Quando si può mandare via di casa un figlio?


Fino a che età la prole ha diritto di rimanere nell’abitazione familiare? Si può cacciare di casa il figlio fannullone o violento? Obbligo alimentare: cos’è?
I figli, una volta cresciuti, intraprendono la propria strada creando una nuova famiglia. Non sempre, però, è così. Un po’ per via della difficoltà di trovare lavoro, un po’ perché qualcuno si adagia troppo sulle comodità di vivere con i genitori, può accadere che la prole, anche se adulta, non voglia proprio saperne di lasciare casa. Cosa fare in queste circostanze? Si può mandare via di casa un figlio?
È noto che la legge imponga ai genitori di crescere, educare ed istruire i figli; è altrettanto risaputo che la prole va mantenuta anche dopo il compimento del diciottesimo anno di età, fino a che non raggiunga l’indipendenza economica. Tutto ciò, però, non significa che i figli possano vivere per sempre nella casa dei genitori. A tutto c’è un limite. Con questo articolo parleremo proprio di ciò: spiegheremo cioè quando si può mandare via di casa un figlio.
Indice
I figli hanno diritto di stare in casa dei genitori?
I genitori (sposati o meno che siano) hanno il dovere di mantenere, educare ed istruire i propri figli, nonché di assisterli moralmente, nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni (art. 315-bis cod. civ.).
Tra i diritti dei figli minorenni vi è anche quello di stare a casa con i genitori. È la legge a stabilirlo (art. 316 cod. civ.): i genitori di comune accordo stabiliscono la residenza abituale del minore.
Non a caso, quando i genitori si separano, il giudice decide l’assegnazione della casa familiare a favore del coniuge a cui la prole è affidata in maniera prevalente o esclusiva (in genere, la madre).
Stare a casa dei genitori significa avere vitto e alloggio garantito. Ma non solo: la casa è il luogo ove si sviluppa la vita di tutto il nucleo familiare, ove i bambini crescono e possono avvertire quel senso di protezione e sicurezza che è importante per una sana crescita e per un normale sviluppo psicofisico.
I figli minorenni possono lasciare la casa familiare?
Per legge (art. 318 cod. civ.), i figli minorenni non possono lasciare la casa dei genitori senza il consenso di questi ultimi.
Il Codice civile stabilisce che il figlio, sino alla maggiore età o all’emancipazione (che si ottiene contraendo matrimonio a 16 anni, dietro autorizzazione del giudice), non può abbandonare la casa dei genitori (o del genitore che esercita su di lui la responsabilità genitoriale) né la dimora da essi assegnatagli. Qualora se ne allontani senza permesso, i genitori possono richiamarlo ricorrendo, se necessario, al giudice.
Quanto appena detto non significa che i figli non possano mai lasciare la casa dei genitori. Ad esempio, se devono partecipare a una gita scolastica oppure partono per le vacanze con gli amici, potranno senz’altro dormire la notte fuori, in albergo oppure a casa di altri. L’importante è che ci sia il consenso dei genitori.
Figlio maggiorenne: deve andare via di casa?
Il figlio maggiorenne ha diritto di rimanere a casa dei genitori se non è economicamente indipendente. Ciò significa che il padre e la madre dovranno tenere con sé il figlio che, nonostante l’istruzione universitaria e/o gli sforzi per cercare lavoro, non abbia un posto stabile né delle entrate economiche che gli consentano di vivere in modo indipendente.
In pratica, fintantoché dura l’obbligo di mantenimento, i genitori non potranno mandare via di casa il proprio figlio.
Lo stesso accade se il figlio non vive stabilmente nella casa familiare, ad esempio perché studia all’università: il fatto di essere fuori sede non legittima i genitori a chiudergli la porta in faccia al rientro.
Insomma: fino a che il figlio non sia autonomo dal punto di vista economico, non si potrà mandarlo via di casa.
Quando si può cacciare un figlio di casa?
A tutto c’è un limite. Se il figlio è maggiorenne e disoccupato per sua colpa, allora i genitori potranno “sfrattarlo”, ordinandogli di lasciare l’abitazione familiare.
Si pensi al figlio fannullone che non ha voglia di lavorare, oppure a quello che si impegna scarsamente nello studio o nella ricerca di un’attività retribuita: in casi del genere, i genitori non sono più tenuti a ospitare il proprio figlio perché non devono più mantenerlo.
