Si può rifiutare un trasferimento senza motivazione?


Il datore può trasferire il dipendente senza dare spiegazioni e senza rispondere alla richiesta di chiarimenti del lavoratore?
Il datore di lavoro può disporre il trasferimento del lavoratore da una sede a un’altra. Ma la legge, per evitare arbitri e vessazioni, sottopone tale potere ad una rigida condizione. In particolare, l’articolo 2103 del Codice civile stabilisce che il trasferimento possa avvenire solo in presenza di «comprovate ragioni tecniche, organizzative o produttive». Ci deve quindi essere una solida giustificazione dietro la decisione di spostare il dipendente presso un’altra unità produttiva. Tale presupposto non è invece necessario nel caso di trasferimento nell’ambito della stessa unità produttiva.
Di qui sorge il dubbio se al dipendente che chieda spiegazioni il datore debba rispondere e, nel caso, spiegare le ragioni della propria scelta. Si può rifiutare un trasferimento senza motivazione? Cerchiamo di fare il punto della situazione.
Indice
Quando è possibile il trasferimento del dipendente?
La facoltà del datore di lavoro di disporre il trasferimento del lavoratore deve trovare la sua giustificazione esclusivamente in un criterio di gestione aziendale seria e tecnicamente corretta. Resta inoltre il divieto di porre in essere atti discriminatori o lesivi della sicurezza, libertà e dignità del lavoratore.
Il giudice, al quale eventualmente si sia rivolto il dipendente per contestare la decisione del capo, non può entrare nel merito di tale decisione: non può cioè stabilire se sia più opportuno che un lavoratore sia allocato presso una sede o un’altra. Può solo verificare l’effettiva sussistenza dei motivi addotti a fondamento della decisione del trasferimento: può cioè accertarsi se il datore, nell’indicare le «comprovate ragioni tecniche, organizzative o produttive», ha detto la verità o ha mentito e se, in tale scelta, ha adottato dei criteri discriminatori.
Per il trasferimento è necessario il consenso del lavoratore?
Il trasferimento è legittimo solo se sussistono le ragioni tecniche, organizzative o produttive indicate dal Codice civile. Si prescinde dal consenso del lavoratore che pertanto non è necessario. Quindi, il datore può comunicare direttamente a questi il trasferimento senza prima averlo consultato.
Si può rifiutare un trasferimento?
Se il trasferimento è legittimo il lavoratore non può rifiutarlo: in caso di rifiuto non motivato da ragioni valide, il datore di lavoro può disporre il licenziamento per giustificato motivo soggettivo.
Viceversa, se il trasferimento è illegittimo, il rifiuto è valido e l’eventuale licenziamento deve essere annullato. Inoltre, il lavoratore ha diritto alla retribuzione per tutto il periodo in cui, rifiutando il trasferimento, è rimasto a disposizione del datore di lavoro senza essere riammesso in servizio presso la sede originaria.
È dovuto un preavviso per il trasferimento?
Il datore di lavoro non è tenuto a fornire un preavviso al dipendente salvo che il contratto collettivo preveda diversamente. Tuttavia, in osservanza dei principi di buona fede, non può disporre un trasferimento dall’oggi al domani ma deve dare il tempo al lavoratore, in base alla distanza della nuova azienda, di potersi organizzare (ad esempio, trovando un luogo ove andare a vivere).
Come opporsi al trasferimento?
Il lavoratore può opporsi al trasferimento con qualsiasi atto scritto come una lettera raccomandata o una pec, che va inviata entro 60 giorni dalla data di ricezione della comunicazione di trasferimento. Entro i successivi 180 giorni, il lavoratore deve depositare il ricorso in tribunale oppure deve comunicare alla controparte la propria richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato. Se non vengono rispettati tali termini, il trasferimento, seppur illegittimo, non può più essere contestato.
Si può rifiutare un trasferimento senza motivazione?
Il datore di lavoro può trasferire il dipendente senza spiegargli perché. E senza rispondere all’interessato che gliene chiede i motivi. Basta la comunicazione, insomma visto che la legge non impone alcuna forma particolare per tale provvedimento, salvo che il Ccnl non preveda diversamente. Ma se il lavoratore ne contesta la legittimità, durante il processo, il datore deve provare le ragioni che lo hanno determinato. Il giudice, poi, non può sindacare la scelta nel merito ma deve accertare che le ragioni poste alla base del provvedimento siano effettive anche alla luce dei principi generali di correttezza e buona fede [1].
Insomma, la comunicazione del trasferimento non deve essere accompagnata dall’indicazione delle ragioni tecniche, organizzative e produttive poste alla base della decisione del datore di lavoro. L’obbligo di motivazione sussiste solo nel caso in cui sia previsto espressamente dalla contrattazione collettiva applicata al rapporto, oppure nel caso in cui il lavoratore trasferito faccia espressa richiesta di conoscere le ragioni sottese al provvedimento di trasferimento.
Approfondimenti
Per maggiori approfondimenti leggi: Trasferimento dipendente senza motivazione
note
[1] Cass. sent. n. 19143/21.