Anche i condannati hanno diritto al rispetto della dignità


Dire “maniaco” è reato, anche se l’offeso è stato condannato per violenza sessuale.
L’onore e la reputazione sono beni personali che non possono essere lesi, in maniera gratuita, per nessuna ragione. Finanche nei confronti di quanti sono stati condannati per reati molto gravi. Pertanto, dare del “maniaco” a una persona, può far scattare il reato di ingiuria (se è presente la persona offesa) o quello di diffamazione (se in pubblico).
A dirlo è una sentenza della Cassazione [1] che farà arricciare il naso a quanti non sono a conoscenza del fatto che la pena ha sempre una funzione rieducativa e deve mirare, comunque, al reinserimento del condannato all’interno della società. Ciò significa che quest’ultimo, dopo aver pagato il proprio debito con la giustizia, ha diritto a che la società dimentichi il suo passato. È questo, anche, il fondamento dell’ormai noto diritto all’oblio, più volte citato in questo portale.
Così, se già l’appellativo “maniaco” può essere considerato di per sé offensivo e, quindi, integrare un illecito penale, lo è ancor di più se questa persona ha diritto ad “essere dimenticata” perché ha riportato una condanna penale. “L’onore e la reputazione – si legge in sentenza – sono beni personali, che non possono essere lesi, in maniera gratuita, per nessuna ragione, in quanto anche i condannati, finanche per reati gravi, hanno diritto, quali membri del consorzio umano, al rispetto della dignità personale, che cede solo nel confronto con altri valori parimenti rilevanti”.
note
[1] Cass. sent. n. 42825/14 del 13.10.2014.
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