Cassazione civile sez. VI, 11/06/2014, (ud. 04/03/2014, dep. 11/06/2014), n.13264
CONSIDERATO IN FATTO
Con sentenza n. 522 del 2011 (depositata il 23 marzo 2011) il Tribunale di Treviso accoglieva l’appello proposto dal Comune di PAESE nei confronti di T.A. avverso la sentenza n. 1919/2008 del 16.12.2008 del Giudice di pace di Treviso, che – in accoglimento del ricorso – aveva annullato il verbale della polizia n. 362/2008, con ciò statuendo il rigetto dell’opposizione proposta L. n. 689 del 1981, ex art. 22, dall’appellato e conseguentemente confermata la sanzione amministrativa irrogata per violazione dell’art. 141 C.d.S., comma 3.
Il T. ha proposto ricorso per cassazione (notificato il 21.9.2011 e depositato il 28.9.2011) nei riguardi della predetta sentenza formulando un unico motivo con cui ha censurato la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2699 e 2700 c.c., nonchè della L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 23, comma 12, e dell’art. 201 C.d.S., oltre ad insufficiente ed illogica motivazione.
L’intimata Amministrazione non si è costituita in questa fase.
Il consigliere relatore, nominato a norma dell’art. 377 c.p.c., ha depositato la relazione di cui all’art. 380 bis c.p.c., proponendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN DIRITTO
Vanno condivise e ribadite le argomentazioni e le conclusioni di cui alla relazione ex art. 380 bis c.p.c., che di seguito si riporta:
“L’unico mezzo articolato dal ricorrente riguarda la presunzione di verità attribuita dal giudice del gravame al verbale di accertamento in contestazione nonostante lo stesso fosse stato redatto in violazione dell’art. 201 C.d.S., non recando gli estremi precisi e dettagliati della violazione. La critica parrebbe meritevole di accoglimento.
A mente dell’art. 2700 c.c.. L’atto pubblico fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonchè delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti. La norma fa dunque riferimento ai fatti verificatisi in presenza del pubblico ufficiale. Le Sezioni Unite di questa Corte di recente (SS.UU. n. 17355 del 2009) hanno affermato che nel giudizio di opposizione ad ordinanza ingiunzione relativo al pagamento di una sanzione amministrativa è ammessa la contestazione e la prova unicamente delle circostanze di fatto della violazione che non sono attestate nel verbale di accertamento come avvenute alla presenza del pubblico ufficiale.
Ricadono in tale disciplina accadimenti e circostanze (da descrivere con indicazione delle particolari condizioni soggettive ed oggettive dell’accertamento, ricordano le Sezioni Unite) avvenuti alla presenza del pubblico ufficiale, quali il passaggio di un’autovettura con semaforo rosso o l’uso della cintura di sicurezza o il puntamento di apparecchiatura elettronica per il calcolo della velocità di un veicolo, indipendentemente dalla condizione dinamica o di stasi dell’autore del fatto e del mezzo usato.
Nel caso di specie, ciò che è avvenuto alla presenza del pubblico ufficiale e che poteva essere attestato con fede privilegiata è solo il transito del veicolo in movimento in quella strada.
Tanto chiarito, secondo l’art. 141 C.d.S., la pericolosità della condotta di guida deve essere desunta dalle caratteristiche e dalle condizioni della strada e del traffico e da ogni altra circostanza di qualsiasi natura. Essa di per sè non costituisce un fatto storico, che possa essere attestato, ma è il portato di un giudizio, di una valutazione sintetica, che è desunta dagli elementi indicati dal legislatore. Il giudizio di pericolosità implica un’attività di elaborazione da parte dell’agente accertatore, il quale deve rilevare i fatti che stanno avvenendo (condizione del veicolo, della strada, del traffico) e sottoporli a critica, per desumerne la valutazione di congruità ai criteri di buona condotta di guida o, appunto, di pericolosità. Ne consegue che detta valutazione è priva di efficacia probatoria privilegiata.
Inoltre va osservato che il rilievo secondo cui l’accertamento della violazione dell’art. 141 C.d.S., che impone all’automobilista di regolare la velocità in modo da evitare ogni situazione di pericolo, è dalla legge rimesso al giudizio discrezionale dell’agente, incide sulla necessità che questi indichi nel verbale – per un generale obbligo di motivazione degli atti amministrativi, che, in materia di violazioni del codice della strada, si sostanzia anche nel particolare contenuto della contestazione e del relativo verbale (artt. 200 e 201 C.d.S., e art. 383 reg. C.d.S.) – le circostanze di fatto da cui ha tratto il proprio giudizio, al fine di consentire l’esercizio del controllo su di esse nonchè sul loro grado di attendibilità e di persuasività in relazione alla contestazione effettuata (v. Cass. n. 2238 del 2008).
Orbene, nel caso di specie il Tribunale di Treviso ha negletto tale insegnamento, respingendo l’opposizione sul presupposto che pur non avendo il verbale di contestazione valore di atto fide facente, la sua provenienza da soggetto professionalmente addestrato ed abilitato proprio alla valutazione delle caratteristiche della circolazione stradale, assumeva valore di mera presunzione, che ammetteva prova contraria, non fornita dall’appellato-opponente.
Appare evidente l’erroneità della statuizione de qua per essere il convincimento fondato su un accertamento effettuato dagli agenti nel rilevare la velocità mantenuta dal T. senza alcun riferimento a circostanze oggettive, tale non potendosi ritenere l’abilità professionale dell’agente accertatore, posto che la percezione dell’agente nella valutazione della pericolosità della guida non può portare ad una sostanziale incontestabilità del relativo giudizio.
In definitiva, ritiene il relatore che appaiono sussistenti le condizioni per pervenire all’accoglimento del ricorso avanzato nell’interesse del T. per sua manifesta fondatezza”.
Gli argomenti e le proposte contenuti nella relazione di cui sopra, alla quale non sono state rivolte critiche di sorta, sono condivisi dal Collegio, peraltro omesso in sentenza qualunque riferimento al contenuto del verbale di contestazione, neanche riportato nella motivazione.
Il ricorso va, pertanto, accolto e l’impugnata sentenza va annullata, di conseguenza, la causa deve essere rinviata per nuova valutazione ad altro giudice del merito che va identificato nel Tribunale di Treviso, in persona di diverso magistrato, cui ex art. 385 c.p.c., è rimesso di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
PQM
La Corte, accoglie il ricorso;
cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la liquidazione delle spese di questo grado di giudizio, al Tribunale di Traviso, in persona di diverso magistrato.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Sesta – 2 Civile della Corte di Cassazione, il 4 marzo 2014.
Depositato in Cancelleria il 11 giugno 2014