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Doni tra fidanzati: vanno restituiti se il matrimonio salta?

26 Ottobre 2021 | Autore:
Doni tra fidanzati: vanno restituiti se il matrimonio salta?

Quando ci si lascia prima delle nozze, che fine fanno i regali fatti? Cosa succede se sono di ingente valore, come una casa?

Il matrimonio è un passo importante; bisogna pensarci bene prima di farlo. Spesso, la relazione di coppia finisce ben prima delle nozze e non si pone il problema di arrivare davanti all’altare, o al sindaco, per pronunciare il fatidico sì. In altri casi, invece, la rottura arriva quando il matrimonio era già stato fissato, organizzato e programmato nei dettagli. Con parecchi impegni già presi, e talvolta già pagati. Magari, gli innamorati si erano scambiati parecchi regali, anche costosi. Ora che è arrivato il momento di lasciarsi, i due ex si chiedono: i doni tra fidanzati vanno restituiti se il matrimonio salta?

Ci sono regali di vario genere ed entità e bisogna distinguere varie situazioni. In una coppia di fidanzati, i doni possono essere piccoli o grandi: viaggi, elettrodomestici, accessori per la persona o per la casa, ma anche qualche gioiello prezioso, come l’anello di fidanzamento. Senza dimenticare i vari regali d’uso in occasione di compleanni, festività e ricorrenze varie. Inoltre, la relazione può essersi prolungata per molto tempo e allora ci sono svariati anni di regali da considerare ai fini delle possibili restituzioni.

Talvolta, il matrimonio salta dopo la promessa, magari solo pochi giorni prima delle nozze già fissate (e qualche volta addirittura il giorno stesso, come riportano alcuni casi di cronaca). Allora entrano nel conto parecchie altre voci: ci sono i doni per la promessa di matrimonio e anche i regali fatti proprio in vista delle prossime nozze poi andate a monte. Alcuni di essi possono essere di ingente valore, come mobili, arredi e suppellettili, fino all’intera casa dove sarebbero dovuti andare ad abitare i futuri sposi. A questo punto, diventa molto importante sapere quali doni tra fidanzati vanno restituiti se il matrimonio salta.

Doni tra fidanzati: quali vanno restituiti?

Il Codice civile [1] sancisce, innanzitutto, che la promessa di matrimonio non obbliga a sposarsi, né «ad eseguire ciò che si fosse convenuto per il caso di non adempimento». Quindi – diversamente da quanto si pensa – la promessa di matrimonio non è vincolante.

Ma la libertà di rompere il fidanzamento ufficiale, anche quando sono già state fatte le pubblicazioni delle nozze, non significa che chi ha fatto dei doni resti senza tutela. Infatti, subito dopo, la norma disciplina anche la restituzione dei regali [2]: il promittente sposo (o la promittente sposa) «può domandare la restituzione dei doni fatti a causa della promessa di matrimonio, se questo non è stato contratto». La richiesta di restituzione va fatta entro un anno dal giorno in cui c’è stato il rifiuto di celebrare il matrimonio o dal giorno della morte di uno dei due membri della coppia.

Questa norma, però, disciplina solo le cosiddette donazioni obnuziali, cioè quelle fatte in vista delle nozze e a motivo di esse, come ad esempio l’anello di fidanzamento. Sono, quindi, esclusi dalla restituzione tutti gli altri regali fatti tra i fidanzati durante la loro relazione sentimentale. Ti chiariamo questo concetto con un esempio.

Antonio è fidanzato da due anni con Stefania e, nel corso del tempo (in occasione di compleanni, onomastici e festività natalizie), le ha regalato vari oggetti, tra cui borse, scarpe, smartphone e anche un gioiello molto costoso in occasione della sua laurea. Tre mesi fa, c’è stata la promessa di matrimonio così Antonio ha regalato alla fidanzata un anello con diamante. Poi, scopre di essere stato tradito e il matrimonio va a monte. Tutti questi doni, con la sola eccezione dell’anello di fidanzamento, non vanno restituiti, perché erano stati fatti per il rapporto sentimentale in essere, ma non trovano la loro ragione nel futuro matrimonio.

Donazioni obnuziali: quali effetti hanno?

In considerazione del fatto che alcuni regali possono essere di notevole valore, il Codice civile dedica un apposito articolo [3] alle donazioni obnuziali e prevede che esse siano sottoposte alla condizione dell’effettiva celebrazione del matrimonio, altrimenti vengono meno. Precisamente, la norma dispone che: «La donazione fatta in riguardo di un determinato futuro matrimonio, sia dagli sposi tra loro, sia da altri a favore di uno o di entrambi gli sposi o dei figli nascituri da questi, si perfeziona senza bisogno che sia accettata, ma non produce effetto finché non segua il matrimonio».

