La morte scioglie dal contratto? Può considerarsi “impossibilità sopravvenuta”?


L’impossibilità sopravvenuta di eseguire un contratto non si può mai riferire alle obbligazioni di pagare del denaro.
Mettiamo che marito e moglie stipulino un contratto qualsiasi, per esempio il compromesso per l’acquisto di una casa; che paghino gli acconti in attesa del rogito definitivo, ma che, prima di tale data, l’uomo – principale fonte di reddito per la famiglia – muoia; cosicché la donna chieda al venditore di “annullare” l’accordo (in gergo tecnico “risolvere il contratto”), essendosi verificata (a suo dire) una impossibilità sopravvenuta e imprevedibile per adempiere ai patti.
È possibile un’ipotesi del genere? La questione non è così scontata e il dubbio è venuto non solo agli avvocati, ma anche ai giudici che, in una vicenda simile, hanno deciso il primo e il secondo grado in modo diverso: sino a quando non è intervenuta la sentenza della Cassazione [1] a definire la giusta interpretazione.
Peraltro, si tratta di un’ipotesi tutt’altro che rara. Quante volte, nel momento in cui si tenta di recuperare un credito, ci si sente opporre dall’altro lato il fatto che sia venuto a mancare un caro e che, pertanto, non si hanno più risorse economiche. Si tratta di una “motivazione” legittima? Ci sono appigli giuridici per far valere tale circostanza?
Cosa prevede la regola generale?
Il codice civile [2] stabilisce che, nei contratti con “prestazioni corrispettive” (ossia quelli in cui entrambe le parti devono “fare” o “dare” qualcosa, come appunto la vendita dove v’è lo scambio di denaro contro un bene), se la prestazione oggetto dell’accordo diventa impossibile per una causa sopravvenuta, si può chiedere la risoluzione del contratto. In pratica, bisognerà restituire l’eventuale prezzo o bene già ricevuto e l’altra parte, a sua volta, non potrà pretendere la controprestazione. Detto in parole ancora più povere, si preme il pulsante “indietro veloce” e si ritorna tutti come si era prima della firma del contratto.
Perché, però, si possa invocare tale regola è necessario che l’impossibilità sia:
– sopravvenuta: ossia non presente già al momento dell’accordo;
– imprevedibile;
– oggettiva: ossia dipenda da fatti estranei alla volontà o alla sfera di controllo di entrambe le parti, ossia da eventi che non si possono dominare o prevedere. L’esempio “da manuale” è il terremoto, uno sciopero generale, ecc.
E in caso di morte?
Sorge a questo punto il dubbio se la morte della parte obbligatasi in un contratto possa considerarsi una “causa imprevedibile sopravvenuta” e, quindi, possa giustificare la richiesta di scioglimento definitivo del contratto.
Secondo la Suprema Corte, il decesso di una persona, per sua natura, non è un evento imprevedibile e neanche straordinario. Dunque esso non esclude la possibilità di portare a compimento un contratto (una vendita, una prestazione, ecc.). La morte deve essere considerata – per il diritto – come un evento quotidianamente verificabile: insomma, “vivi ogni giorno come se fosse l’ultimo”.
La morte, dal punto di vista del diritto, è disciplinata con le regole della successione, quindi, con l’accettazione dell’eredità. Pertanto, in caso di decesso, non si può mai parlare di “impossibilità” sopravvenuta, posto che i diritti e doveri del contratto si trasferiscono automaticamente agli eredi, compresa l’obbligazione di pagare il prezzo di acquisto di un bene. Ciò non vale solo per quelle obbligazioni intrasmissibili come, per esempio, quelle basate sulle particolari qualità di un soggetto: per esempio, un quadro commissionato a un pittore, ecc.
Dunque, concludendo, l’impossibilità sopravvenuta si riferisce solo alle cause oggettive, assolute e riferibili al contratto ed alla prestazione e non alle parti.
L’impossibilità deve consistere non in una semplice difficoltà, ma in un impedimento tale da non poter essere rimosso e deve avere ad oggetto una prestazione determinata o di genere limitato: non riguarda mai, pertanto, le prestazioni che hanno ad oggetto il denaro.
Le obbligazioni di dare denaro, infatti, possono essere tranquillamente adempiute dagli eredi, perché non implicano particolari qualità personali del soggetto impossibilitato.
Insomma: per il solo fatto che il marito o la moglie è deceduto, il coniuge non può invocare tale evento come causa di impossibilità sopravvenuta per sciogliersi dal contratto.
note
[1] Cass. sent. n. 13224 dell’11.06.2014.
[2] Art. 1463 cod. civ.
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