Credito al consumo: il prestito della finanziaria si può sciogliere entro 14 giorni.
Non sono rari i casi in cui i consumatori, dopo aver stipulato un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio (cosiddetto credito al consumo) si trovino “fregati” perché la prestazione non risponde alle caratteristiche sperate. Così, per esempio, il caso di chi acquisti un abbonamento in una palestra o in un centro massaggi oppure il nuovo arredo della casa. Molti ricorsi relativi a contratti di credito ai consumatori riguardano infatti proprio i presupposti per lo scioglimento del rapporto di finanziamento.
Come si regola in questi casi l’Arbitro Bancario e Finanziario? Senza bisogno di andare in causa, si può chiedere l’intervento dell’ABF al costo di pochi euro e con una procedura super veloce.
In un caso di prestito concesso da una finanziaria per le spese di abbonamento a una palestra, l’ABF ha ricordato che, a prescindere da quanto previsto nel contratto, la legge riconosce al consumatore un diritto inderogabile di “ripensamento”, consentendogli di sciogliersi dal contratto di credito entro 14 giorni dalla stipula, senza neanche indicare particolari motivazioni.
La posizione del consumatore è specificamente tutelata anche quando il fornitore del bene o del servizio al cui acquisto è collegato il prestito si è reso inadempiente: una specifica norma del Testo Unico Bancario, entrata in vigore nel 2010, stabilisce che il consumatore, previa la formale messa in mora del fornitore, ha diritto di sciogliersi dal rapporto di finanziamento e di ottenere la restituzione delle rate eventualmente già pagate.
In un caso di prestito sottoscritto prima del 2010 per l’acquisto di un bene in un negozio di arredamento, l’ABF – richiamandosi a quanto, sullo stesso tema, dicono i giudici – ha precisato che questo diritto è comunque riconosciuto a prescindere dall’esistenza di un accordo di esclusiva tra finanziatore e fornitore.
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