Interrogatorio libero: in causa la parola del lavoratore vale più di quella del datore?


Le dichiarazioni del dipendente, parte in causa, rese in udienza durante l’interrogatorio libero, sono sufficienti a convincere il giudice e ad emettere una sentenza di condanna nei confronti del datore di lavoro.
Chi è parte in causa non può, ovviamente, testimoniare a favore di sé stesso (almeno nel processo civile). E questo è un dato di fatto a tutti noto. Ma questa regola può essere, in parte, ovviata attraverso l’interrogatorio libero. Il codice di procedura civile consente, infatti, al giudice di ascoltare le parti e interrogarle liberamente sui fatti oggetto della controversia. Si tratta di un passaggio che, nelle cause tra dipendenti e datore di lavoro, è obbligatorio e viene, di norma, effettuato in prima udienza.
Quel che, però, in tutto questo, potrebbe sembrare nuovo e, forse, un po’ difficile da accettare è che, in base a una sentenza di poche ore fa della Cassazione [1], il giudice può convincersi, ai fini della decisione finale, anche solo sulla base di quanto ascoltato dalle dichiarazioni rese dal lavoratore in sede appunto di interrogatorio libero. Ciò a condizione però – precisa prudentemente la Corte – che esse non siano contraddette da altri elementi di prova contrari.
Le dichiarazioni rese nell’interrogatorio libero non hanno efficacia di prova, né la valenza di una confessione – si legge nella sentenza – ma il giudice può convincersi di quanto in esse rilevato tanto da emettere immediatamente la sentenza (sia essa a favore o contro il datore di lavoro).
La vicenda
I giudici hanno rigettato la domanda di una lavoratrice, con cui quest’ultima chiedeva la condanna dell’azienda, presso cui aveva lavorato, al pagamento di retribuzioni a suo dire non corrisposte. Il tribunale di primo grado – confortato dalla Cassazione – ha rigettato la domanda della lavoratrice, ritenendo superflua anche l’ammissione delle prove testimoniali richieste dalla parte, sulla base delle dichiarazioni da quest’ultima rese nell’interrogatorio libero alla prima udienza di comparizione; nel caso di specie la ricorrente aveva affermato che le mansioni di autista erano state svolte saltuariamente e che il credito vantato era stato indicato senza alcun criterio preciso.
La motivazione
Secondo giurisprudenza consolidata, il convincimento del giudice del merito può essere fondato anche solo sulle dichiarazioni rese dal lavoratore in sede d’interrogatorio libero, ove le medesime non siano contraddette da elementi probatori contrari. Attenzione quindi: perché così come si può vincere subito, è anche facile tirarsi la “zappa sui piedi”, così come è stato nel caso di specie.
note
[1] Cass. sent n. 20736/14 del 1.10.2014; cfr. anche Cass. sent. n. 19247/07.
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