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Cambiare casa e agevolazioni fiscali

28 Ottobre 2021 | Autore:
Cambiare casa e agevolazioni fiscali

Bonus prima casa: quando il trasferimento in un altro immobile non fa perdere le agevolazioni. 

Il contribuente che ha acquistato un immobile con le agevolazioni fiscali sulla prima casa non può cederlo prima di 5 anni a meno che, entro 1 anno, ne acquisti un altro (anche a titolo di donazione) da adibire a propria abitazione principale. Non è sufficiente che, entro tale anno, sia stato firmato solo il compromesso, trattandosi di un atto che non trasferisce ancora la proprietà: è necessario il rogito notarile. 

Chi viola queste norme perde il bonus prima casa, deve cioè pagare allo Stato le imposte che aveva risparmiato all’atto dell’acquisto, ed è altresì tenuto a versare le sanzioni pari al 30% di tale importo.

È possibile inoltre cambiare casa senza rinunciare alle agevolazioni fiscali e senza rivendere la precedente se quest’ultima è diventata inidonea. In questo modo, il contribuente può ben mantenere contemporaneamente la proprietà su due immobili per i quali abbia usufruito del bonus prima casa, in deroga alla normativa vigente. 

Cerchiamo di chiarire, più nel dettaglio, tali aspetti.

Bonus prima casa: condizioni

Per ottenere il bonus prima casa è necessario non essere titolari, neanche per quote, di un’altra abitazione situata nello stesso Comune ove si trova l’immobile da acquistare.

Inoltre, se si è già proprietari (anche per una quota) di un altro immobile – ovunque situato – per il quale si è usufruito all’atto dell’acquisto del bonus prima casa, bisogna provvedere a venderlo entro 1 anno dal nuovo rogito.

È obbligatorio fissare la propria residenza nel Comune ove si trova il nuovo immobile, non necessariamente nella stessa via (il che significa che la casa nuova può essere anche data in affitto se il contribuente vive nello stesso territorio comunale).

L’immobile da acquistare non deve essere di lusso (A/1, A/8 o A/9).

Bonus prima casa: vantaggi

Col bonus prima casa, chi compra da una ditta sconta l’Iva al 4% anziché al 10% e paga l’imposta ipotecaria, catastale e di registro nella misura di 200 euro ciascuna. 

Chi compra invece da privato sconta l’Imposta di registro al 2% anziché al 9% e paga l’imposta ipotecaria e catastale nella misura di 50 euro ciascuna. 

Inoltre, chi vende l’abitazione acquistata con le agevolazioni ed entro un anno ne compra un’altra in presenza delle condizioni per usufruire dei benefici “prima casa”, ha diritto a un credito d’imposta pari all’imposta di registro o all’Iva pagata per il primo acquisto agevolato.

Bonus prima casa: svantaggi

Come anticipato, chi acquista con il bonus prima casa deve impegnarsi a non rivendere l’immobile prima di 5 anni, a meno che ne acquisti entro 1 anno un altro ove fissi la propria dimora abituale.

Bonus prima casa senza vendere il precedente immobile

Si è appena detto che il bonus prima casa spetta solo su un immobile alla volta. Difatti, chi ha già usufruito dell’agevolazione fiscale in commento e, volendo cambiare casa, vuol avvantaggiarsene di nuovo, deve vendere il precedente immobile entro 1 anno dal nuovo rogito. 

Si è anche detto che, nello stesso Comune, il contribuente non deve avere altri immobili.

Tuttavia, tale condizione non è più richiesta quando il precedente immobile è diventato inidoneo alle esigenze abitative, perché ad esempio troppo piccolo. È il caso di una coppia di coniugi che acquisti un monolocale ma poi sia costretta a comprare un appartamento più grande per via della nascita di due figli. O, al contrario, della famiglia che, ridottasi a seguito della raggiunta indipendenza dei figli, necessiti di un locale più piccolo.

Tali conclusioni sono state più volte affermate dalla Cassazione [1].

Secondo la Suprema Corte, ha diritto alle agevolazioni sulla prima casa il contribuente che possieda nello stesso Comune un altro immobile non idoneo alle esigenze abitative del suo nucleo familiare in quanto di metratura esigua.

In tema di agevolazioni prima casa, «l’idoneità» della casa di abitazione pre-posseduta purché acquistata senza agevolazioni nel medesimo Comune va valutata sia in senso oggettivo (effettiva inabitabilità), che in senso soggettivo (fabbricato inadeguato per dimensioni o caratteristiche qualitative), nel senso che ricorre l’applicazione del beneficio anche all’ipotesi di disponibilità di un alloggio che non sia concretamente idoneo, per dimensioni e caratteristiche complessive, a soddisfare le esigenze abitative dell’interessato. 

