Ferie: calcolo sulla retribuzione base o su quella globale?


Non esiste una norma specifica sui criteri di calcolo della retribuzione feriale; tuttavia, secondo il diritto comunitario, occorre considerare la retribuzione globale di fatto e non quella di base.
Nel calcolo della retribuzione spettante al lavoratore per i giorni di ferie deve considerarsi la retribuzione complessiva e non la busta paga base.
È quanto affermato da una recente pronuncia della Corte di Giustizia europea [1], secondo la quale non sono conformi al diritto comunitario le norme e le prassi degli Stati membri che calcolano la retribuzione feriale sulla sola busta paga base.
Secondo i giudici comunitari, nel compenso spettante al lavoratore per i giorni di assenza per ferie, dovrebbero considerarsi anche tutte le voci remunerative che concorrono a formare la retribuzione globale di fatto (per esempio maggiorazioni per lavoro straordinario e bonus vari). Sarebbero escluse dal calcolo solo le voci retributive occasionali.
Ciò vuol dire che, per esempio, il lavoratore addetto alle vendite che percepisce una retribuzione base e una provvigione sulle vendite realizzate, ha diritto ad una retribuzione feriale comprensiva della provvigione stessa.
In Italia non esiste una norma specifica che detti i criteri di calcolo della retribuzione feriale.
Sono i contratti collettivi a stabilire se la retribuzione per i giorni di ferie debba basarsi sulla busta paga base oppure sulla retribuzione globale di fatto [2]. Di conseguenza il calcolo non è omogeneo e varia da settore a settore.
La sentenza della Corte di Giustizia, se recepita come fonte del diritto [3], potrebbe porre fine a tale disomogeneità e stabilire una volta per tutte il riferimento alla retribuzione globale di fatto.
Ciò costringerebbe i giudici italiani a disapplicare le regole contrattuali che prevedono il riferimento alla paga base e le aziende a ricalcolare gli importi dovuti dai dipendenti per i giorni di ferie.
note
[1] C. Giust. dell’Unione Europea, C-539/12 del 22.05.14.
[2] Cass. sent. n. 1226/2004.
[3] Secondo l’orientamento della giurisprudenza italiana, le sentenze della Corte di Giustizia hanno valore di fonte del diritto comunitario e, sulla base di esse, i giudici interni sono tenuti a disapplicare le norme nazionali che confliggono con quelle comunitarie.
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