professioni dell’-omissis- e del chiropratico, i criteri di valutazione dell’esperienza professionale nonché i criteri per il riconoscimento dei titoli equipollenti – ha demandato ad un successivo accordo, da stipulare sempre in sede di Conferenza permanente, la definizione dei criteri di valutazione dell’esperienza professionale, nonché di equipollenza dei titoli pregressi alla laurea universitaria in osteopatia (ancora non istituita). Il Collegio osserva che dal quadro complessivo normativo attuale, l’istituzione della figura professionale sanitaria dell’-omissis- potrà ritenersi completata solo a conclusione del primo ciclo dell’istituendo corso di laurea triennale in osteopatia, momento a partire dal quale l’-omissis-, per poter esercitare la professione, dovrà possedere sia la laurea triennale specifica, che l’iscrizione all’istituendo albo professionale (salve restando le determinazioni dell’Amministrazione in ordine all’equipollenza dei titoli pregressi). Risulta, pertanto, di palmare evidenza che fin quando non verranno istituiti in Italia i corsi di laurea triennale in osteopatia ed istituiti i relativi albi professionali, nessun titolo specifico potrà essere richiesto per l’esercizio dell’attività di -omissis-, che resterà libero e regolato esclusivamente dalla legge 4/2013. In tale quadro risulta del tutto evidente l’illegittimità del provvedimento impugnato che deve essere annullato. Il Collegio ritiene equo disporre la compensazione delle spese di lite considerata la peculiarità e novità delle questioni trattate.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla gli atti impugnati, nei limiti dell’interesse del ricorrente. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità di parte ricorrente.


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