Secondo numerose pronunce [2], per chi abbia il possesso di un’altra casa valutata “non idonea” all’uso abitativo sia per cause di natura oggettiva (inabitabilità) che di natura soggettiva (fabbricato inadeguato per dimensioni o caratteristiche qualitative), il concetto di idoneità della casa pre-posseduta – ostativo alla fruizione del beneficio – deve ritenersi intrinseco alla nozione stessa di casa di abitazione, da intendersi quale alloggio concretamente idoneo, sia sotto il profilo materiale che giuridico, a soddisfare le esigenze abitative dell’interessato [3]. 

Quindi, concludono i Giudici di legittimità, non è di ostacolo all’applicazione delle agevolazioni prima casa la circostanza che l’acquirente dell’immobile sia al contempo proprietario di un altro immobile (acquistato senza agevolazioni nel medesimo Comune) che, per qualsiasi ragione, sia inidoneo, per le ridotte dimensioni, a essere destinato a sua abitazione. 


note

[1] Cass. civ., sez. V, ord., 22 luglio 2021, n. 20981

[2] Cass. 8771/2000 e 2565/2018.

[3] Cass. Civ. 5051/2021 e 18091/2019.

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Cass. civ., sez. V, ord., 22 luglio 2021, n. 20981

Presidente Manzon – Relatore Fanticini

Rilevato che:

con avviso di liquidazione emesso dall’Ufficio Territoriale di Bressanone-Brunico, l’Agenzia delle Entrate revocava l’agevolazione “prima casa” fruita da K.W. per l’acquisto di un immobile in data (omissis) e recuperava a tassazione l’IVA dovuta (Euro 53.400) irrogando le relative sanzioni; la contribuente aveva dichiarato di non vantare altri diritti reali su immobili ubicati nel medesimo Comune, ma da un successivo controllo emergeva che la stessa era proprietaria, già prima del (omissis), dell’abitazione censita al C.F. di (omissis), foglio (omissis), part. (omissis), sub. 22, cat. A/2, e del cespite di cui al foglio (omissis), mapp. (omissis), sub. 30, acquistata in data (omissis); – la Commissione Tributaria di primo grado di Bolzano adita dalla K. – la quale affermava la sussistenza del requisito dell’impossidenza di altro immobile in ragione dell’inidoneità dei cespiti precedentemente acquistati ad essere adibiti ad abitazione della contribuente e della sua famiglia – annullava l’avviso e compensava le spese; – la Commissione Tributaria di secondo grado di Bolzano, con la sentenza n. 84/1/14 dell’1/8/2014, respingeva l’appello dell’Agenzia delle Entrate e quello incidentale della K. e compensava le spese; – avverso tale decisione l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo; – resiste con controricorso, contenente ricorso incidentale (fondato su un motivo), K.W., la quale ha depositato memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c..

Considerato che:

