Donazioni in contanti versati sul conto: i rischi col fisco


Controlli fiscali: i poteri dell’Agenzia delle Entrate in caso di accrediti sul conto corrente non giustificabili.
Non tutti sono consapevoli dei rischi che si corrono col fisco in caso di donazioni in contanti versati sul conto. Per comprendere meglio la questione sarà bene fare un passo indietro ricorrendo a un esempio pratico.
Cosa succederebbe se, dalla lettura del tuo estratto conto, l’Agenzia delle Entrate dovesse accorgersi di un grosso versamento di contanti che hai fatto in banca senza però dichiarare tale somma nella tua denuncia dei redditi? Ti invierebbe un accertamento fiscale pretendendo le imposte e le sanzioni calcolate su tale somma.
A quel punto spetterebbe a te difenderti, dimostrando di essere in regola con il pagamento delle tasse. E cosa potresti portare a tua difesa? Potresti ad esempio dire che si tratta di soldi ricevuti in donazione da tuo padre o da qualche amico? La risposta, per quanto ingiusta potrebbe apparirti in prima battuta, è negativa. Ecco allora quali sono i rischi col fisco per donazioni in contanti versati sul conto: quelli di soccombere dinanzi a un accertamento tributario. Ed a chiarire questi aspetti è stata più volte la giurisprudenza [2]. Cerchiamo di comprenderne le ragioni.
Indice
Controlli sui versamenti sul conto corrente?
In caso di versamento di contanti sul conto corrente, anche se derivanti da donazioni, l’ufficio delle imposte può ritenere che si tratti del frutto di guadagni in “nero”. Lo può fare in forza di due norme [1] contenute rispettivamente nel Testo Unico delle Imposte sui redditi e sulla normativa in tema di Iva. Secondo tali disposizioni, in presenza di accrediti di denaro sul conto non giustificati, il fisco è esonerato dall’onere di dover dimostrare l’evasione fiscale commessa dal contribuente.
Detto in parole povere, l’ufficio delle imposte può presumere in automatico che, dietro i bonifici o i versamenti di contanti in banca non riportati nella dichiarazione dei redditi, vi sia sempre un’evasione, salvo prova contraria che ovviamente deve fornire il cittadino.
Versamenti di donazioni in contanti sul conto: rischi
La nostra legge non vieta certo di fare donazioni in denaro, tantomeno tra parenti e amici. Ma è chiaro che, per difendersi da eventuali contestazioni del fisco, sarà necessario dimostrare la fonte di tale disponibilità economica. Ed a riguardo, l’unica prova che si può fornire è quella documentale dotata di “data certa”. Ecco perché la donazione, se effettivamente sussistente, dovrà essere redatta per iscritto e registrata all’Agenzia delle Entrate. In alternativa, per garantirle una data certa, la si potrà autenticare tramite notaio o spedire tramite raccomandata o, infine, Pec. Perché solo così si può dimostrare che il documento non è frutto di una “retrodatazione” preordinata solo allo scopo di resistere alle contestazioni del fisco.
Quanto valgono le dichiarazioni dei familiari che si tratta di donazioni?
A nulla varrebbe dimostrare la donazione tramite le testimonianze. Secondo la sentenza in commento, è infatti legittimo l’accertamento sui conti anche se i familiari del contribuente dichiarano che il denaro proviene da loro donazioni. In altri termini, il cittadino è tenuto a giustificare ciascun singolo versamento sospetto che, altrimenti, può essere considerato ricavo in nero.
Nel caso di specie, l’uomo aveva versato in banca quasi 200 mila euro non dichiarati. I genitori di lui avevano messo nero su bianco che il denaro proveniva da loro donazioni. La tesi non ha convinto l’ufficio che ha quindi spiccato l’atto impositivo.
La Cassazione ha ricordato che le operazioni effettuate sul conto corrente bancario di un contribuente si presumono derivanti dalla sua attività lavorativa e, come tali, reddito imponibile. Con la conseguenza che, come nel caso in esame, si configura una presunzione a favore del fisco. Spetta al contribuente la prova contraria, ossia dimostrare che la situazione reale è diversa dalla ricostruzione effettuata dall’ufficio.
Invero, la legge [1] prevede ampi poteri istruttori esercitabili dall’Amministrazione Finanziaria nello svolgimento delle attività di verifica e di accertamento. In particolare, l’Agenzia delle Entrate è legittimata a raccogliere chiarimenti in merito ai rapporti e alle argomentazioni intercorse con le banche, con la società Poste Italiane S.p.a. e gli altri intermediari finanziari, estendendo le indagini bancarie, se del caso, ai conti correnti diversi, riferibili comunque all’attività del contribuente, spettando, poi, al contribuente fornire elementi in senso contrario.
note
[1] Gli articoli 32 del d.P.R. 600/1973 e 51 del d.P.R. 633/1972
[2] Ctr di Roma sent. n. 2241/2015.
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