Non a caso, la legge dice che il figlio deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione alle proprie capacità, alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finché convive con essa.
Il figlio maggiorenne che non fa nulla per studiare o per trovarsi un impiego non ha quindi diritto a continuare a restare a casa dei genitori.
Per pacifica giurisprudenza, quando la prole è adulta e non è economicamente indipendente per propria colpa, perde il diritto a essere mantenuta dai genitori.
Nemmeno ha diritto a rientrare a casa il figlio che ha perso il lavoro: raggiunta per la prima volta una dignitosa indipendenza economica, l’eventuale perdita dell’impiego non consente di riacquistare il diritto a vivere con i genitori.
In altre parole, una volta ottenuta, seppur brevemente, l’indipendenza economica, si perde per sempre il diritto a rientrare in casa dei genitori.
Come spiegato nell’articolo Un genitore può cacciare di casa un figlio?, quanto appena detto vale tanto più se il figlio è violento nei confronti dei genitori: in ipotesi del genere, è possibile rivolgersi al giudice per ottenere l’ordine di allontanamento dalla casa.
Figli: hanno diritto agli alimenti?
A quanto detto sinora in merito alla perdita del diritto di vivere in casa dei genitori quando si è raggiunta l’indipendenza economica va fatta una precisazione.
Per legge (art. 433 cod. civ.), occorre prestare assistenza materiale al familiare che si trovano in uno stato di bisogno economico. Si tratta del famoso obbligo degli alimenti, che grava sia in capo ai figli che in capo ai genitori, a seconda di chi ne abbia necessità.
Nel nostro caso, se un figlio si trova in precarie condizioni economiche, in assenza di coniuge e di una propria prole, ha diritto agli alimenti da parte dei genitori, per quanto anziani possano essere.
La prestazione alimentare è diversa dal mantenimento che, come visto, il figlio perde nel momento in cui raggiunge l’indipendenza economica oppure tarda colpevolmente nel raggiungerla.
In pratica, l’obbligo alimentare a carico dei genitori sorge quando è cessato il mantenimento. Gli alimenti consistono in una prestazione molto più ridotta, limitata a soddisfare le esigenze più elementari di vita, come il vitto, il vestiario, le cure mediche e l’alloggio.
Se i genitori non possono permettersi di aiutare economicamente il figlio in difficoltà, allora possono adempiere alla propria obbligazione alimentare ospitandolo in casa propria, offrendo così vitto e alloggio.
Se i genitori ospitano il figlio in casa, non saranno tenuti a pagare altro perché adempiono ai loro obblighi di versare gli alimenti con l’ospitalità che offrono.
Ecco dunque che il figlio maggiorenne, pur avendo perso il diritto al mantenimento e, di conseguenza, quello a vivere con i genitori, potrebbe comunque rientrare nella casa di famiglia “sfruttando” gli alimenti.
Si precisa, però, che quello di tornare a vivere con i genitori non è un diritto per il figlio in stato di bisogno economico: sono i genitori a doverlo ospitare, in sostituzione di una prestazione altrimenti economica (ad esempio, del denaro per potersi pagare il fitto di un’altra casa).
Ho una figlia di 34 anni.,laureata e con figlio di 16 anni, lei vuole fare l artista e non vuole lavorare, la vita con lei è impossibile, io sono l unico deterrente per fare sì che non alzi le mani a sua madre, anche se in una occasione lo ha fatto, suo figlio sta dalla mia, insomma con mia figlia non è vita, ti porta a fare cose brutte, come posso fare?
Gent.mo Sig. Alessandro,
il figlio maggiorenne che non fa nulla per studiare o per trovarsi un impiego non ha diritto a continuare a restare a casa dei genitori. Se ricorre questa condizione, può adire il tribunale e chiedere che Sua figlia vada via. Tanto più se ci sono episodi di violenza.
Peraltro, esistono sentenze che indicano proprio in 34 anni l’età in cui un genitore può mandare via di casa il figlio. Il fatto che abbia diritto agli alimenti non giustifica la sua permanenza.
Buon giorno , ho un figlio di 21 anni che è stato assunto regolarmente . Non riusciamo più a convivere . sarebbe soluzione logica che se ne andasse ma fa orecchie da mercante facendomi vivere una situazione esasperante. Posso obbligarlo in qualche maniera ad andarsene? in che modo ? grazie