TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI VERONA III sezione civile Il G.O.T. Carlo Favaro
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
OGGETTO: Comodato di immobile urbano
nella causa civile 5119\2021 promossa con ricorso 21/06/2021
DA
Caio residente in …… ed elettivamente domiciliato in indirizzo telematico presso lo studio dell’avv.
B.M.L. che lo rappresenta e difende con l’avv. M.D.B. come da mandato in calce all’atto introduttivo
RICORRENTE
CONTRO
Tizia residente in …, ed elettivamente domiciliata in indirizzo telematico presso lo studio dell’avv. D.Z. che lo rappresenta e difende con l’avv. M.R. come da mandato in calce alla memoria di costituzione
CONVENUTA
FATTO E DIRITTO
Trattasi di comodato relativo all’immobile sito in …. concesso dai genitori P.G. e P.C.E. al figlio Mevio , fratello del ricorrente, all’esito del matrimonio 29.09.1991 con la convenuta Tizia .
Nel procedimento per la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario con sentenza …/2011 il Tribunale di Verona assegnava tale immobile alla convenuta.
Il ricorrente Caio divenuto pieno proprietario dell’immobile il 01.07.2019 (in esecuzione del testamento olografo 13.01.2012 del padre P.G.) chiede la restituzione dell’immobile per prestare cura ed assistenza alla madre P.C.E. che occupa l’appartamento sottostante.
Evidenzia da un lato che la madre (di anni 83, 18.12.1938) è affetta da varie patologie e non più in grado di compiere gli atti quotidiani della vita senza assistenza continua, dall’altro che la nipote E. (01.03.2001) gode della corresponsione diretta del contributo nel mantenimento; dopo aver soggiornato in R. rientrata in V., trascorre i fine settimana altrove; la convenuta già ha acquistato immobile in Ro.
Chiede in ogni caso il rilascio dell’autorimessa estranea al provvedimento di assegnazione riferita al Foglio .., Part. …, Sub. … e non al sub. .. (..).
Parte convenuta sostiene come rispetto al provvedimento di assegnazione non vi sia stata alcuna variazione della situazione di fatto; le esigenze manifestate per la restituzione dell’immobile sono infondate essendo la signora E. autosufficiente, abitando il ricorrente a dieci minuti a piedi; il reperimento di altra soluzione abitativa è meramente legato all’alea del giudizio.
I documenti versati in atti e le prove orali assunte, confermano la ricostruzione attorea.
Come noto con penna felice la Suprema Corte a Sezioni Unite distingue tra comodato immobiliare precario e l’ipotesi in cui il comodante conceda al figlio, od a persona che egli intende beneficiare, una abitazione da destinare a casa familiare, senza porre in alcun modo limiti temporali.
“Ed in questi casi, al di là delle nozioni giuridiche possedute dal comodante, di cui tuttavia vanno indagate le intenzioni obbietti va mente risultanti, rilevano la innegabile stabilità della destinazione abitativa, la finalità solidaristica che fa venire in risalto i bisogni della prole del comodatario, in definitiva la stessa causa del negozio, che è quella di attribuire il godimento di un bene, cioè di realizzare l’interesse del comodatario” Cass. SS UU 20448\2014.
Nel passaggio logico successivo la Corte si interroga sulle conseguenze della parziale dissoluzione del nucleo familiare (che nella sua composizione residua continua ad occupare l’abitazione familiare, mantenendone la destinazione) ritenendo che, in difetto di altre previsioni al momento della concessione dell’immobile, il diritto perduri fino al venir meno delle esigenze della famiglia.
Infine ricondotto il comodato di casa familiare, estraneo al “precario” ex art. 1810, nell’alveo della disciplina dell’art. 1809 c.c.. la Corte indica che trova in ogni caso tutela il sopravvenire di un urgente ed impreveduto bisogno del comodante.
“La giurisprudenza, significativamente, non ha dovuto occuparsi spesso di questa disposizione. Si conviene generalmente tuttavia, in dottrina e nei precedenti noti (Cass. 1132/87; 2502/63), che la portata di questo bisogno non deve essere grave, dovendo essere solo imprevisto, quindi sopravvenuto rispetto al momento della stipula, e urgente. L’urgenza è qui da intendersi come imminenza, restando quindi esclusa la rilevanza di un bisogno non attuale, non concreto, ma soltanto astrattamente ipotizzabile. Ovviamente il bisogno deve essere serio, non voluttuario, né capriccioso o artificiosamente indotto. Pertanto non solo la necessità di uso diretto, ma anche il sopravvenire imprevisto del deterioramento della condizione economica, che obbiettivamente giustifichi la restituzione del bene anche ai fini della vendita o di una redditizia locazione del bene immobile, consente di porre fine al comodato anche se la destinazione sia quella di casa familiare.” Cass. SS UU 20448\2014.
Nel caso di specie non è in contestazione la concessione del godimento del bene nella specifica prospettiva della sua utilizzazione quale casa familiare, ma il permanere ad oggi di tali esigenze abitative all’esito della assegnazione al genitore con residenza prevalente da un lato, e la sussistenza di un bisogno urgente ed imprevisto che giustifichi la restituzione del bene dall’altro.
Il ricorrente ha palesato come la richiesta di restituzione sia necessaria al fine di consentirgli di accudire l’anziana madre, non più autonoma, bisogno “serio, non voluttuario, né capriccioso o artificiosamente indotto”.
Peraltro anche le caratteristiche concrete del rapporto quali dedotte in giudizio, consentono di propendere per la cessazione del comodato in ragione anche del venir meno della reale destinazione della casa concessa per esigenze familiari stante l’utilizzo saltuario da parte della figlia e l’acquisto di un nuovo immobile.