Corte di Cassazione Sezione Lavoro Civile Ordinanza 26 maggio 2022 n. 17173
Data udienza 4 maggio 2022
LAVORO ED OCCUPAZIONE – LICENZIAMENTO – INDIVIDUALE
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 22375-2019 proposto da:
(OMISSIS), domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.R.L. in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 689/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 10/05/2019 R.G.N. 693/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del 04/05/2022 dal Consigliere Dott. BOGHETICH ELENA.
RILEVATO
che:
1. Con sentenza n. 689 del 10.5.2019 la Corte d’appello di Catanzaro, in riforma della pronuncia del Tribunale di Crotone, ha dichiarato legittimo il licenziamento intimato per giustificato motivo oggettivo il 4.7.2014 a (OMISSIS) (e ad altri 3 dipendenti) dalla (OMISSIS) s.rl. per “esubero di maestranze nel suo settore di attivita’ lavorativa (confezionatori) causa flessione di mercato e perdita fatturato e clienti”.
2. La Corte distrettuale, espletata una CTU per l’analisi dei libri contabili prodotti della societa’ (e, in particolare, per la disamina dei dati relativi al fatturato, ai risultati di esercizio, alle scorte di magazzino, alle locazioni di beni immobili, al numero di clienti, nonche’ per l’analisi del macro aggregato costi totali della produzione), ha rilevato la effettiva sussistenza di una crisi aziendale e di un calo di fatturato, la effettiva riduzione di uno specifico reparto (i dipendenti con qualifica omogenea, ossia quella di confezionatore), ed il rispetto dei criteri di buona fede e correttezza per la scelta dei lavoratori da licenziare (avendo il ricorrente minore anzianita’ di servizio, i quali avevano anche maggiori carichi di famiglia); ha, infine, rilevato che le tre nuove assunzioni effettuate nell’anno 2015 si erano verificate a distanza di un anno dal licenziamento, si trattava di un contratto a tempo determinato, ed erano coincise con le dimissioni di una lavoratrice.
3. Il lavoratore ha proposto, avverso tale sentenza, ricorso per cassazione affidato a un motivo. La societa’ ha resistito con controricorso.
CONSIDERATO
che:
1. Con l’unico motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 604 del 1966, articolo 3, della L. n. 92 del 2012, della L. n. 604 del 1966, articolo 5 (ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) avendo, la Corte distrettuale, erroneamente ritenuto che il licenziamento fosse stato determinato dal fallimento dell’impresa, e non dall’intento di migliorarne la redditivita’, come si ricava dai dati contabili, profitto che non puo’ essere perseguito unicamente attraverso la riduzione del costo del lavoro.
2. Il ricorso e’ inammissibile per carenza di specificita’ delle censure in quanto il dissenso che la parte intende marcare nei riguardi della decisione impugnata e’ formulato in termini generici, senza specifico riferimento alla sentenza della Corte territoriale, e tale, quindi, da non integrare una critica precisa e puntuale e, dunque, pertinente delle ragioni che ne hanno indotto l’adozione.
2.1. Invero, il riferimento alla causa giustificatrice del licenziamento, consistente secondo la prospettazione del ricorrente – nella ricerca di redditivita’ dell’impresa, non e’ supportato da nessuna censura della analitica perizia svolta in grado di appello e ampiamente trascritta nella sentenza impugnata, ove e’ stata ritenuta accertata la crisi aziendale dell’impresa e il calo di fatturato e di clienti, affrontate mediante la riduzione di personale con qualifiche omogenee in quanto tutti addetti alla mansione di confezionatore.
2.2. Ne’ risulta pertinente il richiamo ai principi giurisprudenziali elaborati in materia di licenziamento determinato dall’obiettivo di una maggiore redditivita’ dell’impresa, posto che – pur dovendosi rimarcare che il giudice del merito ha accertato la sussistenza di una crisi aziendale e non il mero perseguimento di un profitto – questa Corte ha affermato che ai fini della legittimita’ del licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, l’andamento economico negativo dell’azienda non costituisce un presupposto fattuale che il datore di lavoro debba necessariamente provare, essendo sufficiente che le ragioni inerenti all’attivita’ produttiva ed all’organizzazione del lavoro, comprese quelle dirette ad una migliore efficienza gestionale ovvero ad un incremento della redditivita’, determinino un effettivo mutamento dell’assetto organizzativo attraverso la soppressione di un’individuata posizione lavorativa (Cass. n. 25201 del 2016; Cass. n. 10699 del 2017).
3. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile e le spese di lite sono regolate secondo il criterio della soccombenza dettato dall’articolo 91 c.p.c.
4. Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17 (legge di stabilita’ 2013) pari a quello – ove dovuto – per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimita’ che liquida in Euro 200,00 per esborsi e in Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 20012, n. 228, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.