Come denunciare un venditore online per un acquisto non arrivato?
Cosa fare se vieni truffato online per un pacco non ricevuto? Come comportarsi se l’ordine, benché pagato regolarmente, non viene mai spedito? Spesso, si ritiene di poter denunciare un venditore online per un acquisto non arrivato. Tuttavia, se usiamo il termine «denuncia» nel suo corretto significato giuridico – ossia la “segnalazione” di un reato alle autorità affinché indaghino e poi processino penalmente il responsabile – non sempre è possibile procedere in tale senso. Difatti la denuncia è ammessa solo in presenza di un reato, nel nostro caso quello di truffa contrattuale. E il semplice inadempimento – ossia il mancato rispetto degli impegni assunti per iscritto o a voce – non è un illecito penale bensì civile: si tratta cioè di un «inadempimento».
Pertanto, l’acquirente che non riceva ciò che ha pagato dovrà tutt’al più contattare un avvocato civilista affinché proponga causa al venditore e si faccia restituire i soldi. Si tratta di un processo che inizia non già con una denuncia, ma con la «citazione» e che, il più delle volte, per i tempi e i costi che comporta, non risulta conveniente. “Denunciare” sarebbe molto più facile, anche perché a nessuno piace avere la fedina penale macchiata. Ma come detto, per non vedersi archiviata la propria richiesta e fare “un buco nell’acqua”, è necessario accertarsi che vi siano gli estremi della truffa contrattuale.
Di tanto ci occuperemo meglio in questo articolo. Spiegheremo come fare se si viene truffati online e come capire se c’è un reato o meno. Ma procediamo con ordine.
Indice
Cos’è la truffa?
Per denunciare un venditore online è necessario che questi abbia commesso un artificio o un raggiro.
Con il termine «artificio» si intende il comportamento consistente nel far apparire come vera una situazione che non trova riscontro nei fatti. Si pensi a chi inscena l’esistenza di uno store online, allestendo un sito con foto, che di fatto non ha. L’artificio dunque agisce sulla realtà esterna dei fatti.
Con il termine «raggiro» invece si agisce sulla psiche della vittima e consiste in un discorso o ragionamento volto a creare un falso convincimento nella vittima. Si pensi a chi faccia credere all’acquirente di avere in magazzino una serie di prodotti nuovi che può vendere a basso costo per via del fatto di averli acquistati all’estero.
Secondo la giurisprudenza, anche la semplice menzogna può costituire una condotta fraudolenta. Difatti l’artificio o il raggiro necessario ai fini della truffa non consistono solo in una sottile e subdola messa in scena; è sufficiente qualsiasi simulazione o espediente rivolto a trarre in errore qualcuno.
In questa ottica si ritiene che possa assumere rilievo anche il silenzio o la reticenza quando costituiscono una violazione di uno specifico obbligo giuridico o di buona fede, come appunto in materia di trattative precontrattuali.
Cos’è la truffa contrattuale?
La truffa contrattuale potrebbe definirsi come una sottospecie della truffa, non un reato a parte ma una modalità di esecuzione della truffa. Essa ricorre ogni qual volta il venditore induca l’acquirente a prestare un consenso che altrimenti non avrebbe prestato, ricorrendo ad artifizi e raggiri (i quali possono avere ad oggetto anche aspetti collaterali, accessori ed esecutivi del contratto, purché ne sia risultata la rilevanza ai fini della conclusione del negozio).
Come capire se si è stati truffati online?
Per capire se si è stati truffati online non ci si può limitare a constatare la mancata consegna della merce. È necessario che il venditore abbia dolosamente tratto in errore l’acquirente.
Come abbiamo detto sopra, non costituisce truffa contrattuale (per l’assenza degli artifici o raggiri) ma semplice inadempimento contrattuale la condotta del venditore che, anche se volontariamente (ossia coscientemente e quindi in malafede) non spedisce la merce che gli è stata pagata. È necessario indagare sulla condotta posta in essere in precedenza dal venditore, ossia durante le trattative con il cliente o all’atto della proposta contrattuale: è in questa fase infatti che deve consumarsi la truffa. In buona sostanza, e per farla breve, il reato di truffa scatta solo quando il falso venditore ha, sin dal primo contatto con il cliente, l’intenzione di non rispettare gli accordi e quindi di non consegnargli la merce che questi pagherà in un successivo momento e ciò nonostante faccia di tutto per spingerlo ad acquistare, traendolo in inganno con artifici, raggiri, menzogne o anche reticenze.
Gli esempi di truffa contrattuale possono essere svariati. Ad esempio, secondo la Cassazione [1], integra il reato di truffa contrattuale la mancata consegna della merce acquistata e pagata, nel caso in cui siano stati indicati un prezzo conveniente di vendita sul web e un falso luogo di residenza del venditore; difatti tale circostanza, rendendo difficile il rintraccio, evidenzia il “dolo” del reato, da ravvisarsi nella volontà di non adempiere all’esecuzione del contratto sin dal momento dell’offerta online.
Anche il fatto di non dire all’acquirente di non possedere per il momento la merce messa in vendita, nella speranza di potersela procurare in un successivo momento, può integrare la truffa contrattuale. Come anticipato, infatti, il reato scatta anche in caso di silenzio [2] su elementi rilevanti del contratto.
Cosa fare se vieni truffato online?
Una volta che si viene truffati online bisogna presentare una querela alla polizia postale più vicina. In alternativa, ci si può recare anche presso la stazione dei Carabinieri o depositare l’atto direttamente presso la Procura della Repubblica.
A tal fine è opportuno – anche se non obbligatorio – avvalersi di un avvocato che rediga l’atto di querela e segua tutta la successiva fase delle indagini.
La querela deve essere presentata entro 3 mesi da quando si scopre il reato e non da quando questo viene commesso.
Successivamente, verranno avviate le indagini che potranno durare dai 6 ai 12 mesi. Infine, se il pubblico ministero avrà raccolto le prove sufficienti per chiedere il rinvio a giudizio del colpevole, si celebrerà il processo penale. In esso la vittima potrà costituirsi parte civile (obbligatoriamente a mezzo del proprio avvocato) per chiedere il risarcimento del danno e la restituzione dei soldi pagati.
Chiaramente, se il venditore è soggetto «nullatenente» sarà impossibile recuperare le somme di cui si è creditori.
note
[1] Cassazione penale sez. II, 19/07/2016, n.43660.
[2] Cassazione penale sez. II, 18/06/2015, n.28791