Annotazioni sul libretto di deposito a risparmio: chi ha ragione?


Presunzione a favore della banca, che il cliente-depositante può vincere onerandosi della prova contraria.
Le annotazioni sul libretto di deposito a risparmio, firmate dall’impiegato della banca, fanno piena prova nei rapporti tra banca e cliente-depositante; pertanto è quest’ultimo a dover provare che si tratta di annotazione di operazioni non consentite.
È quanto stabilito dalla Cassazione co una ordinanza emessa ieri [1].
Mettiamo il caso di un cliente che stipuli un contratto di deposito con la banca e, perciò, versi, in libretti di risparmio al portatore, alcune somme consegnate, di volta in volta, a mani del cassiere. Che succede se l’estratto conto che la banca fornisce al depositante differisca (sia, cioè, inferiore) rispetto a quello di cui il cliente ha contezza?
Prevalgono i conteggi dell’istituto di credito
Quanto risulta alla banca, ed è annotato sul libretto di risparmio al portatore, prevale su quello che dichiara il depositante, salvo che quest’ultimo fornisca valide prove del maggior credito vantato rispetto a quello risultante dai libretti bancari restituiti al medesimo.
È lo stesso codice civile [2] – ricorda la Suprema Corte – a stabilire che le annotazioni sul libretto, firmate dall’impiegato della banca, fanno piena prova nei rapporti fra la stessa e il depositario. Si tratta di una presunzione di validità delle annotazioni apposte sul libretto che fa fede, salvo prova contraria.
Il cliente, infatti, può superare tale presunzione con la dimostrazione che un’operazione di versamento o prelevamento di somme, sebbene non annotata, sia stata comunque eseguita.
È questa, del resto, la conseguenza di un principio generale del nostro processo civile [3] secondo cui è proprio colui che afferma l’esistenza di un diritto a dover provare i fatti che ne costituiscono il fondamento.
È quindi sempre il depositante che ha l’onere della prova del fatto storico del riempimento abusivo del libretto, con annotazione di operazioni non consentite.
note
[1] Cass. ord. n. 14888/14 dell’1.07.2014.
[2] Art. 1835 co. 2, cod. civ.
[3] Art. 2697 cod. civ.
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