Capelli, collo, labbra, viso, cosce: solo le zone erogene, ma non necessariamente quelle genitali, costituiscono violenza sessuale.
Non sempre il toccare una donna fa scattare la violenza sessuale [1] ai suoi danni.
Il codice penale [1] stabilisce che il reato in questione ricorre solo quando si costringe qualcuno (con violenza o minaccia o con abuso di autorità) a subìre atti sessuali. Dunque, il punto focale è definire cosa si debba intendere per “atti sessuali”.
I chiarimenti sono venuti, di recente, da una sentenza della Cassazione [2]. La Suprema Corte ricorda che, in tale nozione (e, quindi, per integrare la violenza sessuale) non bisogna necessariamente toccare le zone genitali, ma è sufficiente anche lambire altre zone purché ritenute erogene dalla scienza (non solo mediatica, ma anche psicologica, antropologica e sociologica).
In altre parole, se toccare l’interno coscia potrebbe far scattare il reato, non altrettanto invece succede nel caso in cui si sfiorino i capelli, le labbra, il collo della donna.
La nozione di “atti sessuali”, infatti, implica necessariamente il coinvolgimento della corporeità sessuale del soggetto passivo, nel senso che gli stessi devono riguardare una zona erogena del corpo altrui, tanto da invadere la sfera sessuale e compromettere l’altrui libertà sessuale.
La vicenda
Nel caso di specie è stato ritenuto non colpevole un tale che aveva costretto un’amica a subire atti sessuali cominciati toccandole i capelli ed apprezzandone la bellezza e proseguiti con carezze sul viso, vicino al mento ed alle labbra e sul collo.
Toccare semplicemente i capelli non implica alcuna limitazione dell’altrui libertà sessuale, tanto più perché la chioma non è considerata una zona “erogena”. Ciò, ovviamente, a condizione che i toccamenti non proseguano oltre.
note
[1] Art. 609 bis cod. pen.
[2] Cass. sent. n. 40349/14 del 30.09.2014.
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