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Parità salariale tra uomo e donna: la nuova legge

27 Ottobre 2021 | Autore:
Parità salariale tra uomo e donna: la nuova legge

Il testo approvato in via definitiva dal Senato punta all’eliminazione completa del divario retributivo e delle altre forme di discriminazione.

Le donne non saranno più sottopagate, discriminate nell’accesso al lavoro o penalizzate nella carriera in quanto donne: lo impedisce la nuova legge sulla parità salariale tra uomo e donna approvata all’unanimità in Parlamento.

La riforma punta a colmare il gender pay gap, cioè il divario retributivo fra i due sessi e le altre disparità di trattamento esistenti tra i lavoratori e le lavoratrici. La Costituzione [1] prevede l’eguaglianza sostanziale tra i due sessi e stabilisce che la donna lavoratrice abbia gli stessi diritti e – a parità di lavoro svolto – le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore; ma sinora queste previsioni erano rimaste in larga parte inattuate.

Le nuove norme intervengono sul Codice delle pari opportunità tra uomo e donna [2], rendendolo più incisivo già a partire dal 1° gennaio 2022. Ecco i principali contenuti della nuova legge sulla parità salariale tra uomo e donna.

Rapporto sulla situazione del personale

Le aziende, pubbliche e private, con più di 50 dipendenti dovranno compilare, a partire dal 1° gennaio 2022, un rapporto dettagliato sulla situazione del personale, esponendo una serie di indicatori: trattamenti salariali, livelli di inquadramento, politiche di reclutamento, criteri per i congedi. Le imprese con meno di 50 addetti non sono obbligate a redigere il rapporto, ma potranno farlo volontariamente.

Questo documento sarà pubblico: i dati potranno essere consultati dai lavoratori, dai sindacati, dagli ispettori del lavoro e dalle autorità. Sono previste sanzioni da un minimo di 1.000 euro ad un massimo di 5.000 euro per i datori di lavoro che non compilano il rapporto o lo inviano in maniera incompleta o espongono dati falsi.

Certificazione della parità di genere

Il rapporto sulla situazione del personale costituirà la base per ottenere la certificazione della parità di genere, che attesta quali sono «le politiche e le misure concrete adottate dai datori di lavoro per ridurre il divario di genere in relazione alle opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale a parità di mansioni, alle politiche di gestione delle differenze di genere e alla tutela della maternità» [3].

A tal fine verranno definiti, con decreti ministeriali, i parametri minimi per il conseguimento della certificazione in base ai dati contenuti nel rapporto e le autorità competenti al rilascio e al controllo dei dati. La certificazione dovrà essere rinnovata ogni due anni, in base ai dati di aggiornamento del rapporto sulla situazione del personale.

Sgravi contributivi

I datori di lavoro “virtuosi” che avranno ottenuto l’effettiva uguaglianza di trattamento dei dipendenti uomini e donne, con la parità di genere attestata nella certificazione, potranno ottenere, a partire dal 2022, uno sgravio contributivo in misura pari all’1% delle somme da versare, con il limite massimo di 50mila euro annui per ogni azienda. La legge ha previsto una dotazione di 50 milioni di euro complessivi.

Verrà anche riconosciuto un «premio di parità» consistente nell’attribuzione alle imprese dotate di certificazione di un punteggio aggiuntivo valevole per la partecipazione ad appalti e gare indetti dalle Pubbliche Amministrazioni e per la concessione di finanziamenti europei, nazionali e regionali.

Misure anti-discriminazione

La nuova legge reprime le varie forme di discriminazione, diretta e indiretta, tra uomini e donne sul lavoro. Un’apposita norma [4] considera discriminatorio, e dunque illecito, ogni atto organizzativo che «in ragione del sesso, dell’età anagrafica, delle esigenze di cura personale o familiare, dello stato di gravidanza nonché di maternità o paternità, pone o può porre il lavoratore in almeno una delle seguenti condizioni»:

  • una posizione di svantaggio rispetto alla generalità degli altri lavoratori;
  • una limitazione delle opportunità di partecipazione alla vita o alle scelte aziendali;
  • una limitazione dell’accesso ai meccanismi di avanzamento e di progressione nella carriera.

Al di là delle differenze retributive, si punta, quindi, ad eliminare anche tutti gli altri trattamenti che ancora oggi penalizzano o sfavoriscono le donne sul lavoro, in modo da colmare il divario di genere sotto ogni profilo. Leggi anche “Non discriminazione sul lavoro e pari trattamento: Cassazione“.


note

[1] Art. 37 Cost.

[2] D.Lgs. n. 198/2006.

[3] Art. 46 bis D.Lgs. n. 198/2006.

[4] Art. 25 co.2 bis D.Lgs. n. 198/2006.


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