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Richiesta di pagamento Inps e Agenzia Entrate: come difendersi


Si può presentare ricorso contro l’avviso di pagamento dell’Inps se non è autonomamente motivato ma si collega a un precedente accertamento fiscale dell’Agenzia delle Entrate.
Non è raro che l’Inps invii un avviso di pagamento a seguito di un accertamento fiscale notificato in precedenza dall’Agenzia delle Entrate. La richiesta dell’ente di previdenza viene però giustificata non già sulla base di un’autonoma pretesa e di un distinto illecito del contribuente ma solo sulla scorta del controllo operato dall’ufficio delle imposte, secondo l’assunto per cui ad un reddito evaso corrisponde anche il mancato versamento dei contributi.
Si verifica così una sorta di “doppio binario” ove, per il semplice fatto di aver subito una verifica fiscale si è automaticamente soggetti alla verifica previdenziale. Ma è legittimo questo comportamento, seppur privo di una specifica motivazione? A spiegare come difendersi dalla richiesta di pagamento Inps e Agenzia delle Entrate è stato, di recente, il tribunale di Siracusa [1].
Secondo la pronuncia in commento, l’Inps non può chiedere i contributi previdenziali basandosi esclusivamente su un precedente accertamento del Fisco. Nessuna norma consente “l’ancoraggio” dell’accertamento previdenziale a quello tributario. Non almeno se non viene fornita una specifica prova dell’illecito commesso dal contribuente e, quindi, dell’obbligazione contributiva.
Nel caso di specie, un contribuente aveva ricevuto un accertamento fiscale da parte dell’Agenzia delle Entrate. L’ufficio delle imposte aveva contestato un maggior reddito Irpef, con ricadute anche sui contributi previdenziali. Contro l’accertamento del Fisco, il contribuente aveva presentato ricorso alla Commissione tributaria provinciale.
Tuttavia, dopo circa un anno, mentre era ancora in corso il relativo giudizio, l’Inps si era rivolta al medesimo soggetto chiedendo il pagamento dei contributi. Tale pretesa si basava però solo sul presunto maggior reddito accertato dall’Agenzia delle Entrate e non sulla scorta di autonome motivazioni. Il contribuente si vedeva così costretto a ricorrere anche contro l’atto dell’Istituto di previdenza, questa volta dinanzi al tribunale ordinario sezione lavoro (tale è infatti il riparto della competenza per la materia previdenziale). Il giudice ha accolto il ricorso.
Secondo il tribunale siciliano, è difatti illegittimo l’accertamento Inps «senza l’indicazione di ulteriori specifici elementi probatori in ordine alla sussistenza della propria pretesa creditoria…».
L’Inps non può quindi limitarsi a fornire, come fondamento della propria pretesa di pagamento, solo l’accertamento fiscale condotto dall’Agenzia delle Entrate, a maggior ragione se quest’ultimo non è ancora definitivo perché è stato contestato ed impugnato davanti al giudice tributario.
Il doppio binario Fisco-Inps, che si accompagna ormai da oltre 10 anni, non ha alcun fondamento giuridico, non è cioè sorretto e giustificato da alcuna norma. Del resto, nulla esclude che le sentenze dei giudici tributari siano diverse da quelle del giudice del lavoro, una positiva e l’altra negativa o viceversa.
Proprio per evitare il “copia e incolla” degli atti fiscali da parte dell’Inps, l’Agenzia delle Entrate, in una direttiva del 28 dicembre 2012, si era riservata di fornire indicazioni per il coordinamento con l’Istituto di Previdenza. Cosa che non è mai avvenuta, nonostante siano passati più di 10 anni da allora.
Per conoscere ulteriori motivi di ricorso contro gli atti dell’Inps leggi la nostra guida Avviso di addebito Inps: cos’è e come difendersi.
note
[1] Trib. Siracusa, sent. del 23.09.2021.