Annullamento del contratto per violenza


Qual è la differenza tra violenza morale e fisica? Quando c’è la minaccia di un male ingiusto e notevole? Annullabilità e nullità: differenze.
La legge consente di annullare il contratto estorto con la violenza. Pensa al classico esempio della persona costretta a sottoscrivere un accordo svantaggioso sotto minaccia di morte. In casi del genere, la vittima può chiedere l’annullamento del contratto per violenza.
Come vedremo di qui a breve, esistono due tipi di violenza: una “morale” e l’altra “fisica”. Mentre la prima è causa di annullabilità del contratto, la seconda comporta la radicale nullità dell’accordo, nel senso che è possibile farlo invalidare senza alcun limite di tempo. Se l’argomento ti interessa e vuoi saperne di più, prosegui nella lettura: vedremo insieme come funziona l’annullamento del contratto per violenza.
Indice
Violenza nel contratto: cos’è?
La violenza che è causa di annullamento del contratto consiste nella minaccia di un male ingiusto che costringe la persona a stipulare un accordo altrimenti non voluto.
Essa è anche definita violenza morale per distinguerla dalla violenza fisica, che è invece causa di nullità del contratto. Vediamo qual è la differenza.
Violenza morale e violenza fisica: differenza
La violenza morale pone la vittima davanti a un’alternativa: accettare il contratto oppure subire le conseguenze negative prospettate nella minaccia. Insomma: o firmi o ne paghi le conseguenze. In questo senso, dunque, la vittima ha pur sempre una scelta, sebbene la sua volontà sia completamente viziata dalla minaccia.
La violenza fisica, invece, non lascia alternative in quanto consiste in una costrizione fisica vera e propria, cioè in una prevaricazione materiale: è il classico caso della persona che è costretta a firmare perché la sua mano è trascinata con la forza da un altro soggetto.
La differenza tra violenza morale e violenza fisica consiste dunque in ciò: mentre nella violenza morale la vittima ha pur sempre la possibilità di agire diversamente da quanto intimatogli, nella violenza fisica non c’è alcun modo di discostarsi dal volere di chi usa la forza.
Nella violenza morale la volontà del contraente c’è, ma è viziata; nella violenza fisica non c’è alcuna volontà. Ecco perché nel primo caso il contratto è annullabile mentre nel secondo è completamente nullo.
Annullabilità e nullità: differenze
Giunti a questo punto, vale la pena di spendere solamente due parole per elencare le principali differenze tra l’annullabilità e la nullità del contratto:
- l’azione per far valere l’annullamento di un contratto deve essere proposta entro cinque anni che, nel caso della violenza morale, decorrono dal giorno in cui è cessata la violenza. La nullità è invece imprescrittibile;
- l’annullamento può essere chiesto solamente dalla parte nel cui interesse è posta; ad esempio, dalla persona vittima della violenza. La nullità, invece, è rilevabile d’ufficio dal giudice;
- l’annullabilità è convalidabile, mentre non lo è la nullità.
Violenza morale: in cosa consiste?
Come anticipato, la violenza (morale) consiste:
- nella minaccia di un male ingiusto e notevole alla persona o ai beni del contraente;
- nella minaccia di un male ingiusto e notevole alla persona o ai beni dei familiari del contraente o di terze persone (amici, parenti, ecc.);
- nella minaccia di esercitare un diritto per ottenere un vantaggio ingiusto.
In ogni caso, la violenza è causa di annullamento del contratto se costringe il soggetto a stipulare un contratto non voluto oppure ad accettare condizioni contrattuali altrimenti non volute. Facciamo alcuni esempi.
Tizio costringe Caio a vendergli un terreno a prezzo irrisorio dietro la minaccia di fare del male ai suoi figli.
Sempronio ottiene da Mevio l’usufrutto gratuito della sua casa dietro la minaccia di screditarlo professionalmente diffondendo delle foto compromettenti in rete.
Violenza: quando è causa di annullamento?
La violenza morale è causa di annullamento solo se il male minacciato è:
- ingiusto, nel senso che deve trattarsi di un danno che la legge non giustifica. È sicuramente ingiusto minacciare un comportamento illecito (ad esempio: “se non mi vendi il motorino ti farò picchiare”); ma può esserlo anche lo scopo per il quale si minaccia di tener un comportamento in teoria lecito (ad esempio: “se non mi donerai il tuo appartamento, chiederò il tuo fallimento”). È il caso della minaccia di far valere un proprio diritto diretta però a conseguire un vantaggio ingiusto;
- notevole, cioè di rilevante entità. La minaccia di strappare un capello o di alzare la voce non può essere considerata una violenza;
- tale da fare impressione su una persona sensata, tenendo conto però delle caratteristiche di chi subisce la minaccia, come ad esempio l’età, il sesso e le altre condizioni concrete. Ad esempio, minacciare uno schiaffo in volto può essere poca cosa per un uomo giovane e in salute, mentre può essere una violenza morale rilevante per una persona anziana e/o ammalata.
Minaccia di far valere un diritto: quando c’è annullamento?
Come ricordato, anche la minaccia di far valere un diritto può essere causa di annullamento del contratto, ma solo quando è diretta a conseguire vantaggi ingiusti. Ecco un paio di esempi.
Tizio minaccia il suo creditore dicendogli che, se non gli donerà il suo appartamento, intraprenderà l’esecuzione forzata contro i suoi beni.
Paolo, sfruttando il fatto che potrebbe denunciare Francesco perché lo ha visto rubare, minaccia di dire tutto alla polizia se non gli cede a pochi soldi la sua auto nuova.
In casi come questi, la legge punisce colui che vuole sfruttare a proprio vantaggio una situazione legale per ottenere un vantaggio ingiusto.