Cass. pen., sez. I, ud. 7 febbraio 2022 (dep. 23 marzo 2022), n. 10259
Presidente Zaza – Relatore Renoldi
Ritenuto in fatto
- Con sentenza del Tribunale di Imperia in data 3/11/2020, A.R. , B.B. e L.R. furono condannati alla pena di 516,00 Euro di ammenda ciascuno inflitta, all’esito del giudizio di opposizione a decreto penale di condanna, in quanto riconosciuti colpevoli del reato previsto dall’art. 660 c.p., perché, in concorso tra di loro e quali avventori del ristorante (omissis) , di proprietà di Y.N. , per petulanza o per altro biasimevole motivo, recavano molestia o disturbo alla titolare del locale, durante l’orario di apertura serale del medesimo, rivolgendo alla stessa Y. e al personale in servizio frasi offensive e infastidendo, più volte, gli altri clienti del locale, tra cui R.F. e S.F. , intervenuti in difesa della proprietaria del locale, nonché brandendo delle sedie e delle bottiglie verso il tavolo dei predetti; fatto commesso in (omissis) in data (omissis).
- Tutti gli imputati, con unico atto, hanno proposto ricorso per cassazione avverso la menzionata sentenza per mezzo del difensore di fiducia, avv. E.M., deducendo, con un unico motivo di impugnazione, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. c.p.p., la inosservanza o erronea applicazione dell’art. 660 c.p., nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. Nel dettaglio, il ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), che la sentenza abbia dato per provati i fatti nonostante che le dichiarazioni dei testi presentassero evidenti differenze e benché il racconto dibattimentale non corrispondesse a quanto dagli stessi riferito in sede di denunzia/querela; e nonostante le versioni difensive offerte dagli imputati. Sotto altro profilo, la sentenza non avrebbe spiegato perché i fatti ascritti all’imputato potessero integrare l’art. 660 c.p., nessuna azione di continuativa petulanza essendo stata descritta e non essendo stato indicato perché condotte astrattamente ascrivibili ad altre fattispecie possano, invece, integrare il reato contestato.
Considerato in diritto
- I ricorsi sono infondati e, pertanto, devono essere respinti.
- Quanto al profilo, denunciato dal ricorso, relativo alla motivazione della sentenza in ordine all’accertamento dei fatti, la sentenza impugnata ha riportato, in maniera del tutto puntuale, quanto riferito sia dalla persona offesa Y.N. in relazione al comportamento molesto e fastidioso tenuto, all’interno del locale dalla stessa gestito, dalla “tavolata” della quale facevano parte gli imputati, sia da uno dei clienti presenti nel ristorante, tale R.F. , che ha evidenziato come gli stessi, durante la cena, avessero molestato tutti i presenti, compresa la titolare del locale e la cameriera. E ha sottolineato la attendibilità dei loro racconti, definiti come “lineari, credibili e non contraddittori”.
A fronte di tale puntuale apprezzamento del materiale dichiarativo, il ricorso si è limitato a prospettare il travisamento della prova, solo genericamente evocato, orientando la critica difensiva verso la nuova valutazione delle dichiarazioni dei testi compiuta dal primo Giudice, pacificamente preclusa in sede di legittimità.
- Quanto, poi, al profilo della qualificazione giuridica dei fatti, i testi hanno descritto, con molta precisione, il tenore delle intemperanze degli imputati, evidenziando come gli stessi avessero fatto “cagnara… con voce molto alta”, disturbando “tutta la sala… insultando anche con parole poco carine…” (così la testimonianza della persona offesa), rivolgendosi alla cameriera con espressioni ingiuriose e hanno, altresì precisato, che tale contegno era percepito dai presenti come molesto (così le dichiarazioni del teste R. ); donde la correttezza della sussunzione di tali condotte nello schema delineato dall’art. 660 c.p., che deve ritenersi integrato in presenza di un atteggiamento di insistenza eccessiva e fastidiosa ovvero di arrogante invadenza e di intromissione, continua e inopportuna, nell’altrui sfera personale (ex plurimis Sez. 1, n. 7044 del 13/2/1998, Vittorio, Rv. 210723-01), il quale può essere realizzato anche con una sola azione, non avendo il reato di molestia o disturbo alle persone natura di reato necessariamente abituale (Sez. 1, n. 29933 del 8/7/2010, Arena, Rv. 247960-01).
- Alla luce delle considerazioni che precedono, i ricorsi devono essere rigettati, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
- La natura non particolarmente complessa della questione e l’applicazione di principi giurisprudenziali consolidati consente di redigere la motivazione della decisione in forma semplificata.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.