Si deve considerare non solo la prestazione lavorativa effettiva (in cui sono ricompresi i periodi di effettivo servizio e i periodi di astensione obbligatoria), salvo poi che il contratto collettivo imponga ulteriori requisiti.
Ai fini dell’anzianità di servizio, per la progressione in carriera del dipendente, si calcolano solo:
1. i periodi in cui la prestazione lavorativa è stata effettivamente svolta
2. nonché quelli di astensione obbligatoria.
Nel caso, invece, di lavoratrice madre, non si può far rientrare il periodo trascorso in astensione per gravidanza come servizio effettivamente prestato, quando la valutazione di tale periodo sia il presupposto di una progressione nella carriera e non per la semplice anzianità.
A dare la stoccata alle donne in maternità è la Cassazione, con una sentenza dell’altro ieri [1] che, certamente, non mancherà di suscitare pareri contrastanti.
Secondo la Corte, per la valutazione del merito del lavoro occorre l’effettività della prestazione: pertanto, per la progressione in carriera, automatica o meno, si possono conteggiare solo i periodi di effettivo servizio e quelli di astensione obbligatoria, ma non quelli in congedo per gravidanza.
Bisogna comunque verificare sempre che, per la promozione, il contratto collettivo non preveda ulteriori requisiti oltre alla semplice anzianità di servizio.
note
[1] Cass. sent. n. 14110/14 del 20.06.2014.
Autore immagine: 123rf com