Assegno di mantenimento: le spese straordinarie non sono forfetizzabili


Le spese mediche, scolastiche e tutte quelle che non rientrano nella normale vita quotidiana non possono essere incluse, a priori, nell’assegno.
L’ex coniuge deve partecipare a tutte, ma proprio tutte le spese necessarie per il mantenimento dei figli. Infatti, è tenuto a rimborsare i costi sostenuti dall’altro genitore per l’acquisto dei libri, del materiale didattico, le spese mediche, i viaggi scolastici, ecc. Ma c’è di più: le spese straordinarie non possono essere forfetizzabili dal giudice, in via preventiva, nell’assegno di divorzio.
Cosa prevede la legge
In caso di separazione, il giudice fissa l’ammontare dell’assegno di mantenimento a carico del coniuge che gode di una condizione economica più favorevole. Oltre a ciò, però, in caso di figli minori, il magistrato ordina al coniuge onerato di contribuire, nella misura del 50%, a tutte le cosiddette spese straordinarie (l’elenco delle spese straordinarie e la distinzione rispetto a quelle rientranti nell’assegno di mantenimento è contenuta nell’articolo “Spese di mantenimento del figlio: quali le ordinarie e le straordinarie”).
Secondo una interessante sentenza della Cassazione di questa mattina [1], le spese straordinarie non possono mai rientrare nell’assegno di mantenimento, e questo perché esse non possono essere previste in anticipo e, quindi, non sono forfetizzabili.
La nostra legge non prevede un’elencazione precisa delle spese straordinarie né una disciplina specifica nelle norme relative alla fissazione dell’assegno di mantenimento. Ciò nonostante, i giudici lasciano sempre “fuori” dall’assegno periodico le spese straordinarie e ciò per via del loro carattere imprevedibile e imponderabile. Tali costi esulano dall’ordinario regime di vita dei figli, per cui non possono essere incluse, a forfait, nell’assegno di mantenimento previsto – all’atto della separazione o del divorzio – dal giudice. Non si può, infatti, prestabilire in via aprioristica ciò che è imponderabile e imprevedibile. Se così fosse, si arriverebbe all’assurdo secondo cui il contributo in favore dei figli avrebbe il carattere di una intrinseca “scommessa” (quasi come una polizza assicurativa legata al “rischio infortunio): il che è, ovviamente, incompatibile con i principi che regolano il diritto di famiglia.
note
[1] Cass. sent. n. 18869 dell’8.09.2014.
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