Se una persona non rispetta l’isolamento fiduciario, in che tipo di sanzioni incorre?
L’art. 4, comma 1, del d.l. n. 19/2020, ha previsto l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria, individuata nel pagamento di una somma che va da 400 a 3.000 euro (eliminando così il riferimento all’art. 650 c.p.), in caso di mancato rispetto delle misure di contenimento previste dall’art. 1, co. 2 e dall’art. 3 del medesimo decreto, ossia tutte quelle disposizioni limitative degli spostamenti delle persone, degli assembramenti e dell’apertura delle attività commerciali. In queste misure dovrebbe rientrare anche l’isolamento fiduciario.
La violazione della quarantena obbligatoria a seguito di riscontrata positività costituisce invece reato punito con l’arresto da 3 mesi a 18 mesi e con l’ammenda da euro 500 ad euro 5.000 (art. 260 R.D. n. 1265 del 27 luglio 1934, così come richiamato e modificato dal d.l. 25 marzo 2020, n. 19).
Secondo la legge, dunque, sembrerebbe scattare il reato solamente nel caso di «divieto assoluto di allontanarsi dalla propria abitazione o dimora per le persone sottoposte alla misura della quarantena, applicata dal sindaco quale autorità sanitaria locale, perché risultate positive al virus» (art. 1, comma 2, lett. e, richiamato dall’art. 4, comma 6, del d.l. n. 19/2020).
Il condizionale è tuttavia d’obbligo, in quanto sul punto non si è formata ancora giurisprudenza e l’ordinanza ministeriale del 14 dicembre è molto recente e non fornisce più precise indicazioni a riguardo. Il consiglio pertanto è di osservare scrupolosamente il periodo di isolamento fiduciario, non derogandovi in alcun modo, a prescindere dal tipo di sanzione (penale o amministrativa).
In teoria, poi, chi viola la quarantena pur essendo positivo rischia anche l’incriminazione per il reato di epidemia colposa (art. 452 cod. pen.). Andrebbe però dimostrato l’effettivo pericolo per la sanità pubblica, ed è pertanto da escludere un’imputazione del genere al soggetto non contagiato che viola la quarantena obbligatoria.
Articolo tratto dalla consulenza resa dall’avv. Mariano Acquaviva