La Consulta ha dichiarato che pagare meno i consiglieri regionali non è incostituzionale, ritenendo non fondate le questioni sollevate dal tribunale di Trento.
Se un tempo la politica si faceva per passione, senza che i politici diventassero esageratamente ricchi in virtù delle loro mansioni, oggi il fattore economico – è innegabile – fa gola a molti. Ad alcuni livelli di politica (si pensi ai consiglieri regionali o ai parlamentari), i vitalizi toccano cifre che la maggior parte degli italiani non vedrà mai a fine mese, spesso discusse e criticate proprio perché ritenute eccessive.
E, seppur nel corso degli anni, l’ammontare del compenso mensile di alcune categorie di politici sia sempre cresciuto, ciò non vieta che questo possa anche essere ridotto.
Secondo la Corte Costituzionale, interpellata sul tema dai giudici trentini, ridurre i vitalizi regionali dei consiglieri è perfettamente lecito e non va in alcun modo a ledere principi costituzionalmente garantiti.
A mettere in chiaro questo principio è la Consulta, con una sentenza depositata oggi, che ha dichiarato non fondate le questioni sollevate dal tribunale di Trento. Le misure che hanno inciso, riducendoli, i vitalizi regionali trentini in corso di erogazione, diretti e di reversibilità (riduzione del 20%, limite al cumulo con il vitalizio parlamentare, contributo di solidarietà), non ledono il principio del legittimo affidamento in quanto, da un lato, trovano una ragionevole giustificazione nelle esigenze di contenimento della spesa, di sobrietà ed equità, già presenti nella legislazione dello Stato e da essa promosse; dall’altro lato, non trasmodano in un regolamento irrazionale, lesivo del principio evocato, spiegano i giudici costituzionali.
L’esigenza di ripristinare criteri di equità e di ragionevolezza e di rimuovere le sperequazioni e le incongruenze, insite in questi trattamenti, è stata ritenuta dalla Corte preponderante rispetto alla tutela dell’affidamento, considerato anche l’ammontare del trattamento che le misure riduttive consentono di mantenere.
La Corte ha riconosciuto che gli interventi riduttivi in questione rientrano nella competenza del legislatore regionale, poiché è riconducibile all’autonomia della Regione la disciplina dei vitalizi spettanti a chi è stato consigliere regionale. Nella fattispecie, la normativa censurata non ha violato i principi di coordinamento della finanza pubblica espressi dal legislatore statale ed evocati dal tribunale di Trento.