Articolo 33 Costituzione: spiegazione e commento


Cosa dice e cosa significa l’art. 33 sulla tutela dell’arte, della scienza e della scuola.
L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento. La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.
La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali. È prescritto un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l’abilitazione all’esercizio professionale.
Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato
Indice
L’arte e l’insegnamento sono davvero liberi?
Cultura e politica sono sempre andati a braccetto. E questo perché l’arte raggiunge le persone prima di qualsiasi slogan o diktat. Non sembri quindi scontato e banale il contenuto dell’articolo 33 della Costituzione che afferma la libertà dell’arte, della scienza e dell’insegnamento. Ci sono stati regimi che hanno usato la mano forte, applicando la censura e imponendo le proprie dottrine sotto pena di pesanti condanne (si pensi anche alla stessa Chiesa che bruciava gli eretici e alle condanne nei confronti di Copernico e Galileo); altri invece sono stati più subdoli, riuscendo a far filtrare i propri principi silenziosamente, stipendiando gli artisti, un po’ come succedeva nelle corti del ‘600 e del ‘700.
Anche l’Italia non è stata da meno. Durante il Ventennio, i notiziari, le canzoni, le poesie inneggiavano al fascismo e all’ideologia nazionalista, esaltando le gesta del duce e dell’esercito. In un clima come questo, era impossibile farsi un’idea propria. Sin da allora esistevano, in un certo senso, le fake news: l’aderenza a determinate ideologie era il frutto di un mirato indottrinamento che iniziava sin da quando i bambini erano in giovane età. Come spesso accade, l’ignoranza è solo la conseguenza di un’informazione non corretta.
Ecco perché l’articolo 33 è strumentale all’articolo 21: intanto ci può essere un’effettiva libertà di pensiero in quanto questo si formi in modo autonomo, al di fuori di qualsiasi condizionamento.
Per «libertà d’arte» si intende il diritto di manifestare il proprio pensiero attraverso una qualsiasi forma di espressione artistica, che si tratti di pittura, scultura, musica, cinema, teatro, letteratura, spesso oggetto di censure più o meno pesanti in passato.
Ma siccome è impossibile – e sarebbe anche incostituzionale – imporre alle persone di spettacolo o comunque di pubblico rilievo di assumere una posizione equidistante e asettica, la libertà si manifesta non solo in termini negativi, come limite nei confronti delle ingerenze dello Stato, ma anche in termini positivi, come diritto di ciascuno di esternare le proprie convinzioni politiche, anche attraverso l’arte, la scienza o l’insegnamento. Un professore ben potrebbe, in classe, manifestare ai propri alunni il proprio convincimento politico-sociale, senza dover per forza essere neutrale, a condizione però che non spacci la propria come unica e incontrovertibile verità.
Anche in epoca più moderna, ci sono stati (e ci sono tutt’ora) partiti che hanno compreso, più di altri, la capacità degli artisti di dirottare il pensiero popolare; alcuni di questi così sono stati appositamente finanziati affinché, raggiunta la fama, potessero sponsorizzare determinati ideali e convinzioni. I cantautori italiani degli anni ’70 erano foraggiati dalla sinistra e lo sono rimasti a lungo. Né si può ritenere che ciò sia illegittimo finché tutto avviene nella piena libertà ed autonomia dell’autore.
La politica ha assunto così grosso peso nella vita della nazione che, a volte, è proprio l’aderenza all’uno o all’altro partito a determinare il successo nella vita lavorativa, anche e soprattutto quella all’interno delle istituzioni. Naturale quindi attendersi che una persona sia poi, in un certo senso, più ossequiosa di determinate ideologie rispetto ad altre.
E lo stesso dicasi per il potere economico. La scienza è libera, dice la Costituzione: ma quante volte gli studi sono finanziati dalle grandi industrie che devono spingere i propri prodotti, finendo per essere tutt’altro che oggettivi e scientifici.
Come l’arte, anche la scienza subisce influenze indirette o dirette. Qui la morale accolta da un determinato popolo, spesso influenzata dalla religione, ha un grosso peso. Si pensi ai numerosi limiti in relazione alle tecniche che modificano o manipolano il patrimonio genetico umano. La ricerca eugenetica è paralizzata dalle convinzioni – condivisibili o meno – del popolo e, quindi, del Parlamento.
Ed anche questa, paradossalmente, è una conseguenza della libertà: laddove non ci può essere una verità oggettiva, si finisce per acquisire tante verità soggettive, tutte potenzialmente valide solo perché espressione del diritto di ogni cittadino di dire la propria. Del resto, quando abbiamo parlato dell’articolo 21, abbiamo detto che esiste anche un sacrosanto diritto costituzionale di dire scemenze. Sta a questo punto al cittadino difendersi, in un’epoca in cui l’informazione e la ricerca delle fonti è alla portata di tutti grazie al web.
La libertà di scuola
I concetti della libertà d’arte e di scienza si uniscono in quello successivo espresso dall’articolo 33 della Costituzione: la libertà di insegnamento dell’arte e della scienza. Il docente ha il diritto di scegliere il metodo didattico che ritiene più opportuno e di esprimere le teorie contenute in tale metodo.
A tal proposito, la Corte Costituzionale ha riconosciuto la libertà del docente di accettare l’incarico che preveda un determinato orientamento ideologico e di recedere quando non se la senta più di condividerlo: il «Sistema», infatti, non può imporre ad un insegnante di aderire per sempre ad un pensiero.
La Costituzione garantisce gratuitamente un livello minimo di preparazione dei giovani attraverso l’istruzione obbligatoria per tutti, senza la quale si ritiene che un cittadino non sia in grado di partecipare all’organizzazione economica, sociale e politica di un Paese.
Attualmente, la scuola è obbligatoria per almeno dodici anni a partire dall’iscrizione alla prima classe della scuola elementare o sino al conseguimento di una qualifica di durata almeno triennale entro il diciottesimo anno di età. Nonostante l’obbligo di frequentare la scuola per almeno dodici anni previsto dalla legge, non esiste una norma che consenta di punire i genitori che non mandano i figli a scuola. Le uniche regole contro l’abbandono scolastico si riferiscono solo alla frequenza della scuola elementare: in particolare, viene previsto, a carico del padre e della madre, un vero e proprio reato con ammenda fino a 10mila euro. Invece, un genitore che non fa nulla per il figlio che non vuol frequentare la scuola media inferiore o superiore, non rischia niente.
L’articolo 33 della Costituzione non prevede che sia soltanto lo Stato a gestire l’istruzione, ma lascia spazio a istituzioni o enti privati affinché propongano ai cittadini i loro modelli educativi, culturali e religiosi. Viene rispettata, in questo modo, la libertà di scuola che prevede la possibilità di conseguire i titoli tramite le scuole private riconosciute. Lo Stato deve limitarsi a definire dei programmi comuni finalizzati al raggiungimento degli obiettivi nazionali definiti a livello ministeriale. Per il resto, le scuole sono libere di definire i propri metodi.
La scuola pubblica non può imporre l’insegnamento della religione, possibilità che, invece, hanno le strutture private.
Per quanto riguarda infine università e accademie, l’articolo 33 della Costituzione riconosce il diritto di chi gestisce tali strutture di adottare degli ordinamenti autonomi entro i limiti della legge. Lo Stato ha un potere di controllo per quanto riguarda il rispetto dei princìpi di legalità e di trasparenza.
La legge consente ad un’università pubblica di trasformarsi in ateneo privato ma senza che venga meno il controllo dello Stato.