Si apre a Venezia il nuovo Congresso, all’alba di quella che sembra essere una svolta epocale per la categoria: il tempo, però, dirà se positiva o negativa.
Con la nuova legge forense vicina alla completa attuazione, il regolamento dei contributi previdenziali che imporrà una selezione più o meno naturale fra i legali e la riforma della giustizia che punta tutto sulla composizione delle liti fuori dai tribunali confidando sull’aiuto dei legali, sta per avere inizio il Congresso dell’Avvocatura che si svolgerà a Venezia (dal 9 all’11 ottobre). Le premesse sono quelle di una svolta epocale.
Il clima è incandescente. Oltre 50 mila avvocati sono a rischio “cancellazione”. Come se non bastasse, piove sul bagnato: la riforma toglie agli avvocati le procedure di separazione e divorzio che, tra l’altro, potranno essere effettuate in Comune, davanti all’ufficiale dell’Anagrafe (leggi: “Divorziare all’ufficio anagrafe o dall’avvocato: come si fa”). Peraltro, oltre a innescare una forte conflittualità con il governo, le nuove misure hanno generato anche un serio clima di contrapposizione interna, dove i più piccoli e i giovani si sentono ormai completamente esclusi dal mercato.
Che avvocato sarà quindi quello del futuro?
Di sicuro sarà qualcosa di diverso rispetto ad oggi. Lo si può intuire dai regolamenti attuativi della riforma forense.
Il nuovo avvocato, infatti, dovrà puntare su una delle 14 specializzazioni che, a breve, saranno operative. E sarà necessario, quindi, seguire un corso di durata almeno biennale e di non meno di 200 ore. Oppure dimostrare una comprovata esperienza, la cui valutazione ancora non è chiaro ancora a chi spetterà e secondo quali criteri.
Peraltro, sta per entrare in vigore anche il nuovo codice deontologico forense che allenta la morsa sulle varie forme di pubblicità informativa, ora possibile anche sugli autobus.
Della riforma forense ha fatto molto discutere l’obbligo di iscrizione alla cassa di categoria per tutti (prima era obbligatorio solo per chi aveva un reddito superiore ai 10.300 euro) con relativo pagamento dei minimi contributivi. Una misura indigesta per i circa 50 mila legali, con redditi stimati di circa 3 mila euro l’anno, messi di fronte al bivio se continuare a esercitare oppure cancellarsi dall’albo. E che avrà, al di là di tutto, l’effetto di ridurre i professionisti in circolazione.
C’è poi la riforma della giustizia sulla degiurisdizionalizzazione che affida un ruolo chiave agli avvocati nello sviluppo dell’istituto della negoziazione assistita. Una nuova opportunità tutta da cogliere se è vero che, come dicono i giovani avvocati dell’Aiga, “causa che pende non rende”.
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