La donazione, quando non è di modico valore (tenuto conto delle condizioni delle parti), va fatta con atto pubblico notarile o con scrittura privata autenticata; per perfezionarla non basta la consegna del bene. Quindi, vanno restituiti – su richiesta di chi li ha fatti – solo i doni di non modico valore economico che erano caratterizzati dalla precisa condizione della celebrazione del matrimonio. Le altre spese sostenute per l’evento (come l’acquisto dell’abito da sposa, la prenotazione della sala per il banchetto, i biglietti del viaggio di nozze, ecc.) possono essere rimborsate, anche a titolo di risarcimento danni [4], se la mancata celebrazione del matrimonio è ingiustificata.

Donazione immobiliare tra fidanzati: la casa regalata va restituita?

Le regole che prevedono la restituzione delle sole donazioni obnuziali subiscono un’importante eccezione quando c’è stato un regalo cospicuo, di un bene di elevato valore, come può essere una casa o un altro immobile. In questi casi – come ha chiarito una nuova ordinanza della Corte di Cassazione [5] – si tratta di una vera e propria donazione, che soggiace a regole diverse.

La Suprema Corte rileva che la donazione immobiliare non può essere considerata una «liberalità d’uso», cioè un’elargizione praticata in base alle consuete convenzioni sociali del tempo e del luogo. La norma civilistica (che risale al 1942) sulla restituzione dei regali fatti in ragione della promessa di matrimonio va interpretata in base all’evoluzione storica, adattandola al contesto sociale attuale. Si sa che oggi molti genitori comprano la casa per i loro figli e gliela donano quando stanno per sposarsi. A volte, è proprio uno dei promessi sposi che acquista un appartamento per intestarlo all’altro, oppure ristruttura a sue spese quello che è già di proprietà del partner.

Allora, se viene meno la causa – come quando l’appartamento è stato regalato per consentire ai futuri sposi di andarci ad abitare dopo le nozze – la donazione può essere revocata. Chi chiede la restituzione dell’immobile, però, deve provare che l’intestazione al fidanzato o alla fidanzata era stata fatta proprio «a causa della promessa di matrimonio» e non per altre ragioni. Applicando questi principi, nella vicenda decisa dai giudici di piazza Cavour una fidanzata ha dovuto restituire al suo ex la casa che lui le aveva comprato prima che il matrimonio saltasse definitivamente per altri motivi.

È una particolare applicazione della presupposizione, cioè di una condizione futura e incerta alla quale le parti subordinano la validità della donazione (come nel nostro caso la celebrazione delle nozze che poi non avviene). Una conseguenza importante di tutto ciò è che, quando la donazione è trilaterale e coinvolge, in qualità di originario proprietario dell’immobile, un terzo estraneo alla coppia di fidanzati, che lo vende a colui che lo dona all’altro a motivo delle nozze, resta efficace il rapporto tra il venditore e il donante, il quale, a seguito dell’annullamento della donazione, diventa l’acquirente, con la retrocessione dell’immobile in suo favore.

Restituzione doni fidanzati: approfondimenti

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note

[1] Art. 79 Cod. civ.

[2] Art. 80 Cod. civ.

[3] Art. 785 Cod. civ.

[4] Art. 81 Cod. civ.

[5] Cass. ord. n. 29980 del 25.10.2021.

Cass. civ., sez. I, ord., 25 ottobre 2021, n. 29980

Presidente Genovese – Relatore Terrusi

Fatti di causa

G.V. convenne B.L. e P.L. dinanzi al tribunale di Taranto. Espose che, a seguito di un anteriore preliminare, era intervenuta tra i convenuti, nell’anno 2004, la compravendita di un appartamento. Codesta era però da qualificare come donazione indiretta da parte di esso G. alla B., connessa alla promessa di matrimonio con la stessa scambiata fin dall’anno 2002. Poiché la promessa non era andata a buon fine, malgrado l’avvenuta fissazione della data delle nozze, chiese che il tribunale pronunciasse la revoca dell’atto ai sensi dell’art. 80 c.c.

Il tribunale respinse la domanda così argomentando: l’art. 80 c.c. riguarda i doni e suppone una fattispecie di liberalità d’uso (art. 770 c.c.), non necessitante di forma solenne; va escluso che nell’alveo della norma possano rientrare gli immobili, anche nell’ottica della donazione indiretta, perché la donazione immobiliare, alla quale gli artt. 782 e 783 c.c. riservano la forma pubblica, non può esser considerata, in base alla consuetudine sociale, una liberalità d’uso.

