L’obbligo del figlio convivente di contribuire ai bisogni economici della famiglia e il dovere degli alimenti in capo al figlio non convivente.
Un figlio è tenuto ad aiutare i genitori? E se sì, quando? L’obbligo del figlio di contribuire ai bisogni del padre e della madre viene previsto dalla legge in due occasioni. La prima è quella dell’articolo 315-bis del Codice civile il quale stabilisce l’obbligo, per il figlio maggiorenne ancora convivente con i genitori, di contribuire alle spese necessarie alla famiglia. La seconda è contenuta all’articolo 433 del Codice civile: tale norma impone al figlio, anche se non convivente con i genitori, di versare loro gli alimenti in caso di grave necessità.
Ma procediamo con ordine e vediamo, più nel dettaglio, quando un figlio è tenuto ad aiutare i genitori.
Indice
L’obbligo di contribuire alle spese della famiglia
L’articolo 315-bis del Codice civile stabilisce che il figlio, oltre a dover rispettare i genitori, deve anche contribuire al mantenimento della famiglia finché convive con essa. Lo deve fare in proporzione alle proprie capacità, alle proprie sostanze e al proprio reddito. Il riferimento è chiaramente ai proventi dell’attività lavorativa eventualmente svolta dal figlio.
La norma però, pur prevedendo uno specifico obbligo, non lo accompagna con la previsione di una sanzione in caso di violazione. Sicché, se anche il figlio dovesse venir meno a tale dovere, non incorrerebbe in alcuna sanzione. Non potrebbe peraltro perdere eventuali donazioni ricevute dai genitori né essere da questi diseredato. E questo perché tali conseguenze scattano, nel primo caso, solo in presenza di una condotta ingrata (ossia gravemente ingiuriosa e di disprezzo) e, nel secondo caso, anche per reati particolarmente gravi (cosiddetta indegnità a succedere).
Chiaramente, l’obbligo del figlio di contribuire ai bisogni della famiglia scatta solo quando questi è maggiorenne. Non vi è invece alcun dovere in capo al minorenne se non quello generico di obbedienza.
L’obbligo di versare gli alimenti
La seconda ipotesi in cui il figlio deve aiutare i genitori scatta nell’ipotesi in cui questi dovessero trovarsi in condizioni economiche talmente gravi da metterne in pericolo lo stesso sostentamento. In tal caso, vanno versati i cosiddetti alimenti: si tratta di una somma, proporzionata alle condizioni economiche del soggetto obbligato, rivolta a garantire il semplice sostentamento al beneficiario.
A riguardo, l’articolo 433 del Codice civile elenca i soggetti tenuti a versare gli alimenti. Si tratta dei soggetti che hanno un legame particolare con la persona incapace di provvedere alle proprie necessità, secondo il seguente ordine:
- coniuge;
- figli, anche adottivi, e, in loro mancanza, discendenti prossimi;
- genitori e, in loro mancanza, discendenti prossimi; adottanti;
- generi e nuore;
- suocero e suocera;
- fratelli e sorelle germani o unilaterali, con precedenza dei germani sugli unilaterali.
L’obbligo sussiste anche:
- per le parti dell’unione civile;
- una volta cessata la convivenza di fatto, a carico di un convivente nei confronti dell’altro che si trovi in stato di bisogno;
- a carico del soggetto beneficiato da una donazione, in caso di bisogno del donante.
Dunque, un componente della famiglia che versa in uno stato di bisogno e che non è in grado di provvedere ai propri interessi o alle proprie necessità può chiedere al tribunale di obbligare gli altri componenti della sua famiglia, secondo l’ordine appena indicato, a intervenire per prestare quanto necessario a soddisfare i bisogni essenziali.
Quando il figlio deve aiutare il genitore e versargli gli alimenti?
Il genitore può chiedere al figlio gli alimenti solo se:
- si trova in un reale stato di bisogno fisico o economico;
- l’altro coniuge non è in vita oppure non è grado di provvedere in tutto o in parte al proprio sostentamento.
Lo stato di bisogno sussiste quando un soggetto non è in grado di far fronte alle esigenze fondamentali della propria vita (quali il vitto, l’abitazione, il vestiario e le cure mediche) per mancanza di adeguate sostanze patrimoniali e involontaria mancanza di un reddito di lavoro.
Il figlio è obbligato in grado posteriore rispetto al coniuge, può quindi agire in proprio contro uno dei genitori per essere sollevato dall’obbligo.
Il figlio, anche adottivo, e, in sua mancanza, i discendenti prossimi non sono tenuti all’adempimento dell’obbligo di prestare gli alimenti al genitore nei confronti del quale è stata pronunciata la decadenza dalla responsabilità genitoriale.