Polizza vita: come si divide tra beneficiari ed eredi?


Qual è la ripartizione dell’indennità pagata dall’assicurazione tra il beneficiario indicato nel contratto e gli eredi del contraente che aveva versato i premi?
Quando un genitore o un nonno stipula una polizza vita in favore dei figli o dei nipoti possono sorgere contrasti tra i beneficiari indicati nel contratto e gli eredi. Questo avviene specialmente quando, dopo la sua morte, viene fuori che il contraente deceduto aveva voluto favorire qualcuno, preferendolo agli altri. Il beneficiario pretende di incassare e tenere per sé l’importo intero; gli eredi, invece, reclamano il diritto alla loro parte. Ecco allora che sorge il problema: come si divide la polizza vita tra beneficiari ed eredi?
Va premesso che è inesatto parlare di divisione, ed è più corretto, invece, usare i termini di ripartizione (tra gli eredi) o di attribuzione (ai beneficiari). Siccome gli importi dall’assicurazione per le polizze vita – sia in caso morte, sia alla scadenza in caso vita – sono di solito ingenti, nell’ordine di decine o centinaia di migliaia di euro, le liti tra chi vanta la spettanza questa somma o di una sua quota sfociano in lunghe cause giudiziarie civili (e qualche volta anche penali).
Ma di recente è intervenuta la Corte di Cassazione a fissare i criteri di ripartizione e a stabilire quando la polizza cade in successione ereditaria e quando, invece, ne resta esclusa. E lo ha fatto distinguendo le classiche assicurazioni sulla vita da quelle che vengono stipulate come forma di investimento ed hanno contenuto finanziario, proprio per porre un correttivo alle regalie che un genitore in vita decide di fare a un suo figlio soltanto, indicandolo come esclusivo beneficiario di una cospicua somma maturata nel tempo grazie ai rendimenti indicizzati; ciò potrebbe discriminare ingiustamente gli eredi legittimari. Alla luce degli importanti chiarimenti forniti dalla Suprema Corte, vediamo, quindi, come si divide la polizza vita tra beneficiari ed eredi.
Indice
Assicurazione sulla vita: rapporti tra contraente e beneficiario
Il contratto di assicurazione sulla vita prevede tipicamente tre soggetti:
- il contraente, colui che stipula il contratto e paga il premio (che può essere unico, con versamento totale all’atto della sottoscrizione, o frazionato e ricorrente, ad esempio tutti gli anni o ogni mese);
- l’assicurato, che è il soggetto considerato ai fini del rischio coperto dalla polizza (colui che potrebbe morire durante il periodo di validità della polizza, oppure rimanere in vita sino alla scadenza del contratto);
- il beneficiario, la persona che riceverà dalla compagnia assicurativa la somma pattuita se e quando si verificherà la circostanza indicata nel contratto (la polizza copre sia il caso morte, con liquidazione immediata dell’importo previsto per la premorienza, sia il caso vita, con pagamento del capitale versato e rivalutato, più gli interessi maturati al tasso stabilito, o, in alternativa, di una rendita).
Di solito il contratto di assicurazione sulla vita viene stipulato a beneficio di un soggetto diverso dal contraente e dall’assicurato: ad esempio un padre assicura sé stesso e pone come beneficiari il coniuge e i figli. Può anche indicarli, cumulativamente, come i suoi eredi legittimi, e in tal caso sorge il problema di ripartizione del ricavato, che ora esamineremo, per poi passare all’ipotesi dell’indicazione di un beneficiario specifico, ma che esclude gli altri prossimi congiunti.
Polizza vita: cade in successione ereditaria?
Quando il beneficiario è diverso dal contraente, il contratto di assicurazione sulla vita è stipulato a favore di un terzo, e le polizze vita non rientrano nell’asse ereditario, cioè nel patrimonio che verrà suddiviso tra gli eredi in base alle ordinarie regole di ripartizione. Il Codice civile [1] dispone che «è valida l’assicurazione sulla vita a favore di un terzo», e prevede che la designazione del beneficiario può essere fatta in tre modi e momenti:
- nel contratto di assicurazione, al momento della sua stipula;
- con una successiva dichiarazione, che va comunicata all’assicuratore;
- per testamento.
In tutti i casi, il beneficiario designato «acquista un diritto proprio» nei confronti dell’assicurazione. La compagnia, dunque, dovrà versargli il premio stabilito se ricorre uno degli eventi previsti, ossia il caso vita o il caso morte dell’assicurato. Se i beneficiari sono stati indicati, a fattor comune, negli eredi del contraente, l’indennizzo assicurativo andrà ripartito tra loro in parti uguali, dunque non in base alle loro rispettive quote ereditarie. Lo ha affermato una recente sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite [2] e te ne parliamo più ampiamente nell’articolo “Chi eredita una polizza vita?“.
Quando il beneficiario deve dividere la polizza con gli eredi?
Quanto abbiamo detto fin qui, però, vale solo per le polizze assicurative tradizionali, cioè quelle che coprono dal rischio di morte (e, oltre ad esso, prevedono anche il caso di vita alla scadenza). Quando, invece, la polizza vita ha un contenuto prevalentemente finanziario e di investimento – come quelle del tipo “unit linked“, dette anche “index linked”, che sono agganciate al rendimento di un paniere di titoli azionari o obbligazionari – le cose cambiano: essa viene considerata, fino a prova contraria, come una donazione indiretta, fatta dal contraente per puro spirito di liberalità nei confronti del beneficiario. Proprio come quando un genitore attribuisce la polizza vita ad uno soltanto dei suoi figli, escludendo gli altri, in tal modo decidendo di destinare solo a lui la somma che l’assicurazione un domani pagherà.
Questo comporta una conseguenza pratica molto importante: siccome le donazioni fatte in vita possono ledere le quote spettanti agli eredi legittimari, bisogna applicare la disciplina della collazione ereditaria. Ciò significa che chi ha ricevuto l’indennizzo non può tenerlo interamente per sé, ma deve conferirlo nella massa da dividere con gli altri eredi, in maniera che ciascuno abbia la sua parte in proporzione alle quote di legittima o a quelle stabilite nel testamento. Lo ha stabilito una nuova sentenza della Corte di Cassazione [3], decidendo il caso di un genitore defunto che aveva contratto una polizza vita (a premio unico e indicizzato) indicando quale beneficiario un solo figlio; gli altri fratelli e sorelle si sono opposti, pretendendo la loro parte di spettanza ereditaria, e la Suprema Corte ha dato loro ragione.
Infatti il meccanismo della polizza prevedeva, nel caso in cui l’assicurato fosse ancora in vita al momento del decesso del contraente, il subentro nella sua posizione, ma con l’impossibilità di variare la designazione dei beneficiari. Il Collegio ha stabilito che ciò costituisse una liberalità fatta dal padre in favore del figlio, che, essendo così subentrato al genitore defunto, aveva maturato il diritto a ricevere la liquidazione della polizza in caso di sua stessa vita alla scadenza. In favore della liberalità deponevano anche altri indicatori, come l’età avanzata dell’originario contraente e il lungo termine di scadenza della polizza: era altamente probabile che stipulando tale contratto il genitore, che sapeva di non poter vivere così a lungo, volesse donare l’intera somma al figlio che gli sarebbe con ogni probabilità sopravvissuto, come infatti è avvenuto.
note
[1] Art. 1920 Cod. civ.
[2] Cass. S.U. sent. n. 11421/2021.
[3] Cass. sent. n. 29583 del 22.10.2021.