Supplenti come i prof di ruolo: scatti di anzianità uguali per tutti


L’accordo quadro della Comunità Europea vieta discriminazioni a discapito dei lavoratori a termine; il 26 novembre la sentenza della Corte di Giustizia che potrà determinare la stabilizzazione di 140 mila precari nella scuola.
Stop alle discriminazioni tra professori di ruolo e precari a vita. È stata da poco pubblicata e resa nota l’importante sentenza della Corte di Appello di Napoli [1] secondo cui i supplenti hanno diritto agli scatti di anzianità esattamente come i professori di ruolo. E ciò perché va applicato l’accordo quadro Ue che vieta le discriminazioni fra lavoratori assunti a termine e quelli, invece, che sono a tempo determinato.
Opposta, invece, è la tesi del Ministero dell’Istruzione secondo cui una nostra norma interna, varata cioè dal legislatore italiano, esclude tale equiparazione. E invece – correttamente ricorda il giudice di appello partenopeo – non si può applicare la legge italiana se in contrasto con quella dell’U.E: quest’ultima, infatti, essendo più “speciale”, prevale sempre.
Intanto è attesa per il prossimo 26 novembre una importantissima – diremmo quasi “vitale” – sentenza della Corte di giustizia europea che deciderà la sorte dei precari della scuola; la decisione potrebbe spalancare le porte della stabilizzazione per oltre 140 mila supplenti. Peraltro, già in questo senso sembra di poter intravedere il possibile esito del giudizio, dopo le conclusioni favorevoli ai lavoratori dell’avvocato generale di Lussemburgo (mentre il Governo cerca di correre ai ripari annunciando le assunzioni).
La pubblica amministrazione, dunque, perde per ora la causa a Napoli. Non conta che nel pubblico impiego si entra solo per concorso: la modalità di selezione del personale scolastico non incide sulla qualità del lavoro prestato e dunque non c’è alcuna ragionevole giustificazione per la disparità di trattamento economico fra chi è assunto con contratti a termine reiterati e i professori di ruolo. Secondo la Corte di Giustizia U.E., infatti, l’unico caso in cui si può giustificare un trattamento differenziato si ha quando sussistano ragioni oggettive, e tale non è certo la mera circostanza che un impiego sia qualificato di ruolo in base all’ordinamento interno e presenti alcuni aspetti caratterizzanti il pubblico impiego.
E dunque: più pensioni per tutti. Inps permettendo…
note
[1] C. App. Napoli, sent. n. 6232/14.
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