Cassazione e sanità: le specificazioni sull’intervento, oggetto dell’informativa fornita dal medico, non possono essere rimandate a un colloquio orale.
L’ammalato ha sempre il diritto a esprimere il consenso informato, anche se i rischi dell’intervento sanitario non sono letali. Dunque, anche in presenza di statistiche che parlano di una percentuale di mortalità dell’1% – prossima cioè al caso al fortuito – il medico non può tralasciare di far firmare il consenso al proprio paziente prima dell’intervento.
Lo ha detto ieri la Cassazione in una sentenza pubblicata nelle prime ore della mattina [1].
La valutazione del rischio – si legge nella motivazione del provvedimento – appartiene al titolare del diritto esposto, cioè al paziente, e non può essere annullata in favore del medico-chirurgo, che pure interviene con intenti “salvifici”.
Non solo. L’informazione fornita al paziente dal sanitario non può essere sintetica, ma deve indicare tutti i rischi dell’intervento, anche i più improbabili.
Il fondamento del consenso informato – continua la Cassazione – si configura come elemento strutturale dei contratti di protezione, quali sono quelli che si concludono nel settore sanitario [2].
La vicenda
Nella vicenda in oggetto la Corte ha ritenuto lacunoso il consenso informato sintetico ma “incompleto, lasciando la sua integrazione a un colloquio esaustivo fra paziente e medico, che non risulta neppure nella cartella clinica”.
note
[1] Cass. sent. n. 19731 del 19.09.2014.
[2] Come richiamato nei punti 4.1-3 delle Sezioni unite civili l’11 novembre 2008 n. 26973.
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