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Dichiarazione dei redditi non presentata: quali rischi?

23 Novembre 2021 | Autore:
Dichiarazione dei redditi non presentata: quali rischi?

Professionisti e imprenditori subiscono l’accertamento induttivo: i guadagni possono essere accertati in via presuntiva. E sopra certe soglie c’è anche il reato.

Gli adempimenti fiscali sono sempre rigorosi e mai come in questa materia è vero il detto che la forma vale quanto la sostanza, se non di più. Ad esempio, è meglio fare una dichiarazione dei redditi sbagliata che non farla affatto. Quali rischi si corrono per la dichiarazione dei redditi non presentata?

Innanzitutto, devi sapere che non tutti corrono rischi. Ci sono molti contribuenti non obbligati a presentare la dichiarazione dei redditi, neppure con il modello 730; ad esempio, chi percepisce solo redditi da lavoro dipendente da un unico datore di lavoro e ha già avuto le trattenute d’imposta in busta paga. Anche questi soggetti, però, potrebbero avere interesse a presentare la dichiarazione se vogliono far valere ulteriori detrazioni fiscali, come le spese sanitarie o del mutuo per l’acquisto della casa.

Il discorso cambia parecchio per i titolari di partita Iva, come gli imprenditori, i commercianti, gli artigiani, i lavoratori autonomi e i liberi professionisti. Per queste categorie la tassazione annuale sui proventi viene calcolata proprio attraverso la dichiarazione dei redditi. Se essa non viene presentata, l’Agenzia delle Entrate può ricostruire i guadagni presuntivamente, con l’accertamento induttivo, uno strumento molto potente che lascia le mani libere al Fisco. Inoltre, la dichiarazione dei redditi non presentata comporta il rischio di un’incriminazione penale: al superamento di determinate soglie d’imposta evasa scatta il reato.

Chi non è tenuto a presentare la dichiarazione dei redditi?

Non sono tenuti a presentare la dichiarazione dei redditi annuale i contribuenti che, nell’anno di imposta considerato, hanno:

  • percepito esclusivamente redditi di lavoro dipendente, o di pensione, da un unico sostituto d’imposta che ha rilasciato la Certificazione unica;
  • conseguito solo redditi di fabbricati derivanti dall’abitazione principale ed altri immobili non locati situati nel medesimo Comune di residenza;
  • ricevuto redditi esenti da Irpef (come le rendite Inail, le indennità di accompagnamento e le pensioni sociali) o soggetti ad imposta sostitutiva diversa dalla cedolare secca, come gli interessi sui titoli di Stato e sui conti correnti;
  • un reddito di lavoro dipendente o pensione inferiore a 8.000 euro, redditi di terreni o fabbricati non superiori a 500 euro, e comunque un debito d’imposta non superiore a 10,33 euro.

Questi soggetti possono presentare comunque la dichiarazione dei redditi, con il modello 730, per far valere gli oneri deducibili e le spese detraibili, che altrimenti non potrebbero essere portati a credito e andrebbero perduti.

Chi è obbligato alla dichiarazione dei redditi?

Sono obbligati a presentare la dichiarazione dei redditi:

  • tutti i titolari di partita Iva, anche se hanno conseguito redditi pari a zero;
  • i lavoratori dipendenti o autonomi che hanno ricevuto più di una Certificazione unica (la dichiarazione dei redditi serve a operare il conguaglio rispetto alle aliquote Irpef applicate separatamente da ciascun sostituto d’imposta);
  • chi ha percepito redditi diversi su cui non sono state applicate ritenute d’imposta, o plusvalenze e redditi di capitale non soggetti a ritenuta definitiva alla fonte e quindi da assoggettare ad imposta sostitutiva.

Per approfondire i vari casi, leggi: “Quando posso non fare la dichiarazione dei redditi“.

Dichiarazione omessa e dichiarazione tardiva: differenza

La dichiarazione dei redditi si considera omessa quando viene presentata dopo più di 90 giorni rispetto alla scadenza annuale prescritta dalla legge; fino a quel momento, è considerata soltanto una dichiarazione tardiva. In altre parole, chi presenta la dichiarazione dopo 90 giorni dal termine di scadenza è responsabile di omessa presentazione, al pari di chi non l’ha presentata affatto, neppure in seguito.