La decisione, impugnata da G., è stata confermata dalla corte d’appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto con la sentenza del 18 novembre 2016, avverso la quale è adesso proposto ricorso per cassazione in unico motivo, illustrato da memoria.

La B. ha replicato con controricorso, mentre P. non ha svolto difese.

Ragioni della decisione

I. – Con l’unico mezzo il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 80 c.c. poiché la retta interpretazione di tale norma, dal tenore letterale ampio, imporrebbe di dire che la stessa contempla non solo i veri e propri “doni” tra fidanzati, intesi come liberalità d’uso, ma anche le eventuali donazioni immobiliari, ivi comprese le indirette.

Il motivo è fondato.

II. – La corte d’appello, condividendo il percorso motivazionale del giudice di primo grado, ha ritenuto che, per associazione con le liberalità d’uso, non potesse rientrare nella categoria dei doni di cui all’art. 80 c.c. la donazione immobiliare, diretta o indiretta.

Questa affermazione, nella sua assolutezza, non può essere condivisa.

Occorre rammentare che la sorte delle attribuzioni gratuite tra fidanzati è stata oggetto di un’apposita regolamentazione solo col codice civile del 1942, all’art. 80.

La formulazione della norma, genericamente riferita ai “doni”, ha determinato nel tempo un vasto dibattito dottrinale.

L’oggetto di tale dibattito è stato di volta in volta ancorato alla questione della natura giuridica delle suddette liberalità, in funzione della possibile assimilazione alle donazioni obnuziali e alle liberalità d’uso.

Non è necessario ripercorrerne le tappe in dettaglio.

Basta ricordare che, come da più parti fondatamente osservato, l’accostamento tra i doni di cui all’art. 80 e la disciplina della donazione obnuziale è in contrasto col dato normativo desunto dall’art. 785 c.c., che rispetto all’efficacia immediata dei “doni” stabilisce invece che la donazione obnunziale non produce effetto finché non segua il matrimonio; e inoltre che l’accostamento dell’art. 80 alla liberalità d’uso si basa si un’esegesi ingiustificatamente restrittiva dell’ambito della citata norma.

III. – In vero un altro più convincente indirizzo interpretativo si è attestato sul rilievo che i doni prenuziali di cui all’art. 80 sono vere e proprie donazioni, con conseguente possibile concorrenza di previsioni regolative secondo i casi individuate nella suddetta norma e negli artt. 769 c.c. e ss..

Simile orientamento è stato accolto dalla giurisprudenza di questa Corte, la quale ha riconosciuto che i doni tra fidanzati non sono equiparabili nè alle liberalità in occasione di servizi, nè alle donazioni fatte in segno tangibile di speciale riconoscenza per i servizi resi in precedenza dal donatario, nè alle liberalità d’uso, ma costituiscono appunto – vere e proprie donazioni, come tali soggette ai requisiti di sostanza e di forma previsti dal codice (Cass. n. 1260-94). Fermo restando, naturalmente, che la eventuale modicità del donativo, da apprezzare oggettivamente in relazione alla capacità economica del donante (v. pure Cass. n. 7913-01), fa sì che, in taluni specifici casi, il trasferimento possa perfezionarsi legittimamente, tra soggetti capaci, in base alla mera traditio.

IV. – L’orientamento va confermato perché aderente all’agire e al sentimento sociale.

Non può validarsi l’affermazione della corte territoriale che ha ritenuto impossibile far rientrare nell’alveo dell’art. 80 le donazioni (dirette o indirette) immobiliari perché non costituenti liberalità d’uso.

Considerare infatti semplici liberalità d’uso le donazioni tra fidanzati comporterebbe – come già sottolineato – un’interpretazione estremamente riduttiva del diritto alla restituzione dei doni sancita dall’art. 80 c.c., a fronte invece dell’essere la ratio della restituzione non correlata, in detta norma, al semplice valore dei beni donati, quanto piuttosto alla eliminazione di tutti i possibili segni di un rapporto che non è giunto a compimento, e che è opportuno rimuovere per quanto possibile.

V. – Questa considerazione è essenziale nell’ambito dell’interpretazione. La norma invero non può intendersi secondo la mera intenzione storica del legislatore del tempo (cd. originalismo), sebbene mediante un flessibile adeguamento al mutato contesto sociale. Ed è appunto conforme alla realtà sociale constatare che una delle frequenti ipotesi di dono effettuato in vista del futuro matrimonio è – oggi – proprio quella in cui persone vicine ai fidanzati (o anche a uno di essi), come per esempio i genitori, acquistino o ristrutturino immobili da destinare alla famiglia che nascerà.

