Il mobbing immobiliare è la condotta persecutoria del proprietario di casa nei confronti del suo inquilino, con lo scopo di ottenere il rilascio dell’immobile senza dover attendere la fine della locazione o ricorrere allo sfratto.
Cos’è il mobbing immobiliare?


Va risarcita la condotta persecutoria del proprietario di casa nei confronti dell’inquilino, fatta con lo scopo di ottenere il rilascio dell’immobile?
Quando il datore di lavoro oppure i colleghi rendono impossibile la vita al dipendente si parla di “mobbing”. Si tratta di quel fenomeno che consiste in ripetute condotte che sono tese a demoralizzare e mortificare il lavoratore, con lo scopo di mandarlo via senza ricorrere al licenziamento. In pratica, il dipendente mobbizzato è indotto alle dimissioni. Quanto appena detto è molto utile per capire cos’è il mobbing immobiliare.
Anche in questo caso siamo in presenza di una condotta reiterata finalizzata ad esasperare la vittima. Nella legge non c’è traccia di questo termine ma la giurisprudenza lo ha formalmente riconosciuto ogni volta che il locatore effettua pressioni più o meno lecite sul conduttore. Ma procediamo per gradi. Se l’argomento ti interessa e vuoi saperne di più, prosegui nella lettura: vedremo insieme cos’è il mobbing immobiliare.
Indice
Cos’è il mobbing?
Come anticipato, con il termine “mobbing” si indicano tutte quelle condotte persecutorie poste in essere in ambito lavorativo nei confronti del dipendente.
Il mobbing può provenire “dall’alto”, cioè dal datore di lavoro (in questo caso si parla di “mobbing verticale” o di “bossing”) oppure dai colleghi (“mobbing orizzontale”).
Lo scopo del mobbing è sempre lo stesso: vessare il lavoratore fino a isolarlo del tutto, spingendolo quindi ad andare via, cioè a dimettersi.
Mobbing: in cosa consiste?
Il mobbing è un insieme di condotte ostili che, considerate in modo isolato, non costituiscono solitamente un illecito.
Ad esempio, il datore può modificare i turni di lavoro del dipendente e anche le mansioni (entro certi limiti); se però lo fa col solo scopo di metterlo in difficoltà, ad esempio per frustrarne le ambizioni, allora può aversi mobbing.
Il mobbing è ancora più evidente in presenza di demansionamenti ingiustificati, oppure di condotte volte a isolare il dipendente dai suoi colleghi. C’è mobbing anche nel caso di svuotamento delle mansioni, che avviene quando il lavoratore è privato di ogni compito.
Insomma: il mobbing consiste in una serie ripetuta di azioni volte a vessare e umiliare il dipendente, solitamente con lo scopo di ottenere le sue dimissioni, visto che il licenziamento immotivato sarebbe illegittimo.
Mobbing immobiliare: cos’è?
Il mobbing immobiliare è la condotta persecutoria del proprietario di casa nei confronti del suo inquilino, con lo scopo di ottenere il rilascio dell’immobile senza dover attendere la fine della locazione o ricorrere allo sfratto.
Detto in altri termini, si ha mobbing immobiliare (o mobbing locatizio) quando il locatore cerca in tutti i modi di mandare via il conduttore senza ricorrere alle vie legali, perché non vuole (ad esempio, intende risparmiare sull’avvocato) o semplicemente perché non può (non si può cacciare di casa l’inquilino che ha un contratto e che paga regolarmente).
Secondo la Corte di Cassazione [1], il mobbing immobiliare consiste «nelle pressioni, anche illegali, dei proprietari per cacciare gli inquilini allo scopo di sfruttare meglio l’immobile o in relazione ad un piano di trasformazione urbanistica».
È evidente la somiglianza con il mobbing “tradizionale”: così come il datore o i colleghi spingono il lavoratore a rassegnare le dimissioni, allo stesso modo il proprietario cerca di indurre l’inquilino a lasciare spontaneamente l’immobile.
Mobbing immobiliare: come si manifesta?
Sono diversi i modi di mettere in atto il mobbing immobiliare: si pensi al proprietario che, abitando al piano di sopra, faccia volontariamente rumore per disturbare l’inquilino che vive di sotto, oppure al locatore che mette in difficoltà il conduttore costringendolo a pagare il canone in contanti e a consegnarglielo in un luogo distante.
Secondo la sentenza della Cassazione sopra citata, il mobbing immobiliare può manifestarsi anche attraverso continue diffide legali, più o meno fondate, inviate solo per convincere il conduttore ad abbandonare l’immobile.
Mobbing immobiliare: c’è risarcimento dei danni?
Per la giurisprudenza, il mobbing immobiliare dà diritto al risarcimento dei danni, esattamente come avviene per il mobbing in ambito lavorativo.
Per la precisione, il conduttore può agire giudizialmente per ottenere il risarcimento ove sia in grado di dimostrare che tali condotte abbiano avuto come unico scopo quello di indurlo a porre fine al vincolo contrattuale.
Per chiedere e ottenere il risarcimento, quindi, l’inquilino deve dimostrare:
- la pluralità di condotte del locatore;
- il fine unico che univa tali azioni, consistente nel tentare di ottenere il rilascio dell’immobile.
Mobbing condominiale: cos’è?
Il mobbing immobiliare che si verifica in condominio prende, appunto, il nome di “mobbing condominiale”. Con tale terminologia, però, ci si può riferire anche alla condotta vessatoria dei condòmini nei confronti di un loro dipendente, come ad esempio il portiere o il giardiniere, col fine di indurlo alle dimissioni.
Secondo la Cassazione [2], in questi casi, è difficile aversi mobbing a causa della frammentazione del condominio-datore di lavoro in una pluralità di singoli datori di lavoro (impersonati dai condòmini), che si interfacciano con il dipendente anche per il tramite dell’amministratore.
Nel caso di mobbing in ambito condominiale, quindi, è difficile ottenere il risarcimento dei danni, a meno che la condotta vessatoria non sia chiaramente posta in essere dai pochi proprietari del fabbricato (si pensi al condominio minimo composto da sole due unità immobiliari) oppure in via esclusiva dall’amministratore.