Rubare in spiaggia ora è più grave


Per la Cassazione è corretto applicare un’aggravante al ladro che entra in azione in spiaggia rubando la borsa alla proprietaria intenta a fare il bagno.
È capitato a tutti di andare al mare e, tra un tuffo e l’altro, avere sempre lo sguardo rivolto all’ombrellone e allo zaino lasciato semi incustodito sulla spiaggia, giusto il tempo di un bagno. E sicuramente è capitato a tutti anche di conoscere qualcuno (o di essere stati vittime in prima persona) che alla fine, magari proprio nei pochi secondi passati sott’acqua o durante un pisolino sotto al sole, è stato velocemente derubato da qualcuno che, passando di lì, ha approfittato di quell’attimo di distrazione. Bene, da oggi, il ladro dalla mano lesta dovrà valutare bene se appropriarsi del portafoglio o dello zaino altrui in spiaggia perché per lui, nel caso in cui decidesse di agire e venisse scoperto, la pena sarebbe più severa.
Nello specifico, la Cassazione ha ribadito un importante principio pronunciandosi [1] sul ricorso di un giovane imputato, condannato nei primi due gradi di giudizio per il furto aggravato, in concorso con un minore non imputabile, consistito nel rubare una borsa contenente un portafoglio, un orologio d’oro e un cellulare lasciati momentaneamente incustoditi sotto un ombrellone dalla proprietaria, allontanatasi poco prima per andare a fare un bagno in mare.
In secondo grado, i giudici avevano escluso la circostanza aggravante della destrezza, non riscontrando nella condotta perpetrata dal ladro l’agilità, la sveltezza e l’astuzia volte a distrarre la donna per agire e richieste dalla fattispecie per la sua applicazione, essendosi la parte lesa allontanata autonomamente dall’ombrellone lasciando incustoditi i beni successivamente rubati.
D’altro canto, però, la Corte d’Appello aveva riscontrato nell’azione fulminea del ladro «l’approfittamento di una condizione di minorata difesa» avendo l’imputato «agito su cose esposte alla pubblica fede, tali essendo considerati gli effetti personali sottratti sulle spiagge ai bagnanti», riconoscendo così l’aggravante penale prevista quando «il fatto è commesso su cose esistenti in uffici o stabilimenti pubblici, o sottoposte a sequestro o a pignoramento, o esposte per necessità o per consuetudine o per destinazione alla pubblica fede, o destinate a pubblico servizio o a pubblica utilità, difesa o reverenza» [2].
I giudici di legittimità riconoscono la correttezza dell’interpretazione dell’esposizione delle cose rubate alla «pubblica fede», essendo in tal caso applicabile il principio per cui si riconosce «l’esposizione della cosa per necessità o per consuetudine o per destinazione alla pubblica fede» qualora «il ladro si impossessi di effetti personali sottratti ai bagnanti sulla spiaggia». Questo perché, ricorda la Cassazione tramite un precedente orientamento della giurisprudenza [3], «rientra nelle abitudini sociali, e nella pratica di fatto, lasciare incustoditi tali oggetti e abbandonare temporaneamente la spiaggia per andare a fare il bagno». E non solo: secondo l’interpretazione fornita dai giudici, è possibile riconoscere anche che l’imputato abbia agito approfittando di circostanze tali da «ostacolare la pubblica o privata difesa», considerato che in spiaggia ci sono «condizioni che siano concretamente agevolative del compimento dell’azione criminosa» [4].
note
[1] Cass. pen., n. 23940/2022
[2] Art. 625 n. 7 c.p
[3] Cass. Sez. 5, n. 14305/2008
[4] Cass. Sez. 6, n. 18485/2020