Sempre il costume sociale ben conosce la prospettiva in cui uno dei nubendi impieghi somme per acquistare o ristrutturare l’appartamento dell’altro, in vista del matrimonio.

Non si comprende allora per qual ragione, una volta appurato che tale è una delle possibilità che il costume sociale offre alle parti, codesto tipo di donazione prenuziale non possa dirsi uniformabile al diritto sancito dall’art. 80 di ottenere – entro il termine di decadenza – la restituzione del bene (o la revoca dell’atto) nei casi di rottura del fidanzamento.

Proprio il mancato verificarsi del matrimonio rende, invece, restituibili tutti i beni donati dalle parti durante il fidanzamento quale presupposto in vista di un matrimonio che poi non è stato contratto.

La dottrina classica ha condivisibilmente messo in luce come la ratio della norma consista nella tutela di una presupposizione, tale essendo quella incentrata sul futuro matrimonio che imprime la specifica destinazione ai beni donati “a causa della promessa”.

Quel che dunque rileva, ai fini dell’azione restitutoria, è in casi simili sempre e soltanto che i doni siano stati fatti “a causa della promessa di matrimonio”, e che si giustifichino per il sol fatto che tra le parti è intercorsa una promessa in tal senso, al punto da non trovare altra plausibile giustificazione al di fuori di questa.

VI. – È opportuno chiarire in tale prospettiva che la sorte della donazione indiretta – seppur collegabile a un accordo trilaterale – non coinvolge altri che le parti da essa donazione direttamente interessate.

Di tanto costituisce base il tradizionale indirizzo di questa Corte formatosi sul tema del preliminare di vendita immobiliare in previsione di un futuro matrimonio poi non celebrato.

Per il contratto preliminare è stato affermato che qualora in esso la qualità di promissario acquirente e di possessore in via anticipata del bene da trasferire venga assunta da persona diversa da quella che provvede al versamento del corrispettivo, e qualora il patto sia ricollegabile a un accordo trilaterale rivolto a conseguire, con la partecipazione del promittente venditore, una donazione indiretta in favore di detto promissario da parte di chi esegue il pagamento, il sopravvenuto venir meno della causa donandi (tipica della donazione fatta in previsione di un futuro matrimonio poi non celebrato) determina la caducazione della suddetta attribuzione patrimoniale, e quindi anche del diritto di godere il bene in vista della stipulanda compravendita definitiva, ma non incide sull’efficacia del rapporto fra il promittente venditore ed il donante, il quale viene a porsi nella qualità di effettivo promissario (così Cass. n. 171-86).

Traslato nell’ambito della compravendita definitiva, l’insegnamento sta a indicare che il venir meno della causa donandi comporta l’inefficacia solo nel rapporto interno che lega il donante al donatario, non anche invece in quello tra il venditore e l’acquirente sostanziale del bene. La conclusione rileva nel senso che, in termini effettuali, la restituzione di cui parla l’art. 80 c.c. dovrà essere attuata, in questa prospettiva, mediante retrocessione dell’immobile in capo al donante, da identificare quale parte acquirente in senso sostanziale.

VII. – L’impugnata sentenza va dunque cassata.

Segue il rinvio alla corte d’appello di Lecce la quale, in diversa composizione, svolgerà i conferenti accertamenti di fatto uniformandosi ai seguenti principi:

– i doni tra fidanzati, di cui all’art. 80 c.c., non essendo equiparabili nè alle liberalità in occasione di servizi, nè alle donazioni fatte in segno tangibile di speciale riconoscenza per i servizi resi in precedenza dal donatario, nè alle liberalità d’uso, ma costituendo vere e proprie donazioni, come tali soggette ai requisiti di sostanza e di forma previsti dal codice, possono essere integrati anche da donazioni immobiliari, ivi comprese le donazioni indirette;

– anche in questa eventualità, ai fini dell’azione restitutoria, occorre accertare sempre e soltanto che i doni siano stati fatti “a causa della promessa di matrimonio”, e che si giustifichino per il sol fatto anzidetto, al punto da non trovare altra plausibile giustificazione al di fuori di questo;

– tale circostanza opera nel contesto di una presupposizione, sicché ove sia accertato il sopravvenuto venir meno della causa donandi (in caso di donazione indiretta immobiliare fatta in previsione di un futuro matrimonio poi non celebrato) si determina la caducazione dell’attribuzione patrimoniale al donatario senza incidenza, invece, sull’efficacia del rapporto fra il venditore e il donante, il quale per effetto di retrocessione viene ad assumere la qualità di effettivo acquirente.

Alla medesima corte d’appello è inoltre demandato di provvedere sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla corte d’appello di Lecce anche per le spese del giudizio di cassazione.


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