Tuttavia, la presentazione della dichiarazione omessa che avviene entro e non oltre il termine relativo alla dichiarazione dell’annualità successiva beneficia di una riduzione delle sanzioni, che sono quasi dimezzate. La dichiarazione tardiva, invece, può essere regolarizzata mediante il ravvedimento operoso, beneficiando di un notevole abbattimento delle sanzioni (entro i primi 90 giorni si paga un decimo del minimo, cioè 25 euro).

Omessa dichiarazione: le sanzioni amministrative

La dichiarazione omessa comporta una sanzione  amministrativa pecuniaria dal 120% al 240% dell’ammontare delle imposte dovute, con un minimo di 250 euro. Se non c’è un debito d’imposta, si applica comunque la sanzione da 250 a 1.000 euro.

Presentando la dichiarazione omessa entro il termine di scadenza per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo (e comunque, prima dell’inizio di un accertamento fiscale per omessa presentazione) la sanzione amministrativa è ridotta e va dal 60% al 120% dell’ammontare delle imposte dovute, con un minimo di 200 euro. Se non sono dovute imposte, la sanzione è compresa tra un minimo di 150 euro e un massimo di 500 euro.

Dichiarazione omessa e termini di accertamento

In caso di omessa dichiarazione, i termini per eseguire i controlli sulle dichiarazioni a disposizione dell’Agenzia delle Entrate sono estesi di due anni: mentre il termine ordinario per gli accertamenti sulle dichiarazioni presentate è di 5 anni, e scade il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione, per la dichiarazione omessa ci sono sette anni di tempo per eseguire i controlli e le rettifiche dei redditi. Ad esempio, una dichiarazione dei redditi non presentata per l’anno d’imposta 2021 comporterà la possibilità di un accertamento a carico del contribuente fino al 31 dicembre 2029.

Omessa dichiarazione e accertamento induttivo dei redditi

Il professionista, l’imprenditore e qualsiasi altro soggetto Iva che omette di presentare la dichiarazione può subire l’accertamento induttivo dei redditi da parte dell’Agenzia delle Entrate, entro il termine di sette anni che abbiamo esposto nel paragrafo precedente.

Con l’accertamento induttivo, detto anche extracontabile, l’Amministrazione finanziaria non è vincolata ai dati della dichiarazione dei redditi – che manca – e delle scritture contabili o del bilancio d’esercizio, ma può ricostruire i redditi d’impresa utilizzando i dati comunque raccolti, che costituiscono presunzioni semplici [1]. A quel punto, il contribuente dovrà fornire la prova contraria per smentire questa presunzione di evasione.

Omessa dichiarazione: quando è reato?

Il reato di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi o Iva [2] sussiste quando si supera la soglia di punibilità stabilita dalla legge tributaria e, precisamente, quando si oltrepassa il limite di 50mila euro, riferito a ciascuna imposta (Irpef, Irap o Iva). L’imposta è considerata evasa per il solo fatto di non aver presentato la dichiarazione obbligatoria entro i termini previsti. Le pene detentive per questa fattispecie di reato vanno da un minimo di due anni a un massimo di cinque anni di reclusione.

Per la configurabilità del reato, però, occorre accertare che vi sia stato il dolo di evasione, cioè la volontà di evadere le imposte; se l’omissione della dichiarazione deriva da altre cause, come la materiale impossibilità di presentarla o una mancanza addebitabile al commercialista, il reato non sarà integrato per la carenza dell’elemento soggettivo. Tuttavia, anche in questi casi, rimane possibile l’accertamento induttivo, perché il contribuente è sempre tenuto a vigilare sull’operato del professionista incaricato della presentazione, come ha chiarito la Corte di Cassazione in una recente sentenza [3].


note

[1] Art. 39, commi 1 e 2, D.P.R. n. 600/73.

[2] Art. 5 D.Lgs. n.74 del 10.03.2000.

[3] Cass. ord. n. 36001 del 22.11.2021.


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