Le famiglie italiane subiranno l’impatto dell’aumento dei costi energetici e dei beni alimentari. I più colpiti saranno i nuclei familiari più poveri.
Quest’anno, l’indice dei prezzi relativo a elettricità, gas e altri carburanti per riscaldamento registrerà un incremento del 57% rispetto al 2021 e dell’83% rispetto al 2020. È quanto prevede una stima della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo. «I rincari di petrolio e gas naturale, a loro volta, stanno avendo importanti ricadute inflattive sui prezzi di altri beni, a cominciare dai generi alimentari, che potrebbero registrare rincari medi del 7-8% nel 2022», si legge nella ricerca sull’impatto dell’inflazione.
L’onere aggiuntivo per nucleo familiare si colloca mediamente su 2.000 euro, con un minimo di 1.462 euro per il quintile più povero e un massimo di 2.495 euro per il quintile più ricco.
Secondo la ricerca, le famiglie più abbienti potranno assorbire i maggiori costi attingendo alla propria quota di risparmi, cosa che potranno fare con molta più difficoltà le famiglie a più basso reddito che – in assenza di politiche di supporto – saranno spinte a consumare di meno.
Inoltre, si prevede che l’aumento del costo dell’energia sarà strutturale e difficilmente si tornerà ai prezzi precedenti alla guerra. Pertanto, le imprese dovranno mettere in cantiere investimenti per ridurre la propria dipendenza energetica, soprattutto quelle operanti nei settori più energivori, come il trasporto, le costruzioni e la chimica.
Le famiglie italiane subiranno l’impatto dell’aumento dei costi energetici e dei beni alimentari in maniera differenziata a seconda delle fasce di reddito. I più colpiti saranno i nuclei familiari più poveri, che destinano in percentuale una quota più grande del proprio reddito per il pagamento delle bollette e per l’acquisto di cibo.
La spesa in beni alimentari ed energia elettrica e gas incide per il 35% sulla spesa totale del quinto di famiglie più povere, contro il 25% per il quinto di famiglie con i redditi più alti. Le famiglie con redditi più elevati hanno una maggiore probabilità di registrare un tasso di risparmio positivo e sufficientemente ampio da assorbire i maggiori costi senza necessità di ridurre altre spese. Non è così per le famiglie con redditi più bassi. «L’aumento dei prezzi di beni essenziali rischia, quindi, di peggiorare le diseguaglianze sociali ed allargare l’area del disagio e della povertà» conclude la ricerca.