1. Con l’unica censura l’Agenzia ricorrente deduce (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, allegata Tariffa, Parte Prima, art. 1, n. 1), lett. b), nota II-bis, per avere la C.T.R. ritenuto che, ai fini dell’agevolazione “prima casa”, il requisito dell’impossidenza di altri immobili sia integrato anche quando l’abitazione già in proprietà è inidonea alle soggettive esigenze abitative della famiglia del contribuente; al contrario, ad avviso dell’Agenzia, il requisito predetto è fondato su un elemento oggettivo, costituito dalla mancanza di altri immobili ad uso abitativo nella titolarità del contribuente. Il motivo è infondato. Il D.L. 22 maggio 1993, n. 155, art. 16, apportando modifiche al T.U. Imposta di Registro, aveva prescritto, per il riconoscimento dell’agevolazione, che nell’atto di acquisto l’acquirente dichiarasse di non possedere un altro fabbricato “idoneo ad abitazione” nel medesimo Comune, ma la successiva L. 28 dicembre 1995, n. 549 (con l’art. 3, comma 131), ha innovato il testo normativo che, nella versione applicabile all’epoca dell’acquisto della K. (e tuttora vigente), stabilisce “che nell’atto di acquisto l’acquirente dichiari di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l’immobile da acquistare”. Anche dopo tale innovazione legislativa e, dunque, in relazione al testo vigente, la giurisprudenza di questa Corte ha prevalentemente aderito all’opzione interpretativa secondo cui la mera titolarità di un cespite immobiliare non è ostativa al riconoscimento dell’agevolazione, la quale spetta, invece, al contribuente impossidente di un immobile che possa essere adibito ad abitazione. In tal senso, ex multis, Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 19989 del 27/07/2018, Rv. 649937-01, ha affermato che “In tema di agevolazioni fiscali per la prima casa, ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, allegata Tariffa, art. 1, nota II-bis, nel testo (applicabile “ratione temporis”) modificato dalla L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 131, il concetto di “idoneità” della casa pre-posseduta – ostativo alla fruizione del beneficio (ed espressamente previsto nella previgente normativa) – deve ritenersi intrinseco alla nozione stessa di “casa di abitazione”, da intendersi quale alloggio concretamente idoneo, sia sotto il profilo oggettivo-materiale che giuridico, a soddisfare le esigenze abitative dell’interessato” e Cass., Sez. 5, Sentenza n. 2565 del 02/02/2018, Rv. 646929-01, ha statuito che “In tema di agevolazioni prima casa… “l’idoneità” dell’abitazione pre-posseduta va valutata sia sotto il profilo oggettivo (effettiva inabitabilità), che sotto quello soggettivo (fabbricato inadeguato per dimensioni o caratteristiche qualitative), nel senso che il beneficio trova applicazione anche nell’ipotesi di disponibilità di un alloggio che non sia concretamente idoneo, per dimensioni e caratteristiche complessive, a soddisfare le esigenze abitative dell’interessato.” (nello stesso senso si sono recentemente pronunciate anche Cass., Sez. 6-5, Ordinanza n. 5051 del 24/02/2021, Cass., Sez. 6-5, Ordinanza n. 18091 del 05/07/2019, e Cass., Sez. 6-5, Ordinanza n. 18092 del 05/07/2019). Inoltre, nel dichiarare inammissibile la questione di legittimità costituzionale del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, allegata Tariffa, Parte Prima, art. 1, n. 1, lett. b), nota II-bis (sollevata in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., ed ai principi di ragionevolezza, razionalità e non contraddizione), la Corte Cost., con l’ordinanza n. 203 del 6 luglio 2011, ha espressamente riconosciuto che “le agevolazioni in esame rispondono alla ragionevole ratio di favorire l’acquisto di un’abitazione nel luogo di residenza o di lavoro a vantaggio di chi, nello stesso luogo, non abbia la possidenza di un’altra casa di abitazione obiettivamente idonea a soddisfare le sue esigenze”. Da tale decisione trae ulteriore conferma l’interpretazione secondo cui non è di ostacolo all’applicazione delle agevolazioni “prima casa” la circostanza che l’acquirente dell’immobile sia al contempo proprietario di altro immobile (acquistato senza agevolazioni nel medesimo Comune) che, per qualsiasi ragione, sia inidoneo, per le ridotte dimensioni, ad essere destinato a sua abitazione. Nella fattispecie, la Commissione Tributaria di secondo grado ha escluso, con accertamento in fatto insuscettibile di sindacato di legittimità, che l’immobile già in titolarità della K., della superficie complessiva (netta) di 47,81 mq., fosse idoneo ad essere adibito alle esigenze abitative della famiglia della contribuente, costituita da un nucleo di cinque persone. 2. Col ricorso incidentale la K. denuncia (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15, per avere la C.T.R. compensato le spese del giudizio nonostante la soccombenza dell’Agenzia delle Entrate. Il motivo è infondato. Il giudice d’appello ha compensato le spese in ragione di un contrasto interpretativo nel quale la tesi dell’Agenzia delle Entrate non è stata reputata implausibile, in quanto basata sul dato letterale della disposizione. La C.T.R. non ha posto le spese del giudizio a carico della parte vittoriosa, né ha reso una motivazione illogica o stereotipata: ne consegue l’infondatezza della doglianza, dato che il giudice ha fatto applicazione dell’art. 92 c.p.c., comma 2, come modificato dal D.L. n. 132 del 2014, convertito dalla L. n. 162 del 2014 (norma dichiarata incostituzionale con sentenza della Corte Cost. n. 77 del 2018, nella parte in cui non prevede che il giudice possa compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero, anche qualora sussistano altre analoghe e gravi ragioni) – e “il sindacato della Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, per cui vi esula, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell’opportunità di compensarle in tutto o in parte, sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca che in quella di concorso di altri giusti motivi” (ex multis, Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 8421 del 31/03/2017, Rv. 643477-02). 3. In conclusione, sia il ricorso principale, sia quello incidentale sono da respingere. In ragione della reciproca soccombenza, si dispone la compensazione delle spese del giudizio di cassazione. 4. Poiché la ricorrente principale è un’Amministrazione dello Stato esonerata dal versamento del contributo unificato, va escluso il suo obbligo di versare l’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso principale, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 5955 del 14/03/2014, Rv. 630550-01; Cass., Sez. 6-L, Ordinanza n. 1778 del 29/01/2016, Rv. 638714-01), mentre deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il predetto versamento ex art. 13, comma 1-quater, da parte della ricorrente incidentale.

P.Q.M.

La Corte: respinge il ricorso principale e il ricorso incidentale; compensa le spese del giudizio di legittimità; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte di K.W., dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.


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